Roberto Minervini: intervista al primo italiano a Cannes 2024 |Style
CINEMA & TEATRO

Roberto Minervini, da Cannes subito nei cinema con “I dannati”: «La mia civil war di ieri e di oggi»

Intervista al primo italiano al festival, il cui film è già nei cinema. Regista pluripremiato, il marchigiano (ma statunitense d'adozione) racconta la Guerra di Secessione «perché le guerre sono tutte uguali»

Di Mattia Pasquini 16 maggio 2024

A 54 anni, Roberto Minervini da Fermo ha all'attivo sei documentari premiatissimi a livello internazionale (vive da sempre negli Stati Uniti). Ma questa sua quarta volta al Festival di Cannes è diversa. I dannati, in gara nella sezione Un certain regard e già nei cinema, è il suo primo film di finzione. Un film in costume, ambientato negli Usa separati dalla Guerra di Secessione. Siamo nel 1862 e, per citare il recente Civil War, questa è la guerra civile che abbiamo studiato a scuola. Protagonisti, una compagnia di volontari che pattuglia le terre più impervie e inesplorate. Soli, nell'indifferenza della natura e nell'insensatezza della guerra.

roberto minervini

Il regista marchigiano-americano Roberto Minervini: a Cannes con I dannati (già nei cinema). Foto Getty

Intervista a Roberto Minervini, a Cannes 2024 con "I dannati"

I suoi film precedenti, Minervini li chiama "documentari di creazione". I dannati è un film di guerra senza "intrattenimento", senza "glorificazione". Quello che mostra è la tragedia che lo scontro tra sconosciuti, in nome di concetti astratti e facilmente manipolabili, comporta. I personaggi - comuni, umili, semplici, come sempre - sono interpretati da attori non professionisti perfetti nel loro ruolo.

Tra il punk-rock e i war movie

Partiamo dal titolo...

È un omaggio all'omonimo gruppo punk-rock. E poi per l'idea che, una volta in guerra, si è come condannati. Il riferimento è alla forte componente religiosa della Guerra di Secessione. Il film però questa valenza religiosa la mette in discussione.

Al Festival di Cannes, ma non in concorso: sa perché?

Un certain regard è più adatta a film come il mio, che scardina certi cliché, con attori non professionisti. So che gli organizzatori hanno discusso molto se metterlo in concorso. Poi hanno scelto questa collocazione per il bene del film e dell'aspetto d'avanguardia del mio cinema.

i dannati

 

I dannati viene insistentemente presentato come il suo primo film di finzione: lo è davvero?

Se devo fare riferimento ai canoni del documentario, allora sì, è un film di finzione. Ciò detto, se prima la definizione di documentario mi sembrava una gabbia, adesso sento che mi ha dato la libertà di mostrare certe verità, di misurare la temperatura delle cose anche dal punto di vista geopolitico, morale, filosofico. Anche se so che a vedere I dannati andrà chi ama i film di guerra, il mio metodo e stile non sono cambiati.

Perché proprio adesso?

Volevo farlo da tempo, creare un contesto di partenza di finzione che facesse da innesco. Tra l'altro erano anni che pensavo sia al genere bellico sia ad andare alle radici di questa democrazia, di questa federazione di stati nord americani.

Come una fotografia di guerra

Anni fa raccontava di esser sempre stato attratto dal mito dei fotoreporter di guerra: è stato quello l'approccio?

Mentre il cinema di guerra glorifica indirettamente l'azione bellica e quindi il sacrificio per una giusta causa, la fotografia di guerra ne restituisce la tragedia, non la "giustifica" mai. Quello che mi affascina dei reportage dal fronte è il loro dar voce a chi non ce l'ha. A chi sa che diventerà solo un numero nel conteggio dei caduti.

Com'è stato girare in Montana?

Ogni giorno venivamo portati sul set, all'accampamento. Lo lasciavamo di notte, mai prima del tramonto. Ci venivano consegnate le provviste per la giornata e dato che a me piace che siano i personaggi a guidarmi, tutto veniva deciso al momento. Li osservavo e scrivevo la sceneggiatura, sul posto. Non sapendo chi avrebbe girato e chi no, tutti facevamo una vita da accampamento militare, con chi rischiava di congelarsi, chi di non avere da mangiare. È stata una esperienza molto fisica, tattile. Ma il clima è da sempre un elemento molto importante nei miei film: è uno dei fattori che causa una scena piuttosto che un'altra. È un po' un cinema-vita, viscerale. La dedizione totale al progetto da parte di questi attori, è tangibile.

 

i dannati di roberto minervini cannes 2024

La produzione e il cast del film a Cannes. Foto Getty

Quanto tempo è durato il set?

Due mesi, o poco più. Dal marzo 2022, quando era ancora inverno nel Montana. L'accampamento era nella valle di Helena, la capitale dello Stato. Ma ci siamo anche spostati, come i soldati sullo schermo: siamo arrivati quasi al confine con il Canada.

Roberto Minervini: Non abbiamo mai smontato il campo

In questo andare avanti e indietro dal set, non doveva esser scontato ritrovare le cose come le avevate lasciate...

Man mano che procede il film, i picchetti delle tende diventino dei rami, perché i paletti originari si perdevano. Il giorno dopo magari non ritrovavamo più una tenda. O si era spezzato un bastone perché era arrivata la tormenta e bisognava arrangiarsi e rimetterla in piedi. Per tutta la durata delle riprese non abbiamo mai smontato il campo, per cui i lavori di riparazione sono stati infiniti! Ci sono delle toppe sulle tende: alcune sono state poi tolte in post produzione.

Dieci anni fa diceva di voler fare un film in Italia: a che punto è?

Purtroppo da qualche mese sono orfano di entrambi i genitori e questo mi ha fatto riflettere. Sono decenni che corro. Mi sembra di aver corso talmente veloce da aver raggiunto me stesso, come se mi fossi fatto da lepre. E per certi versi mi sono stancato. Sto riflettendo sulla possibilità di raccontarmi e di raccontare la mia realtà di appartenenza, il mondo dove sono cresciuto. Voglio anche continuare a lavorare sulla finzione e spaziare tra la ricostruzione del passato e la riflessione sul presente. Non so quando tornerò a lavorare in Italia, ma sento che non manca molto...

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