Rebus defibrillatori, obbligatori per tutti impossibili da censire - la Repubblica

Roma

Rebus defibrillatori, obbligatori per tutti impossibili da censire

Rebus defibrillatori, obbligatori per tutti impossibili da censire

Dal Campidoglio il regolamento per i dispositivi salvavita e il personale formato all’uso nei circoli

Ma mancano le informazioni sui club privati. Il caso dei 250 mila euro non spesi, per due volte

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C’è un obbligo di legge da cui non si dovrebbe prescindere. Dal primo luglio 2017 ogni impianto sportivo, che sia di calcio, pallavolo, atletica o di qualunque altra disciplina, deve essere dotato di un defibrillatore semiautomatico o a tecnologia più avanzata e nel corso delle gare deve essere presente una persona formata all’utilizzo del dispositivo salvavita. Lo stabilisce un decreto del ministero della Salute, ma nonostante questo nello stadio Antonio D’Annibale di Priverno, a Latina, dove nel 2022 è morto un ragazzo di 14 anni per una cardiopatia, questo strumento non c’era.

E anche negli impianti sportivi di Roma non sempre la situazione è a norma. Come raccontano le delibere dell’assemblea capitolina che si sono susseguite negli anni. L’ultimo documento è di recente approvazione e riguarda il regolamento degli impianti sportivi, redatto dall’assessore allo Sport guidato da Alessandro Onorato, per mettere ordine. È datato 11 dicembre 2023, stabilisce che è obbligo del concessionario, quindi di chi gestisce per conto del Comune un impianto sportivo, dotarlo «di un defibrillatore semiautomatico, fruibile in sede extraospedaliera anche da parte di personale non sanitario e provvedere a mantenerlo in piena efficienza ed assicurare la presenza di personale formato per l’utilizzo durante tutto l’orario di apertura dell’impianto».

Non esiste ad oggi un censimento di quanti dispositivi salvavita ci siano nelle strutture sportive della Capitale. Ma l’amministrazione, dal canto suo, ha l’obbligo di svolgere ogni anno sopralluoghi per verificare lo stato degli impianti e anche se siano dotati di tutte le apparecchiature.

Ciò che sfugge dal monitoraggio sono i circoli sportivi privati e gli impianti minori, che hanno comunque l’obbligo di rispettare le regole per garantire un primo intervento in caso di malore in campo. Per questo, talvolta, la presenza o meno dei dispositivi salvavita diventa un rebus difficile da risolvere.

In passato, si parla del 2018 e 2021, durante la sindacatura di Virginia Raggi, ci sono state anche denunce legate a uno spreco di risorse. Una delibera approvata nel 2018 dall’Aula Giulio Cesare e firmata da tutti i consiglieri di opposizione del tempo, tra i sostenitori anche l’attuale premier Giorgia Meloni e l’attuale presidente dell’assemblea capitolina Svetlana Celli, impegnava la Giunta a rendere Roma un Comune “cardioprotetto” dotandolo di defibrillatori nelle scuole, negli uffici pubblici, sui mezzi della Polizia locale, nei mercati rionali e nei centri anziani.

Per fare ciò vennero stanziati nel bilancio 250mila euro «che però - denuncia Francesco Figliomeni, allora consigliere di Fratelli d’Italia e primo firmatario della delibera - non vennero mai spesi». Il testo prevedeva anche un contributo per aiutare gli impianti sportivi privati affinché si dotassero degli strumenti di primo intervento necessari per salvare la vita, non solo su un campo da gioco ma anche in un qualsiasi altro contesto. Due anni dopo, la stessa cifra venne stanziata nuovamente ma anche in questo caso le risorse non sono state utilizzate in tempo e quindi ricollocate altrove. Lasciando quindi la città un po’ più fragile.

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