Peschiera del Garda, l’imprenditore austriaco con la piscina abusiva: «Non capisco l’italiano» | Corriere.it

Peschiera del Garda, l’imprenditore austriaco con la piscina abusiva: «Non capisco l’italiano»

diLaura Tedesco

Il Tar: «Deve demolirla». Dal ‘96 ha la villa sul lago nel Veronese

Peschiera del Garda, l’imprenditore austriaco con la piscina abusiva: «Non capisco l’italiano»

(Archivio) 

Nella villa-vacanze a Peschiera del Garda di un noto industriale austriaco, la piscina interrata in giardino è risultata completamente abusiva. Ma anche tettoie, gazebo, recinzione e percorsi pedonali, secondo i rilievi effettuati addirittura nel 2016 dai tecnici dell’amministrazione comunale, sarebbero stati realizzati senza alcuna autorizzazione, per cui il proprietario dovrà ora rimuoverli e ripristinare il precedente stato dei luoghi. Vano, davanti ai giudici amministrativi, il suo unico tentativo di difesa: «Non parlo l’italiano ma solo il tedesco, non potevo comprendere il significato delle ordinanze che mi erano state notificate dal Comune». 

Respinto il ricorso 

A otto anni dall’ordine di demolizione impartitogli dal Comune sulla sponda veronese del lago, il Tar del Veneto ha infatti ora respinto il ricorso di un affermato imprenditore dell’auto che risiede e lavora nella città austriaca di Kundl: è a capo con il fratello di un’azienda familiare tirolese con oltre 90 anni di storia e quasi 500 dipendenti, in prima linea nella produzione di veicoli e pneumatici. A lui appartiene anche la villa-vacanze a Peschiera del Garda finita al centro dell’annosa querelle amministrativa appena arrivata a sentenza a Venezia. Potrebbe ancora impugnare al Consiglio di Stato: al momento però l’imprenditore dell’auto si è visto rigettare il ricorso contro l’ente locale, che non si è costituito in giudizio, e anche contro l’Agenzia del Demanio. A ricostruire il caso, sono proprio i giudici amministrativi lagunari. «Il ricorrente è un cittadino austriaco che risiede nella cittadina di Kundl (Austria) e che — scrivono — dal 1996 è proprietario di una villa nel comune di Peschiera del Garda, con un’area demaniale utilizzata come prato a servizio della stessa villa». Con l’ordinanza numero 55 del 2016, il Comune gardesano gli ha intimato «la demolizione di opere abusive eseguite senza titolo edilizio ed autorizzazione paesaggistica su area demaniale», ovvero «recinzione con rete metallica e pannelli in lamiera cieca di altezza 2 metri e lunghezza 40 metri; 2 manufatti con copertura in coppo, presumibilmente accessori al giardino (tettoie / gazebo); piscina interrata con forme arrotondate; sistemazioni dell’area esterna adibita a giardino (pavimentazioni, percorsi pedonali, aree verdi)». 

L'ordine di demolizione 

Dopo quell’ordinanza di demolizione, con l’avviso del 12 luglio 2017 gli è stata preannunciata l’esecuzione d’ufficio dell’ordine: entrambi gli atti sono stati impugnati dall’imprenditore al Tar, sostenendo di «non conoscere la lingua italiana anche perché sulle sponde veronesi del lago di Garda (e Peschiera non fa eccezione), la lingua tedesca è correntemente parlata dalla quasi totalità di coloro che lavorano a contatto con i turisti… e ciò perché in questa parte del territorio veronese i turisti provengono in grandissima parte da paesi, appunto, di lingua tedesca, come Germania ed Austria». Il proprietario austriaco afferma inoltre di «aver conosciuto casualmente il reale contenuto degli atti in questione, solo a seguito di una visita in casa dei suoi legali che lo assistevano per alcune vertenze economiche relative al canone di concessione». Ciò premesso, egli deduce «l’illegittimità dei provvedimenti per mancata traduzione nella lingua elettiva, atteso che tale omissione avrebbe determinato una violazione delle regole del giusto procedimento ed una conseguente lesione del suo diritto di difesa».

Possibile ricorso al Consiglio di Stato

Giustificazioni ritenute dai magistrati della seconda sezione del Tar Veneto «inammissibili» come l’intero ricorso. «Le uniche censure dedotte riguardano la mancata traduzione dei provvedimenti in lingua tedesca — spiegano —. Ora, a prescindere da ogni vaglio di merito sulle giustificazioni rese dal ricorrente per non aver avvertito e compreso i contenuti degli atti lesivi del Comune a lui diretti, resta il fatto che le esposte argomentazioni avrebbero potuto condurre alla concessione di un errore scusabile per la tardività dell’impugnativa...In buona sostanza, i sessanta giorni per proporre doglianze specifiche mirate a contestare la legittimità dell’ordine di demolizione non potrebbero che essere decorsi (sempre nella favorevole ipotesi di riconoscimento di errore scusabile) da quando i legali hanno avvertito il ricorrente circa i contenuti lesivi di quegli atti messi nel cassetto (non proprio responsabilmente nonostante una intestazione –almeno quella- ben percepibile a chiunque)». In pratica, gli contestano i giudici, l’imprenditore avrebbe potuto almeno impugnare entro i 60 giorni successivi alla traduzione degli atti comunali che gli fecero i suoi legali quando erano andati a fargli visita per altre ragioni: invece, neppure quel termine tardivo venne rispettato dal proprietario, il cui ricorso è stato quindi rigettato «in quanto inammissibile».

La newsletter del Corriere del Veneto

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie del Veneto iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Veneto. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui.

20 maggio 2024