Il primo weekend da ferrarista di sir Lewis Hamilton | Il Foglio

 Lewis Hamilton - foto via Getty Images

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Il primo weekend da ferrarista di sir Lewis Hamilton

Umberto Zapelloni

"L’Italia è una nazione che amo, ma sono ancora un pilota Mercedes", racconta. Ma a Imola, per i tifosi non è mai stato un avversario

Lewis veste Prada anche se non è lui il diavolo di Imola. Le sue apparizioni  in autodromo da qualche anno sono delle sfilate di moda. Di solito indossa delle creazioni di stilisti emergenti che solo lui ha il coraggio di portare. Per onorare l’Italia ha deciso di vestire Prada, un modello della collezione Primavera/Estate 2024, impreziosito da alcuni anelli, spiegano gli esperti di GQ. A noi sembra uscito da Matrix con l’aggiunta del doppiopetto di bottoni dorati. È il suo primo weekend italiano da quando ha firmato per la Ferrari. Un weekend speciale anche se Lewis da queste parti non è mai stato visto come un nemico. Non hanno esultato per un suo errore come fecero con Patrese negli anni Ottanta, quando Riccardo era in testa davanti alla Ferrari, non gli hanno tirato le pietre come accadde con Prost quando a Monza era l’avversario di Alboreto. Lo hanno sempre trattato come un Senna, come un avversario di cui si riconoscono classe e talento. Un campione senza colori, senza bandiere, anche se con la sua Mercedes ha rischiato di cancellare l’uomo più amato da queste parti, Michael Schumacher. “Che cosa significa Imola per me? – racconta lui alla vigilia del weekend – Ho corso qui nel 2003 credo e ricordo che pioveva. Per anni poi l’ho guardata in televisione e penso che sia la gara più iconica tra tutte le italiane”.
 

Quando a settembre arriverà a Monza se ne inventerà un’altra, d’altronde quella gara l’ha vinta 5 volte, un altro record che condivide con Schumi. A settembre la Ferrari sarà ancora più vicina e l’amore rosso ancora più soffocante. Per Imola non si aspetta un’accoglienza speciale, ma sa benissimo che la riceverà. Intanto comincia ad addobbare i suoi post con il tricolore: “Sono un pilota della Mercedes per adesso. L’Italia è una nazione che amo, ma non mi aspetto nulla di particolare, non saprei davvero che cosa aspettarmi. Anche in passato sono sempre stato accolto molto bene dai tifosi. Per ora non è cambiato nulla rispetto a prima che firmassi per la Ferrari, ma i tifosi saranno incredibili come sempre”. Gli basta aspettare. Se dovesse finire sul podio che ultimamente non frequenta troppo, se ne accorgerà da solo. “Quando indossi una tuta della Ferrari è incredibile quello che accade attorno a te”, gli manda a dire Charles Leclerc con il quale ha aumentato la frequentazione tanto da far dire a Fred Vasseur a Repubblica: “Hanno già cominciato a stare un po’ più vicini in questi due ultimi mesi, è un periodo di allenamento come una luna di miele. Direi finora tutto bene”. Proprio Vasseur, l’uomo che lo ha convinto a seguirlo in Italia, butta lì un ricordo particolare che tiene nel cuore: “Sono nel motorsport da una vita, ma non ho mai provato quello che ho sentito l’anno scorso a Monza quando in qualifica Leclerc ha fatto il miglior tempo, poi Verstappen lo ha superato, ma alla fine è arrivato Sainz e si è preso la pole. Ci sono stati dei boati che neppure allo stadio… impressionante”. Lewis che è abituato a surfare sulla folla come una rockstar quando corre a Silverstone dovrà prepararsi. D’altra parte, qualcosa ha già intuito: “Quando vedi sullo schermo un pilota su una monoposto rossa, ti chiedi come sarà essere avvolti in quel rosso – ha detto a inizio anno in Bahrain – vai al Gran premio d’Italia a Monza e vedi la marea rossa dei tifosi e non puoi che rimanere a bocca aperta. Dai tempi di Michael non hanno avuto grandi successi e la vedo come una grande sfida. Da bambino giocavo al videogioco Grand Prix 2 nei panni di Michael sulla Ferrari. È sicuramente un sogno e ne sono davvero entusiasta”.
 

La prima volta che venne in Italia era un bambino, aveva 13 anni e correva sui kart. Non ha un bel ricordo: “Credo che la mia prima volta in Italia sia stata a Parma. Lì c’era un circuito bellissimo che purtroppo oggi non esiste più, credo sia stato smantellato per costruirci un centro commerciale. A parte ciò, sarò onesto, in Italia ho vissuto dei momenti difficili. C’era un gruppo di ragazzini dalla Francia, Germania e Italia e subivo da loro tanti atti di razzismo ogni volta che venivo a Parma. La prima volta ricordo che questi ragazzi mi urlavano le peggiori cose razziste. È stata dura perché ero in un posto nuovo, per me era la prima volta, e in più non c’era neanche mio padre. Non do la colpa a quei ragazzi, penso sia una questione di educazione e quella arriva dai genitori ed è un sistema che esiste in tutto il mondo. Ero arrivato con un nuovo team ed era la prima volta che volavo da solo in aereo, avevo 13 anni. È stata molto dura. Mio padre mi diceva sempre di non combattere con i pugni ma con la mente e le mie abilità. Se mio padre non mi avesse insegnato questo chissà forse oggi sarei in galera. Sono molto grato per questo”. Un messaggio che lui ha amplificato con tutti i mezzi a sua disposizione, arrivando a far inginocchiare tutta la Formula 1 perché “Black lives matter”. Frequentando l’Italia non ha mai imparato l’italiano, giusto qualche parola. In compenso racconta di “aver mangiato tantissima pizza e pasta” e di non riuscire a credere “quanti primi, secondi e gelati mangiassero in Italia”. Anche se riconosce che “era tutto buono”. Vedremo se le sue nuove regole di vita cambieranno quando comincerà a frequentare “mamma Rosella” al Montana. L’altro giorno, ad esempio, venendo a Imola dove guiderà una vecchia McLaren di Senna, Sebastian Vettel non ha resistito e si è fermato a mangiare i tortellini. Seb non li ha dimenticati. Vedremo se il vegetariano, addirittura vegano dal 2017, Lewis cambierà le sue abitudini alimentari.

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