Europee 2024, l'occasione persa di Renzi e Calenda e il dilemma dell'elettorato libdem - Lettera43

Europee 2024, l’occasione persa di Renzi e Calenda e il dilemma dell’elettorato libdem

David Allegranti
10/05/2024

PIGIAMA PALAZZI. Secondo gli ultimi sondaggi Iv e +Europa sono al 4,5 per cento, Azione poco sotto il 4. Tra gli europeisti e moderati la parte del leone potrebbe così farla Tajani. Per il fu Terzo polo, diviso dalle incompatibilità estetico-caratteriali dei due leader, sarebbe un'occasione persa e un assist involontario all'euroscetticismo della destra identitaria.

Europee 2024, l’occasione persa di Renzi e Calenda e il dilemma dell’elettorato libdem

E dire che sarebbe una beffa sontuosa se i partiti più europeisti, così europeisti da mettere il richiamo all’Europa anche nel nome e nel simbolo della lista, non dovessero farcela a passare il turno di Champions, pardon, a superare la soglia di sbarramento alle Europee. Secondo l’ultimo sondaggio Noto per Porta a Porta, la lista degli Stati Uniti d’Europa (quella costituita fra Iv e +Europa) sarebbe al 4,5 per cento, dunque poco sopra, mentre Azione con la lista Siamo Europei sarebbe poco sotto il 4. In entrambi i casi insomma non ci sono garanzie di riuscire a eleggere deputati al parlamento europeo. La parte dell’europeista adulto, in quel caso, toccherebbe ad Antonio Tajani, che è riuscito intanto a far sopravvivere Forza Italia a se stessa e alla scomparsa di Silvio Berlusconi (che però resta come nume tutelare nel simbolo). Potrebbe anche bastare così, ma ormai è così oltre, il ministro degli Esteri, da aver ingaggiato un duello a distanza ravvicinata con la Lega di Matteo Salvini. Il sorpasso è a portata di mano e per il capo della Lega sarebbe parecchio doloroso trovarsi sotto il 10 per cento con Roberto Vannacci comodamente seduto su uno scranno a Bruxelles ma senza tessera della Lega in tasca, mentre il partito è già in subbuglio e il generale e per l’eventuale risultato deludente.

Europee 2024, l'occasione persa di Renzi e Calenda e il dilemma dell'elettorato libdem
Antonio Tajani (Imagoeconomica).

Un Terzo polo senza liti e scazzi quotidiani avrebbe potuto raggiungere l’8 per cento

Chissà che cosa farà l’elettorato moderato, di orientamento terzopolista, quello che non vuole morire né meloniano né salviniano. Quell’elettorato che aveva creduto alla fiaba di Renzi & Calenda insieme senza distruggersi, contro il mostro finale demopopulista o contro quello sovranista. Prevarrà dunque la rassegnazione, e quindi la gita la mare, o il ritorno alle vecchie – e mai scomparse – tribù identitarie azioniste o italo-vivaiste? Oppure prevarrà il voto utile a Forza Italia? Un Terzo polo senza liti quotidiane sui social, senza scazzi via tv, giornali e radio, avrebbe anche potuto raggiungere l’8 per cento, come alle elezioni politiche del 2022, quando prese il 7,78. Adesso invece siamo qui a chiederci se le liste, da separate neanche più in casa, riusciranno almeno a superare il 4 per cento. Pochi giorni fa il titolare di Pigiama Palazzi si chiedeva se alla fine non risultasse più vincente e convincente per Azione e Italia viva avvicinarsi sempre di più al destra centro, per ottenere risultati concreti come in Basilicata, dove Vito Bardi ha vinto anche grazie a renziani e calendiani. Non c’è spazio e forse neanche l’interesse, per ora, per strutturare un’alleanza organica dappertutto, quindi Calenda ma soprattutto Renzi continueranno a praticare la politica dei due forni, anche se la suggestione del campo largo di centrodestra ogni tanto riaffiora. Ma l’Italia non è tutta terra lucana.

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Carlo Calenda, Emma Bonimo e Matteo Richetti (Imagoeconomica).

Un’eventuale sconfitta dell’offerta europeista lascerebbe spazio all’euroscetticismo della destra identitaria

L’aspetto più grave, dal punto di vista della prospettiva libdem, è che una eventuale sconfitta dell’offerta europeista lascerebbe spazio all’euroscetticismo della destra identitaria. Quella che nei manifesti elettorali chiede, per dirla con Matteo Salvini, meno Europa e più Italia, con buona pace dei risultati prodotti dall’Unione Europea in questi anni. Eppure se esiste il Pnrr è grazie all’Europa. Se ci sono le politiche di coesione è merito dell’Europa. Se l’Italia può contare su 194 miliardi del Pnrr, sui 74 miliardi dei fondi strutturali per la programmazione 2021-2027, sui 32,4 miliardi per il fondo di sviluppo e coesione, sui 9,4 miliardi di programmi di cooperazione e fondi complementari è merito anche di quell’Europa che alla Lega fa un po’ schifo. In caso di sconfitta, sarebbe difficile, peraltro, per i partiti europeisti nel simbolo e nel cuore continuare a riproporsi come tali, essendo rimasti fuori dai giochi: se da europeisti alle Europee il popolo non vi vota, che altro vi rimane? Alla fine insomma ai terzopolisti potrebbe rimanere soprattutto la sensazione di aver buttato via un’occasione a furia di litigare per le incompatibilità estetico-caratteriali dei due galli nel pollaio liberale. Ma è più facile ipotizzare che, invece, passeranno il tempo ad azzannarsi a vicenda, mentre l’elettorato, forse, se ne sarà già andato altrove.