‘Furiosa – A Mad Max Saga’ a Cannes: la recensione del film con Anya Taylor-Joy - la Repubblica

‘Furiosa – A Mad Max Saga’: la vendetta di Anya Taylor-Joy, eroina femminista e ecologista. A Cannes il grande spettacolo del cinema tra bruti, deserto e effetti mozzafiato

Quinto capitolo della saga iniziata nel 1979, per la protagonista il regista George Miller pesca a piene mani nel mito: una figura da tragedia greca che deve uccidere più e più volte il Maschile

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Cannes – Il primo Mad Max (che in Italia si chiamò Interceptor) uscì nel 1979, 45 anni fa. Era un piccolo B-movie costato 200 mila dollari. George Miller, il regista, aveva 34 anni (è del 1945). Mel Gibson, la (futura) star, solo 23. A Cannes 2024 arriva il quinto capitolo, Furiosa: A Mad Max Saga, e il budget è lievitato di un tantino: 168 milioni di dollari. Eppure è quasi lo stesso film, ed è un miracolo: Miller, a 79 anni, rimane fedele a se stesso nello stile, basato su fragorose esplosioni di motori e di violenza sullo sfondo arancione dell’outback australiano. La differenza, rispetto al precente Mad Max: Fury Road visto qui a Cannes nel 2015, è tutta nel titolo: Furiosa, appunto. La furia del deserto, come le Furie del mito, è femmina e femminista.

Ha fatto grandi salti, la saga: i primi tre film datano 1979, 1981, 1985 (quello con Tina Turner). Il quarto è arrivato trent’anni dopo il terzo e Tom Hardy aveva preso il posto di Mel Gibson. Il quinto è (seguiteci, non è complicato) un prequel del quarto: racconta infanzia, adolescenza e prime esperienze dell’eroina già interpretata, adulta, da Charlize Theron. Il ruolo passa quindi a Alyla Browne (Furiosa bambina) e ad Anya Taylor-Joy (Furiosa ragazza). E la storia diventa un coming of age, come dicono gli anglosassoni, o un Bildungsroman, come direbbero i teutoni: il romanzo di formazione di una bambina che deve districarsi in un mondo di uomini dispotici e sanguinari.

L'arrivo a Cannes di Anya Taylor-Joy
L'arrivo a Cannes di Anya Taylor-Joy (agf)

Nella prima scena Furiosa sta raccogliendo delle pesche. Vive in una valle chiusa dove c’è acqua e la natura sembra essere sopravvissuta. Si chiama Green Place of Many Mothers, il luogo verde delle molte madri, e già il nome la dice lunga. Fuori, c’è solo il deserto. E dal deserto giunge un’orda di motociclisti assetati (di acqua e di sangue) che la rapisce. Inutilmente sua madre insegue i nemici per salvarla. Furiosa assisterà al martirio della donna e diventerà prigioniera di Dementus, il capo dei motociclisti, altro nome che è tutto un programma. Passerà la vita tramando vendetta. E qui ci fermiamo.

Non è molto difficile azzeccare i passaggi della trama, in questo genere di film: come in certi capitoli di Star Wars e in quasi tutti i film Marvel gli eventi sono al tempo stesso prevedibili e inconsulti, ma quel che conta è ciò che sta prima e dopo gli eventi stessi. Prima degli eventi c’è l’azione. Quasi ininterrotta. Che nella saga di Mad Max è fatta di estenuanti inseguimenti nel deserto, a bordo di moto e veicoli sempre più surreali e indistruttibili, e di improvvise epifanie: i luoghi che il deserto nasconde e rivela, dall’accampamento dei bikers alla città di Gastown dove si produce benzina per tutti questi ectoplasmi che consumano più carburante di tutti i pendolari del GRA. E qui si scatenano gli scenografi (capeggiati da Colin Gibson), i tecnici degli effetti speciali e gli stunt, che nei titoli di coda sono centinaia.

Dopo gli eventi ci sono le parentesi filosofiche, come il lungo dialogo finale tra Furiosa e Dementus dove si ragiona sul piacere, o meno, di dare la morte (c’è più gusto nell’uccidere la propria nemesi sul colpo, o nel lasciarla vagare nel deserto finché non si polverizzi?).

È qui che Miller e lo sceneggiatore Nick Lathouris pescano a piene mani nel mito, perché Furiosa è una versione femminile di Ulisse, è la ragazza rapita dai Comanche in Sentieri selvaggi, è Elettra, è Antigone, è un’eroina della tragedia greca che per vendicare la madre deve uccidere più e più volte il Maschile (un Maschile bellicoso, feroce, tossico, alla fine disgustoso) che domina il mondo.

Il regista George Miller
Il regista George Miller (afp)

L’esito di questa lotta non va raccontato, ma sappiate che l’arma finale utilizzata da Furiosa è l’ecologia. Il Femminile vince se si fonde con la natura (già, il luogo verde delle molte madri). Ricordatevi delle pesche.

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