«Perché non fate un figlio? Non chiedetelo, a volte non è una scelta e le domande pesano come macigni»
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«Perché non fate un figlio? Non chiedetelo, a volte non è una scelta e le domande pesano come macigni»

La scoperta dell'endometriosi, poi la fecondazione in vitro: il complesso percorso per diventare mamma di Valentina Giulia Milani, 36enne piacentina, che ora lancia un messaggio: «Sbagliato vederlo come un obbligo, troppe volte ci sentiamo porre domande fastidiose»

«Non chiedete ad una coppia senza figli perché non ne fa. Non potete saperne i motivi e anche la sofferenza che due mancati genitori possono provare». Valentina Giulia Milani, 36enne piacentina, giornalista, è diventata mamma da poco tempo, dopo un complesso percorso verso la maternità. In questi giorni, a ridosso della Festa della Mamma, ha voluto inviare un messaggio sui social, raccontando brevemente le difficoltà che ha attraversato, insieme al marito Francesco, per diventare madre della piccola Cloe.

«Questa domanda - spiega Valentina - andrebbe evitata. Credo sia necessario un processo di sensibilizzazione. Sono certa che viene fatta in buona fede, però purtroppo è esternata con troppa facilità e spesso non si considera che ci può essere un motivo, oltre alla scelta di non voler fare figli. Viviamo in una società che sembra imporre questo dovere ad una coppia di trentenni, quasi come se dovesse per forza mettere al mondo un bambino. È sbagliato vederlo come un obbligo. E poi ci possono essere problemi e patologie delicate».

E proprio quest’ultimo è il caso di Valentina. «A vent’anni ho dovuto sottopormi ad una operazione di laparoscopia alle ovaie, a causa della presenza di una cisti ovarica di importanti dimensioni». La donna cerca di avere figli con il marito dal gennaio 2020 e nel giugno di quell’anno, contrassegnato dalla pandemia, non si sente bene e finisce al pronto soccorso. «Fu necessaria una seconda operazione quell’estate, ancora una laparoscopia, per togliere due cisti». Lì, la scoperta: una delle due era di endometriosi, una patologia che ostacola fortemente la fertilità.

L’endometriosi è una patologia poco nota fino ad alcuni anni fa. Si sta diffondendo o prima non se ne parlava? «Un po’ tutte e due - risponde Valentina - è difficile da diagnosticare, è complessa. E a volte c’è superficialità e poca conoscenza nei confronti dei sintomi. Spesso la patologia è silente, emerge in occasione dei cicli mestruali con dolori e viene perciò minimizzata». Valentina persegue il suo obiettivo. «Due operazioni del genere hanno inficiato la riserva ovarica e poi si è aggiunta l’endometriosi: tutti elementi di forte ostacolo al desiderio di maternità che sentivo».

Dopo un anno e mezzo di tentativi naturali, la giornalista piacentina ha intrapreso la fecondazione in vitro. Nel mentre, le sue orecchie sono costrette ad ascoltare il campionario di frasi noto a molti coetanei: «Cosa state aspettando?», «quando lo fate?», «Fateli finché siete in tempo», «I figli non si programmano». «Sì - conferma la 36enne - tante battute del genere. Ripeto, sempre in buona fede. Inizialmente mi scivolavano addosso, poi quando sei dentro ad un percorso come quello della fecondazione assistita e le prime risposte del corpo sono misere, diventano dei macigni. Pensavo fosse più semplice, invece le cure farmacologiche sono pesanti e di conseguenza le domande poste dalla gente iniziavano a diventare fastidiose».

Il primo tentativo di “Fivet”, la fecondazione in vitro, va male. Il secondo, nel gennaio 2023, pure. Valentina e Francesco iniziano così a pensare all’adozione. «Mi sono data ancora una occasione, visto che i medici avevano crioconservato una blastociti. Se non avesse funzionato, avremmo iniziato il percorso per un’adozione». Invece, ad aprile 2023, le cose vanno finalmente per il verso giusto. Mentre Valentina arriva a raccontare questo momento di gioia della sua vita, anche sua figlia si vivacizza, come se capisse che si sta parlando del suo arrivo. Cloe infatti nasce nel gennaio di quest’anno.

«Ora chiedo un po’ di empatia - è il suo invito - per altre donne che soffrono in silenzio. Sono conscia che la domanda (“Perché non avete ancora figli?”) viene posta a molte mie conoscenti. Ognuna può avere il suo vissuto, le sue motivazioni. La domanda è invasiva, fastidiosa. Teniamo anche presente le difficoltà dei giovani nel mondo lavorativo, che impediscono a molte donne di potersi permettere di diventare giovani madri. Io ho potuto iniziare a pensare di avere figli a trent’anni, un’età già avanzata per le patologie delle quali soffrivo».

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