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Cultura

Da pittore irriso, ad artista di fama mondiale: la storia e il mondo di Henri Rousseau, che nell'esotico ha trovato la strada della semplicità

Henri Rousseau, nato il 21 maggio 1844 (centottant’anni oggi), sognando esce da Parigi ed incontra la natura. Ripercorriamo la biografia attraverso alcune opere

Di Silvio Lacasella | 21 maggio | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Tra i suoi contemporanei, pochi seppero avvicinarsi a Henri Rousseau con la capacità di vedere. I più, infatti, guardarono alle sue opere con sprezzante ilarità, incapaci di cogliere nel sognante mondo dell’artista francese la toccante e incontaminata poesia che la sua pittura trasmette. Se non tutti, i più lo giudicarono un goffo imbrattatele della domenica, deridendone prima di tutto le incertezze stilistiche. Critiche feroci e maligne lo colpirono, sin dalla prima esposizione parigina, quando quarantaduenne, nel 1885, egli parteciperà alla seconda edizione del Salon des Indépendants. Giudizi raccolti tra i visitatori meno preparati, ma sottoscritti anche dalla critica ufficiale: “Che peccato che delle tele tanto belle siano state sprecate, avrebbero potuto essere eccellenti strofinacci”; oppure: “Assomigliano a quegli scarabocchi in cui ci dilettavamo all’età di sei anni”.

 

Wilhelm Uhde, grande sostenitore dei nuovi talenti, nonché autore della prima monografia dedicata a Rousseau nel 1911, un anno dopo sua la morte, scrisse: “In nessuna commedia, in nessun circo, ho mai sentito ridere come davanti al quadro di Rousseau, Les souverains (I rappresentanti delle potenze straniere)”.


Non fu, il suo, solo un approccio espressivo anticipatore di tanta arte contemporanea, volutamente sgrammaticata, Rousseau trasmise una liricità sino ad allora inedita, cristallina e sognante. Non a caso, di lì a poco, in molti, pur con motivazioni differenti, ne indicarono il valore: i surrealisti, ad esempio, ma non meno i cubisti (Picasso in testa e con lui Leger). Kandinsky dirà: “Rousseau ha aperto la strada della semplicità”. Non meno positivo il giudizio di Robert Delaunay, il quale, dopo aver rimarcato quanto “malevole e ignorante” fu la critica del tempo, ne sottolineò il valore con parole inequivocabili: “Abbiamo avuto la fortuna di coglierne l’immensa portata”.


Incanta, ancor oggi, la naturalezza con cui seppe raccontare per immagini - proprio nel momento in cui l’arte tutta andava teorizzando i propri diversi convincimenti - l’origine segreta delle proprie visioni. Estraneo a ogni elaborato intellettuale egli, forte della fragilità inscalfibile dei poeti, passò tra le avanguardie senza subirne abrasioni, uscendone semmai rafforzato per effetto di contrasto, sino a divenire esso stesso avanguardia.

 

Non si spostò mai da Parigi, però con convinzione scrisse: “Non so se voi siete come me, ma quando entro in quelle serre e vedo quelle strane piante di paesi esotici, mi sembra di entrare in un sogno”. Parchi zoologici e orti botanici, trasformati in mondi inesplorati e lontani, grazie alla forza di una traboccante immaginazione. Quei fitti grovigli di vegetazione, formano per i suoi pensieri una sorta di nido, per meglio proteggere le proprie apparizioni. Arrivò a modificare persino la propria biografia, come quando raccontò di aver partecipato, in qualità di “musicista militare”, alla spedizione in Messico, del 1862-67, terminata con la morte di Massimiliano II.


Nel momento in cui l’osservatore entra con lo sguardo nei suoi quadri, ritrova stupito luoghi immaginati in un tempo oramai perduto. Grandi foreste, ma anche piccoli dipinti raffiguranti paesaggi quotidiani, “essenza dell’ordinario”: il profilo di una collina, alcune mucche in primo piano, una contadina delineata nella sagoma con ingenua precisione: “Ci credereste che quando vado in campagna e vedo il sole, il verde, i fiori, a volte mi dico: tutto questo appartiene a me”. Prospettive sghembe e inverosimili, immagini appiattite e con i contorni netti, al punto da apparire ritagliate, creano effetti bidimensionali. Placche cromatiche dentro alle quali stendere il colore. D’altronde, erano gli anni in cui tutta la nuova pittura guardava alle stampe giapponesi.                                                                                                                                                          

Difficile dire se Rousseau ebbe modo di riflettere sulle grandi battaglie di Paolo Uccello, così da avvalorare l’intelligente intuizione di Ardengo Soffici espressa, nel 1910, sulle pagine della Voce. Di sicuro lo colpirono i primitivi italiani, visti e studiati quando, oramai adulto, lui, commesso di seconda classe al dazio (“daziere”, dunque, non “doganiere” come venne poi soprannominato), otterrà il permesso di entrare come copista nei grandi musei parigini.

 

Parecchi i capolavori: Sera di Carnevale; del 1886; Io, ritratto-paesaggio, del 1889-90; Zingara addormentata, del 1897; Transatlantico in tempesta, 1899; L’incantatrice di serpenti, del 1907; I giocatori di calcio, del 1908; Cavallo assalito da un giaguaro, del 1910. Tra le più impressionanti, oggi più che mai, La guerra, del 1894. Opere, come detto, avvicinabili ad artisti che per vie dirette o indirette ne hanno memorizzato l’esperienza figurativa, avendo alimentato la sua pittura. A quelli già citati, se ne potrebbero aggiungere altri, sino ad arrivare, passando per Marc e Vallotton, a Frida Kahlo e a Diego Rivera. In Italia: Tullio Garbari, Antonio Donghi e Felice Casorati, ma anche nel primo Carrà troviamo una convergenza con Rousseau, così come, sorprende non poco, trovare punti di contatto persino con il primo Morandi. 


Mi sono anche scordato di ricordare che sia Kandinskij che Picasso possedevano sue opere. Quest’ultimo, dopo aver a sua volta comprato da un rigattiere Ritratto di donna del 1895, organizza in onore di Rousseau, nel suo studio al Bateau-Lavoir a Montmartre, un festoso banchetto, accompagnato da musiche e da un poema scritto per l’occasione da Apollinaire.

                       

Di origini modeste, complicate dagli azzardi economici del padre e non facilitate dagli esiti tutt’altro che brillanti della sua attività scolastica (eccelleva solo in calligrafia, particolare che può ricondurre al procedere meticoloso della sua pittura), avrà la vita sarà segnata da una serie ininterrotta di lutti familiari e da alcune vicissitudini personali che lo porteranno ad avere problemi con la giustizia. Eppure Rousseau, nato il 21 maggio 1844 (centottant’anni oggi), seppe perdersi all’interno della sua pittura, ritrovando un mondo percorribile e parallelo. Un mondo, nei timori e nei desideri, rappresentato con assoluta fedeltà in ogni dipinto. 

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