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L'unione fa la forza
16 Maggio 2024 - 22:45
Michele Santoro
Molti mi conoscono come Uomo di Sinistra e mi domandano quale sia il significato del mio sostegno alla lista Pace Terra Dignità. La domanda è legittima soprattutto perché la lista promossa da Santoro non è la classica lista pseudo- unitaria a sinistra che, all’ultimo momento, mette insieme tutto quello che può raccattare per cercare di raggiungere il 4% ed eleggere al Parlamento europeo.
Nasce, da subito, per ammissione di tutti coloro che la compongono, come “lista di scopo“: non quello di federare la sinistra di alternativa in vista del voto e di successivi passaggi in merito.
Ma quello di portare dall’Italia in Europa delle voci che siano ambasciatrici di pace, contro il riarmo, contro ogni guerra, dall’Ucraina a Gaza, dall’Africa al Pacifico, per affermare una alternativa politica, sociale e civile, nonché culturale, ad una sorta di pensiero unico rinnovato e ritrovato dal liberismo nordatlantico proprio nello scontro multipolare.
Una alternativa o comunque una voce fuori dal coro di chi sta semplicemente puntando all’implementazione della produzione bellica e con quella di tutte le tecnologie preparate non per migliorare la vita sul pianeta, ma per distruggere e annichilire, per peggiorare e per rendere ancora più inabitabile il pianeta.
Pace Terra Dignità è, quindi, una lista che ha come obiettivo anzitutto dire apertamente che né ad est né ad ovest c’è il campo giusto. Non c’è una parte che ha ragione in assoluto e una che ha altrettanto in assoluto torto.
Perché l’Occidente avrebbe ragione nel difendersi dalla minaccia putiniana se la NATO non avesse, per lungo tempo, operato nella direzione della propria espansione proprio verso la Russia. Soprattutto dopo la fine del Patto di Varsavia. Chi racconta di un ruolo difensivo dell’Alleanza Atlantica, mente sapendo di mentire. La NATO è una provocazione armata nei confronti di chi le sta vicino.
E chi le sta vicino, guarda caso, è la Russia. Tutto questo non prescinde dal tipo di governo che Putin ha creato durante il suo lungo regno presidenziale, perché è ovvio che la politica influisce sulle scelte militari e viceversa.
Ma veniamo al punto
Provare a rispondere ad una domanda di pace che, nonostante le decine e decine di miliardi di euro spesi dai nostri governi, proviene dalla grande maggioranza del popolo italiano (almeno sei concittadini su dieci dicono di essere contrari a nuovi invii di armamenti all’Ucraina, così come ad Israele e, più in generale, ad una teoria-pratica del riarmo in senso lato), è una priorità emergenziale per chi fa politica.
Il PD di Elly Schlein sventola la bandiera della pace con una mano e con l’altra vota a favore dell’invio di armi. I Cinquestelle di Giuseppe Conte sono più risoluti: sono contro una impostazione permanente dell’economia di guerra europea nei confronti della Russia, ma poi, se interrogati sulle elezioni americane, almeno stando alle dichiarazioni dell’avvocato del popolo, non riescono a condannare senza se e senza ma la lucidissima, interessata follia di Donald Trump.
La sinistra di Fratoianni e Bonelli è quella più coerente con la propria storia di ecosocialismo, ma rimane pur sempre nell’orbita del “campo giusto” e, quindi, di sponda vive alcune delle contraddizioni citate.
Bisogna essere onesti e cogliere che le guerre odierne tanto quella tra Russia e Ucraina (quindi tra Russia e NATO), quanto quella tra Hamas e Israele (quindi tra gli opposti estremismi dello jihadismo palestinese e del sionismo iper- religioso della destra di governo), sono guerre che affondano le radici non nella novità politica del nuovo millennio ma ben dentro le grandi contraddizioni del Novecento.
In particolare la questione dell’indipendenza di una repubblica palestinese che non si è mai potuto concretizzare, così come è bene sottolinearlo lo stesso Israele non è mai riuscito a divenire compiutamente quella democrazia libera dal regime di guerra permanente cui è tristemente abituato.
La pace, come valore universale di convivenza tra tutti i popoli, è una esigenza non negoziabile, ma lo è a partire proprio dalla ricerca della negoziazione diplomatica, dell’attivazione dello strumento politico non come ingigantimento dei conflitti ma come risoluzione degli stessi attorno ad un tavolo dove devono sedere anzitutto i contendenti. Invece, tanto a destra quanto in una certa parte della cosiddetta sinistra progressista, c’è chi conserva la malsana idea che una delle due parti debba prevalere.
Il mondo non si ferma ai confini del solo occidente. Quindi usciamo dalla logica per cui solo noi occidentali rappresentiamo il mondo libero e democratico quel mondo che non può essere sconfitto. Le parole di Charles Michel (Presidente del Consiglio Europeo) sono clamorosamente emblematiche: paiono il titolo di un nuovo manifesto europeo tutto votato ad una esclusiva logica di guerra, dove non c’è spazio per il recupero di una mediazione, ma soltanto per un aumento di quelle spese militari che, ad oggi, superano cinque volte tanto quelle russe (cinquecento miliardi spesi dai Ventisette della UE contro i cento miliardi spesi dal Cremlino).
Il sostegno alla lista promossa da Santoro e La Valle risponde esattamente alla nostra contrarietà a questa economia ed a questa politica improntata sulla finta prevenzione della guerra con un riarmo totalizzante, che mette da parte i bisogni sociali, i diritti del mondo del lavoro, quelli civili e, non di meno, anzi per primi, i diritti umani.
I governi dei paesi membri della UE fanno a gara, smentiti persino dalle alte dirigenze di Kiev, a chi per primo invierà contingenti di terra verso la frontiera con i russi in Ucraina.
Truppe NATO, nella ipocrisia della “guerra per procura“, sono già sul terreno da poco dopo l’inizio della cosiddetta “operazione speciale” di Putin. Quindi la finzione del sostegno al popolo aggredito è e rimane tale, perché l’interesse degli Stati Uniti e della NATO va, nella logica degli opposti imperialismi, oltre la semplice tutela tanto dei russofoni da un lato quanto degli ucraini dall’altro. Ma sulla pelle dei popoli la guerra si gioca cinicamente. Sempre.
Quindi per rispondere alla domanda iniziale, la lista che sostengo non è un “contro” le altre liste, ma anzitutto “per la pace“ e sono convinto che mettere nel cuore dei programmi politici di oggi questa esigenza globale è strutturale, è fondamentale perché oggi la pace è davvero rivoluzionaria. Se riesce ad imporsi, scombussola i piani di un multipolarismo genocida. Non bisogna esagerare con le parole, ma non bisogna nemmeno privarsene per troppa cautela, per non dispiacere al “buon senso comune“.
Ed è per questo che in Ucraina si può parlare di aggressione, di massacri indiscriminati ma non di genocidio. Mentre è, purtroppo, possibile farlo nel caso di Gaza e del popolo palestinese.
Dobbiamo dare alla pace la sua opportunità. Dobbiamo spernacchiare i teorici della guerra a tutti i costi: dobbiamo stare dalla parte di una coscienza laica, costituzionale e al tempo stesso molto morale. Una coscienza non da esseri primitivi quali eravamo, ma da nuovi esseri viventi quali possiamo diventare.
Tramite una politica che punti all’azzeramento delle spese per le guerre, al disarmo, alla cultura della reciprocità e della vicendevolezza come elementi di ricchezza.
Quindi per me oggi essere di sinistra vuol dire, stare da questa parte: quella che non pensa che qualcuno debba vincere, ma che tutti la debbano finire di combattere e l’Europa, l’Italia intraprendano un cammino di nuova mutualità che era l’originaria ispirazione per la rinascita del Vecchio continente.
Di qui il mio invito a votare e sostenere la Lista PACE TERRA DIGNITA’
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