Penale

Correttivo alla riforma Cartabia: le novità in tema di giustizia riparativa

Dopo una brevissima introduzione sulla struttura del D.Lgs. 19 marzo 2024, n. 31, che dallo scorso 4 aprile ha introdotto nel nostro sistema i c.d. correttivi alla riforma Cartabia, il contributo si sofferma principalmente sulle norme che in tema di giustizia riparativa sono state modificate. Facendo un raffronto tra quanto previsto prima e quanto intervenuto oggi, si focalizza sulle disposizioni del codice di procedura penale che la novella ha semplificato o implementato grazie alle riflessioni della dottrina, dell’avvocatura e della magistratura, con lo scopo di sciogliere i nodi problematici che il D.Lgs. n. 150/2022 aveva generato in poco più di un anno di vigenza.

Con il D.Lgs. 19 marzo 2024, n. 31, in vigore dal 4 aprile 2024, recante «Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché́ in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», il Legislatore è intervenuto adottando i c.d. correttivi alla riforma Cartabia (prima dell’uscita del decreto erano già stati pubblicati lo Schema, la Relazione illustrativa e il Dossier di servizio di Camera e Senato).

Il decreto si compone di 11 articoli che apportano modifiche al codice penale (art. 1), al codice di procedura penale (art. 2), alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (art. 3), alla L. 30 aprile 1962, n. 283 (in tema di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande) (art. 4), alla L. 24 novembre 1981, n. 689 (in tema di modifiche al sistema penale e di depenalizzazione) (art. 5), al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (in tema di competenza penale del giudice di pace) (art. 6), al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (in tema responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato) (art. 7), al D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (art. 8), e introduce disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilità (art. 9), di presentazione dell’atto di impugnazione del procuratore generale presso la corte d’appello (art. 10), nonché, infine, introduce una c.d. clausola di invarianza finanziaria (art. 11).

Nel complesso, si tratta di un testo normativo che tiene conto dell’esperienza applicativa maturata in poco più di un anno dall’entrata in vigore della riforma della giustizia, ma anche – come già anticipato dalla Relazione illustrativa dello scorso 6 dicembre 2023 (pag. 3) – dei contributi provenienti dal mondo accademico, dall’avvocatura e dalla magistratura che ne avevano segnalato disparati profili problematici. Interviene, con disposizioni di dettaglio, proprio su quelle norme che hanno generato aporie o difficoltà interpretative, con lo scopo di rendere gli istituti interessati maggiormente coerenti con i principi e i criteri di delega, anche attraverso un’opera di semplificazione di specifici meccanismi procedimentali e processuali, e di risolvere i problemi di coordinamento finora emersi.

Anche se le modifiche a molte disposizioni risultano avere un impatto tendenzialmente limitato, appare evidente che la finalità sia stata quella di agire, tra le altre cose, sulle norme frutto di refusi forse dettati dalla fretta del legislatore delegato.

Ad ogni modo, l’impianto della riforma viene rispettato e i criteri direttivi rimangono i medesimi (cfr. tutti i riferimenti nelle note ai singoli articoli del decreto, pag. 6 e ss.).

Nell’ambito della neo introdotta disciplina organica di giustizia riparativa – intorno alla quale è ormai vastissima la letteratura di riferimento – il D.Lgs. n. 21/2024 si è concentrato su tre norme: art. 129-bisc.p.p. (accesso ai programmi di giustizia riparativa), art. 408 c.p.p. (richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato), art. 456 c.p.p. (decreto di giudizio immediato).

Per quanto riguarda l’art. 129-bisc.p.p. e l’art. 456 c.p.p. il Legislatore è intervenuto principalmente per aggiungere, mentre per quanto riguarda l’art. 408 c.p.p. per sottrarre.

Nello specifico, l’art. 129-bis, comma 4, prevedeva che «nel caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione e in seguito all’emissione dell’avviso di cui all’art. 415-bis, il giudice, a richiesta dell’imputato, può disporre con ordinanza la sospensione del procedimento o del processo per lo svolgimento del programma di giustizia riparativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Si osservano le disposizioni dell’art. 159, comma 1, n. 3), primo periodo, c.p., e dell’art. 344-bis, commi 6 e 8, nonché, in quanto compatibili, dell’art. 304». Ora, invece prevede che «nel caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione, il giudice, a richiesta dell’imputato, può disporre con ordinanza la sospensione del processo per un periodo non superiore a centottanta giorni, al fine di consentire lo svolgimento del programma di giustizia riparativa. Durante la sospensione del processo il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili».

A seguire, ha introdotto gli ulteriori commi 4-bis, secondo il quale «le disposizioni di cui al comma 4 si applicano, altresì, prima dell’esercizio dell’azione penale, quando il pubblico ministero ha disposto la notifica dell’avviso di cui all’articolo 415-bis. In tal caso, sulla richiesta di sospensione del procedimento provvede il giudice per le indagini preliminari, sentito il pubblico ministero»; e 4-ter, in base al quale «durante il tempo in cui il procedimento o il processo è sospeso, sono sospesi il corso della prescrizione e i termini di cui all’art. 344-bis. Durante lo stesso tempo, i termini di durata massima della custodia cautelare di cui all’art. 303 sono sospesi dal giudice, con ordinanza appellabile a norma dell’art. 310. Si applica l’art. 304, comma 6».

In sostanza, per mezzo della modifica del comma 4 e dell’introduzione dei commi 4-bis e 4-ter, il decreto ha riformulato il meccanismo di sospensione del processo per lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa, che in base a quanto previsto dalla Relazione illustrativa (pag. 40) si è imposto dalla necessità di chiarire il significato del rinvio agli artt. 157 c.p. e 344-bis c.p.p., nonché il rinvio, nei limiti della compatibilità, all’art. 304 c.p.p., precedentemente contenuto al comma 4. Si è quindi optato per una espressa previsione della sospensione dei termini di custodia cautelare previsti dall’art. 303, con il richiamo alla disciplina dettata dall’art. 304, comma 6, riguardo ai limiti della sospensione della misura.

Nell’art. 456 c.p.p. è stato poi inserito il comma 2-bis, il quale stabilisce che «con il decreto l’imputato è informato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa». Qui è evidente che si tratti di un ulteriore intervento di mero coordinamento con la disciplina organica, dovendo ovviamente essere previsto l’avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa anche per la specifica forma di vocatio in iudicio rappresentata dal decreto di giudizio immediato.

D’alto canto, discorso diverso per quanto riguarda l’art. 408 c.p.p. in tema di richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, sul quale si è intervenuto per sottrazione.

Sulla norma, già all’indomani dell’entrata in vigore della riforma, si erano posti dubbi di opportunità e ragionevolezza rispetto all’avvertimento all’indagato circa la facoltà di accedere alla giustizia riparativa in sede di archiviazione.

Non essendo previsto alcun avviso nei suoi confronti in caso di archiviazione, in dottrina si era rilevato che la norma fosse frutto di un vero e proprio refuso (come anche sostenuto dalla stessa Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 150/2022), poiché prevederlo avrebbe (ed ha) comportato un notevole aggravio per gli uffici giudiziari in considerazione del rilevante numero di archiviazioni da gestire.

Si è pertanto espunto il riferimento all’indagato previsto dal comma 3, lasciando il solo onere informativo a favore della persona offesa.

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