Parentopoli allo Zooprofilattico, rischi di falle nei controlli alimentari. L’incubo dei capi infetti - la Repubblica

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Parentopoli allo Zooprofilattico, rischi di falle nei controlli alimentari. L’incubo dei capi infetti

Parentopoli allo Zooprofilattico, rischi di falle nei controlli alimentari. L’incubo dei capi infetti
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Oggi un vitello o un agnello infetto, ma senza lesioni interne, può finire sulle nostre tavole. Lo prevede la legge, ed ecco perché la filiera del controllo delle carni è delicata e deve essere tenuta lontana da ogni condizionamento. È in ballo la salute dei consumatori. In questo grande gioco, chi ha un ruolo centrale nel controllo della carne che entra nel circuito della commercializzazione è l’Istituto Zooprofilattico sperimentale della Sicilia, braccio operativo delle Asp ma anche dei privati che vogliono autocontrollare la loro carne.

A raccontare la macchina dei controlli e i rischi di cortocircuito nella filiera è un professionista interno allo Zooprofilattico. «Noi siamo la massima garanzia per il consumo — inizia così il racconto, dettagliato, del testimone — I campioni per le analisi del sangue prelevati negli allevamenti arrivano nell’istituto tramite le strutture sanitarie territoriali e i veterinari delle Asp che fanno i prelievi. Una volta eseguite le analisi, viene dato il verdetto: se un animale risulta positivo a brucellosi o leucosi, l’allevamento viene sequestrato dal sindaco, si procede alla macellazione dei capi o del capo infetto». Abbattere un capo o un intero allevamento rappresenta un danno economico ingente per un allevatore.

Ma cosa potrebbe avvenire? Recenti inchieste giudiziarie hanno svelato che se la notizia della positività del capo da abbattere esce dal vincolo del segreto d’ufficio e finisce a qualche commerciante, ecco che il danno è fatto.

«I risultati delle analisi vengono comunicati in tempo reale ai veterinari territoriali delle aziende sanitarie — prosegue il testimone — In quel momento sanno se l’animale è infetto o no. In questo lasso di tempo può avvenire una fuga di notizie. La storia ci insegna che a volte queste notizie sono arrivate prima ai macellai della zona. Il commerciante si presenta in azienda dicendo: “So che l’allevamento è infetto e devi macellare alcuni capi, me li compro io a un prezzo inferiore”».

Quando i capi arrivano, dovrebbero essere macellati «o per primi o per ultimi, mai assieme ai capi non infetti. Ma non è sempre così — spiega la fonte di Repubblica — A questo punto il medico veterinario mandato dall’Asp a seguire l’attività del macello, va a fare delle verifiche sulla carcassa. Se non ci sono lesioni evidenti, la carne va, per legge, al libero consumo. E sa cosa può accadere? La tecnica è quella di cominciare a macellare prima che arrivi il veterinario, facendo sparire le interiora degli animali infetti e sostituendole con quelle di animali sani».

Il corto circuito, insomma, avverrebbe nella fase della macellazione. Non solo. E se controllore e controllato sono la stessa persona? «Ci sono dirigenti dell’istituto e delle aziende sanitarie — dice il testimone — che hanno anche degli allevamenti. La parentopoli non è solo all’interno dell’ente ma anche fra le Asp territoriali e lo Zooprofilattico: cugini, nipoti, fratelli distribuiti nella rete del controllo alimentare. Alcuni di questi proprietari di aziende».

Una vicenda, quella descritta dal testimone, che riporta alla mente la scelta alimentare della squadra dei “poliziotti vegetariani” che indagavano sulla mafia dei pascoli. Uomini che, per anni, hanno condotto indagini scottanti sulle macellazioni clandestine e sui finanziamenti per i pascoli, decidendo a un certo punto di non mangiare più carne.

Anche un allevatore contatta Repubblica dopo gli articoli sul “caso Zooprofilattico”. «Seguo da anni la storia della veterinaria in Sicilia — racconta — e sono arrivato a una sconcertante valutazione, e cioè che questa nostra terra non avrà mai un futuro con questi sistemi di connivenza e cointeressenze. Un istituto importante qual è lo Zooprofilattico deve essere scevro da condizionamenti e parentele politiche. Perché poi gli interessi in gioco sono altri».

Nell’affare della carne però non ci sono in gioco solo gli interessi milionari degli allevatori e della grande distribuzione, non solo interessi politici che possono manovrare migliaia di voti. C’è in ballo soprattutto la nostra sicurezza alimentare.

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