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Liguria, tirare una riga e ricominciare da capo

Genova, il porto (2017) (foto Giorgio Pagano)

Dopo l’inchiesta Mani Pulite degli inizi degli anni Novanta si creò una situazione in cui sembrava che la corruzione politica potesse diventare un fenomeno marginale, limitato. Invece non è stato così. Tangentopoli nacque dentro i vecchi partiti del Novecento, tutti entrati più o meno in crisi, ed ebbe come conseguenza la loro distruzione. Gli effetti non sono stati positivi: la mancanza di partiti centralizzati ha prodotto infatti una diffusione di poteri locali – su base regionale, provinciale, comunale – incontrollati e ancora più spregiudicati. A tener bassa la corruzione servirebbe anche il controllo politico e sociale di partiti che la ripudiano e sistematicamente escludono chi è incline a praticarla. Io ho conosciuto i partiti “forti”, che non solo cacciavano chi rubava, ma anche e soprattutto inibivano le persone che erano “portate a rubare”, le costringevano a tener dentro di sé certe tendenze. Ho conosciuto poi i partiti “deboli”, in cui non si cacciava e soprattutto non si inibiva più.

E oggi? Il 6 maggio, prima dunque che scoppiasse il “Toti Gate”, il filosofo della politica Roberto Esposito ha dichiarato in un’intervista: “Il garantismo, nel suo significato autentico, è una cosa seria. Ma poi è diventato un alibi per difendere un ceto politico spesso disonesto e corrotto. Oggi la disonestà è considerata un’opportunità, quasi una risorsa, per chi amministra la cosa pubblica. Per questo non è neanche avvertita come reato da chi l’esercita, ma come un dato naturale, connesso alla gestione del potere”. Naturalmente – vale anche per l’inchiesta in Regione Liguria – la giustizia deve fare il suo corso. L’orologio della giustizia funziona come può, ma gira, gira costantemente. Ma ci sono frasi intercettate e pubblicate su tutti i giornali che fanno davvero preoccupare.

 

Genova, il porto (2017) (foto Giorgio Pagano)

 

Un armatore, non indagato, se la prende con Toti e Signorini per i favori fatti a Spinelli, indagato, e urla: “La cosa va a finire male, perché adesso o mi date questo spazio o sennò vi cito veramente tutti quanti. […] Corrotti perché danno sempre… hanno dato tutto a Spinelli, tutto… è indecente”. Poi fu fatto un accordo che accontentò tutti: spero nella legalità. Un terzo armatore, non indagato, dice, riferito ai pagamenti ai politici: “Lo faccio anche io, lo facciamo tutti”. Ma come è stato governato il porto di Genova? Domanda analoga va fatta per i supermercati, per le discariche, per le spiagge… E come è stata governata Porto Venere ai tempi del sindaco Cozzani, che urla, riferendosi ai fratelli Paletti, indagati: “Noi dobbiamo garantirgli che la piscina in qualsiasi modo la facciano, capito?”.

Al di là delle responsabilità penali che verranno accertate, emerge una sorta di “sistema”, in cui la politica è subalterna ai poteri economici e la democrazia è azzoppata. Un quadro desolante. Ma non inimmaginabile. L’inchiesta è nata a Porto Venere. E’ un merito della magistratura spezzina, ma anche dei cittadini indignati, delle associazioni e di alcune forze politiche che hanno fatto denunce, e dei media che le hanno ospitate senza fare sconti o favori a nessuno (sulla piscina nell’ex cava alla Palmaria ho scritto anch’io in questa rubrica). Insomma, un po’ immaginavamo.

Anche se un’ampia fetta della società civile, riprendo ancora l’intervista a Esposito, “considera l’attuale crisi etico-politica irreversibile, almeno per ora”. Forse la riforma morale degli italiani non è alle porte, ma c’è chi si indigna ancora: perché un illecito da parte del ceto politico è più grave di tutti gli altri, in quanto colpisce la collettività, il patto costitutivo su cui si regge la comunità. Non si indigna più chi non crede più alla comunità, al patto tra noi. Dopo quello che è accaduto, la destra dovrebbe non arroccarsi ma riflettere. Anche la sinistra dovrebbe, però, riflettere. La questione morale si esprime oggi in due forme diverse: al Sud con il fenomeno del trasformismo, dei voltagabbana che si mettono all’asta migrando da destra a sinistra per stare sempre con chi comanda, senza che nessuno li cacci mai via; al Nord con il fenomeno del consociativismo nel rapporto politica-affari. Colpisce il fatto che, in un’intercettazione, il dirigente portuale Vianello, indagato, venga definito da Toti e Signorini come colui che “governa il Pd”.

Non credo che Toti possa durare a lungo: la sua epoca è ormai finita. Ma non credo neppure che sia già pronta un’alternativa. Tutti devono capire che una pagina va chiusa. Bisogna tirare una riga e ricominciare da capo. La questione non è solo morale, è anche quella del modello di sviluppo della regione. Dietro ai comportamenti compare un’idea chiara: l’industria non c’è più; il porto genovese va gestito con la “tradizionale” confusione tra interessi pubblici e privati, senza rispetto delle regole per la concorrenza; tutta la Liguria deve diventare come la Costa Smeralda, ville, porticcioli, spiagge private. Battiamoci non solo per la riforma morale ma anche per evitare che l’ennesima spiaggia libera diventi appannaggio esclusivo dell’ennesimo resort di lusso, a Celle Ligure come alla Palmaria o a Marinella di Sarzana o a Lerici. Per lasciare ai nostri figli e nipoti i paradisi della nostra infanzia, per impedire che siano saccheggiati e devastati.

 

 

Le fotografie di oggi, dedicate al porto di Genova, sono state scattate nel 2017.

lucidellacitta2011@gmail.com

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