MARIA TERESA CUSUMANO, GLI ANNI dal 1943 al 1945 A POTENZA E LA TRAGEDIA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE - Talenti Lucani - Passaggio a Sud MARIA TERESA CUSUMANO, GLI ANNI dal 1943 al 1945 A POTENZA E LA TRAGEDIA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE - Talenti Lucani - Passaggio a Sud

MARIA TERESA CUSUMANO, GLI ANNI dal 1943 al 1945 A POTENZA E LA TRAGEDIA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

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Cronache di carta – Viaggio nell’universo della scrittura – Con Maria Teresa Cusumano la memoria degli anni dal 1943 al 1945 a Potenza sconfina nel panorama mondiale segnato dalla seconda guerra mondiale.

 

 

Lorenza Colicigno

Esce oggi sul mercato editoriale, e da oggi è ordinabile in tutte le librerie, “La felicità è una lunga pazienza”, prima prova d’autrice, come narratrice, di Maria Teresa Cusumano, edito da Manni nell’aprile 2024. Il titolo è la sintesi tematica di questo prezioso lavoro, essendo al centro della storia la separazione e la riunificazione di una famiglia nello scenario della guerra, separazione vissuta con dolore e angoscia e riunificazione attesa con una “lunga pazienza” sostenuta dalla fede. Una storia come tante, si potrebbe dire, e di fatto è proprio questo il pregio di questo libro che narra una storia “comune”, facendo comprendere a chi legge la valenza “eroica” di un quotidiano vissuto nella lontananza, nell’attesa di una lettera che addolcisca la solitudine, nella consapevolezza che la morte sia pericolosamente in agguato, nella speranza di ritorni troppo spesso negati e di ritorni possibili, dai quali scaturisce una ripresa di vita comunque segnata da un doloroso bagaglio esperienziale.

La copertina de “La felicità è una lunga pazienza”, di Maria Teresa Cusumano, Manni , aprile 2024

Un inno all’amore, alla famiglia, alla fede, alla “resistenza” di fronte a una storia che avrebbe voluto tutti e tutte asserviti al potere nazifascista, una storia che ha i suoi veri eroi tra gli uomini e le donne che hanno praticato l’idea preziosa della libertà nelle scelte di vita quotidiana.

Maria e Tommaso sono i protagonisti della storia, una coppia di giovani dalle ottime qualità personali, fatti l’uno per l’altra, divisi dalla guerra ma indissolubilmente legati da intendimenti comuni e da un amore profondo suggellato dalla nascita di due figli e dall’accoglienza, in famiglia, di due nipoti orfane.

Questi personaggi non nascono dalla fantasia di Maria Teresa Cusumano, bensì dalle lettere realmente scambiate tra loro nel periodo della separazione dovuta alla guerra e dal contenuto delle relazioni stilate dal capitano Melisurgo al rientro dalla prigionia, indirizzate agli Alti Comandi dell’Esercito Italiano.  Documentazione custodita con cura dalla famiglia Melisurgo nel corso degli anni.

Una corrispondenza privata e istituzionale, dunque, dalla quale emerge il quadro complesso e compiuto del periodo, ricostruito con precisione dall’autrice.

Ciò che colpisce, leggendo “La felicità è una lunga pazienza”, è la perfetta saldatura tra privato e pubblico, tra la dolcezza dell’intimità famigliare e durezza della storia: la grande storia dei governi, degli eserciti, dei potenti di turno, si connette, dunque, con la piccola storia degli individui travolti e abbattuti o resistenti e sopravvissuti, comunque segnati dalla violenza dei conflitti subiti.

La narrazione, divisa in quattro parti, alterna capitoli che hanno come scenario la Basilicata, dove si  muove Maria con la famiglia – Melfi, come riparo dalla violenza della guerra, Potenza, prima e dopo i bombardamenti del 1943 – e le zone di guerra, nelle quali si muove il capitano Tommaso Melisurgo, inviato nel 1943 sul fronte orientale e in servizio presso il 10° Reggimento Fanteria della Divisione Regina a Coo, nel Mar Egeo, e poi all’inizio del 1944 spedito a Spittal an der Drau, in Carinzia. Solo il primo di molti altri campi.

Era questa la sorte degli IMI (internati militari italiani), militari che avevano rifiutato l’adesione alla Repubblica Sociale Italiana, definiti “traditori badogliani” ed esclusi dalle tutele sancite per i prigionieri di guerra dalla Convenzione di Ginevra del ’29.

In questa storia travagliata degli anni della seconda guerra mondiale, uno spazio importante occupa prima il racconto della coraggiosa resistenza opposta dai militari italiani di stanza a Coo all’invasione tedesca dell’Isola il 3 ottobre ’43, e della fucilazione per rappresaglia di circa un centinaio di ufficiali (fucilazione cui Melisurgo scampò solo perché, gravemente ferito in battaglia, era già stato trasferito in ospedale), e poi la narrazione del destino degli IMI. Figure a lungo dimenticate, o comunque ai margini della memoria, che invece pagarono con un durissimo trattamento di prigionia il rifiuto di prestare giuramento alla Repubblica di Sociale Italiana, e che l’autrice vuol riscattare dalla sottovalutazione del loro ruolo di resistenti passivi.

Al ritorno dalla guerra la ricomposizione della famiglia richiede ancora altra “pazienza”, perché i traumi subiti hanno creato un confine tra i protagonisti; l’amore e la comprensione elimineranno quel confine, sul quale comunque la guerra continuerà a essere incombente come una durevole lezione di vita.

La memoria famigliare e la memoria storica si fondono nel racconto di Maria Teresa Cusumano, grazie alla perizia della magistrata, che conosce il valore fondamentale del “documento”, della discendente che tratta con cura le memorie di famiglia, della cittadina che dà voce ai valori civili, della donna che mette al centro i sentimenti più profondi del cuore.

Importante sottolineare che Maria Teresa Cusumano racconta della fede incrollabile di Maria senza evitare di porla in discussione per riconfermarne la saldezza, dell’amore nelle sue molteplici sfumature senza retorica, delle ideologie che si contrappongono fino a farsi violenza nella guerra senza forzature. Un racconto sempre in equilibrio tra gli opposti, ma mai piatto, mai banale, sempre autentico, come autentico è il dialogo (epistolare e, nella lunga pausa dell’internamento, ideale) tra i protagonisti, che sorregge la struttura narrativa.

Offri al buon Dio le tue sofferenze, Tommaso mio; in cambio ci concederà la felicità di riabbracciarci (dice idealmente Maria a Tommaso il 26 luglio 1944); Spittal bombardata – pensa Tommaso il 24 dicembre 1944 – Tre giorni dopo la mia partenza. Un gioco a scacchi con la morte. La vita comunque ancora salva. Signore ti ringrazio. Signore abbi ancora pietà. Maria, non dimenticarti di me nelle tue preghiere.

Come emerge dalla lettera del 20 dicembre 1945, l’amore, benché profondo, non esclude i suoi momenti di crisi. E lì tutto il dramma del ritrovarsi spiritualmente e fisicamente dopo la lunga separazione. E, come la fede, anche l’amore passa per le sue prove per rinascere più saldo di prima.

L’epilogo, che riporta al 2 ottobre 1983, mette di fronte in un dialogo dolcissimo il nonno Tommaso e la nipotina Maria Teresa e ci invita a riflettere sul valore della memoria; quando essa si fa racconto, infatti, conduce gli eventi oltre il tempo in cui sono avvenuti, li consegna alle  generazioni future, affinché, attraverso l’ascolto, il dialogo e la scrittura, esse proseguano nel ruolo di testimoni della storia, benché indiretti.   

Al mio invito a leggere il romanzo storico “La felicità è una lunga pazienza”, si affiancano le parole dell’autrice Maria  Teresa Cusumano:

– Nel biennio 2023-2025, in cui si celebra l’ottantesimo anniversario della sconfitta del nazifascismo e della fine della Seconda Guerra Mondiale, il romanzo storico intitolato “La felicità è una lunga pazienza” assume uno specifico rilievo sia sotto il profilo della storia generazionale che sotto il profilo della tematica dei militari italiani deportati nei campi di prigionia nazisti (IMI). Ma sono in esso narrate anche le vicende della battaglia di Coo del 3 ottobre 1943 e la storia della città di Potenza negli anni dal ’43 al ’46. Con esso ho inteso preservare una parte importante della mia storia famigliare e, al contempo, tributare il giusto riconoscimento a tutti gli uomini e le donne che, durante la Seconda Guerra Mondiale, furono Resistenti, gettando così le fondamenta di una nuova pace e democrazia: quelle in cui oggi possiamo vivere noi.

Maria Teresa Cusumano

Biografia

Maria Teresa Cusumano è nata a Potenza nel 1974 ma è cresciuta a Treviso, dove si è diplomata presso il Liceo Classico A. Canova. Nel 1998 si è laureata in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Padova, e nel 2002 ha superato il concorso in magistratura. È stata giudice del Tribunale di Sciacca e, dal 2008, lo è del Tribunale di Treviso. Da sempre appassionata di letteratura e storia, fin da ragazza ha coltivato la scrittura, praticandola come privilegiata forma di espressione della propria personalità. Alcuni suoi racconti sono stati premiati in concorsi nazionali.  “La felicità è una lunga pazienza” è il suo primo romanzo.

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Sull' Autore

Nata a Pesaro nel 1943, vive dal 1948 a Potenza. Già collaboratrice Rai e poi docente di Lettere, svolge dal 2000 attività di scrittrice e giornalista. Ha pubblicato quattro sillogi liriche: "Quaestio de Silentio" (Il Salice, Potenza 1992), "Canzone lunga e terribile" per Isabella Morra (Nemapress, Alghero 2004), “Matrie” (Aletti, Roma 2017), “Cotidie” (Manni editore, 2021). E' autrice di saggi letterari, tra cui "Pirandello tra fiction e realtà" (in AA.VV, Letture di finzioni, Il Salice, Potenza 1993), "Percorsi di poesia femminile in Basilicata" (in Poeti e scrittori lucani contemporanei, Humanitas, Potenza, 1995), “Il ruolo delle donne-intellettuali nelle società antiche” (in Leukanikà, XVI, 1-2, 2016). Appassionata dei dialetti e delle tradizioni lucane, è co-autrice dei testi "Non per nostalgia - Etnotesti e canti popolari di Picerno" (Ermes, Potenza 1997) e “Piatti Detti e Fatti della cucina lucana” (Grafiche Metelliane); per la Consigliera di Parità della Provincia di Potenza ha curato il testo “Quel che resta di ciò che è detto”, analisi della condizione della donna nella cultura contadina lucana. Sintesi delle sue lezioni come docente di scrittura creativa sono state pubblicate in volumi curati dalle Istituzioni culturali per le quali ha svolto quest'attività (Scuole, Biblioteche, Archivi di Stato). Con l’Associazione “ScriptavolanT” ha curato numerosi corsi di scrittura creativa, collaborando anche alla redazione del romanzo collettivo “La potenza di Eymerich”, a cura di Keizen. Sue poesie e racconti sono pubblicati in numerose opere collettive. Per Buongiorno Regione, rubrica del TGR Basilicata, ha curato interventi sulle tradizioni popolari lucane, sulla stampa lucana d’epoca e sulle scrittrici lucane. Per il sito www.enciclopediadelledonne.it ha pubblicato i profili di scrittrici lucane, come Laura Battista, Giuliana Brescia, Carolina Rispoli. Come wikipediana, è parte, in particolare, del progetto in progress “Profili di donne lucane”. In Second life ha curato la redazione del romanzo collettivo “La torre di Asian”. In Craft World e in Second life, come presso scuole e altre istituzioni, tiene corsi di scrittura letteraria. Il progetto-laboratorio “La Città delle Donne”, realizzato in Craft World, ospita i profili di 86 poete di tutti i tempi, tra cui alcune Lucane, ed è frequentato da scuole e cultori.

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