La visione di un profeta dell’Apocalisse - Pier Giorgio Caria

La visione di un profeta dell’Apocalisse

Mag 15, 2024 | Messaggi di Giorgio Bongiovanni

DAL CIELO ALLA TERRA

ASCOLTAMI FIGLIOLO, SONO ADONIESIS.
NON AVER TIMORE E NON ALIMENTARE ANGOSCE ALL’ANIMA TUA. TI SENTI PERDUTO SENZA ANIMA, SENZA SENTIMENTO CHE NON SIA ADORAZIONE E CONTEMPLAZIONE A ME, AL TUO DIO SOLE.
TI SENTI PERDUTO SENZA EGO-SUM. CAPTI SOLO LA FIAMMA DELL’AMORE, DELLA CONOSCENZA E DELLA VERITÀ NEL TUO SPIRITO.
NON TEMERE FIGLIOLO. È L’INIZIO DEL DISTACCO DAL MONDO DELLA MATERIA, DELLA SENSAZIONE, DELL’ILLUSIONE.
UN DISTACCO NECESSARIO CHE TI PROIETTERÀ NEL GIARDINO DELL’EDEN SOLARE CHE HO RISERVATO PER TE E PER COLORO CHE TU AMI, DONNE, UOMINI, BAMBINI, VECCHI E ANIME PERDUTE E SALVATE.
SEI UN MIO GUERRIERO FEDELE. UN SOLDATO CON MOLTE CICATRICI AVUTE DA GUERRE CHE HAI COMBATTUTO E CHE STAI COMBATTENDO CONTRO L’ANTICRISTO, PRINCIPE DI QUESTO MONDO. NEMICO DI MIO FIGLIO IL CRISTO. SALVATORE E MESSIA.
IL TUO SERVIZIO E LE TUE RINUNCE, PER LA MIA CAUSA, HANNO COMMOSSO IL MIO SPIRITO E TI HO REGALATO DEI FIGLI PREZIOSI E SOLARI.
FIGLI DI SANGUE E DI SPIRITO.
NON TEMERE!
PRESTO TI DONERÒ UNA VERGA, UNA ROSA E CON LA CROCE CHE INCARNI DI CRISTO VINCERAI IL MOSTRO.
PRESTO!
SII FEDELE FIGLIOLO.
TI BENEDICO.
PACE!
TUO ADONIESIS.

PIANETA TERRA
12 Maggio 2024
G. B.

ADONIESIS
“l’uno e l’altro”

LA VISIONE DI UN PROFETA DELL’APOCALISSE

Adoniesis, il Re del Cielo, ha visitato il suo interprete, il suo messaggero, il suo strumento: Giorgio Bongiovanni. Rivestito di luce violetta mercuriale, alto e bellissimo, il Genio Solare incontra Giorgio in uno scenario desertico, simbolo del deserto spirituale di questa umanità in perdizione. È il deserto dove il novello Giovanni grida con voce d’aquila, lui, il Bon-Giovanni, il Giovanni che porta la fiaccola del Bene eterno.

Lui, Giorgio, capofamiglia della stirpe giovannea dell’ultimo tempo, personifica il preludio al ritorno del Messia, che nei suoi segni sanguinanti già si manifesta “come un ladro nella notte” del mondo.

Lui è il messaggero che per volontà del Padre annuncia la grande Rivelazione, l’attesa e il compimento dell’Apocalisse, affinché tutti i segnati vengano chiamati prima delle tribolazioni che precedono l’avvento del regno promesso, la nuova civiltà universale.

Nel deserto della Terra, Giorgio, “voce di uno che grida nel deserto”, compone la sua opera come una sceneggiatura da interpretare sul palcoscenico del mondo, nel grande teatro della vita e della morte. Egli si prepara ad entrare nella città di Gerusalemme, si prepara a scendere in piazza per dare tutto sé stesso in questa città simbolica che evoca la Palermo “santa e dannata”, dove si svolge la parte essenziale della grande battaglia finale.
Mentre si prepara, Giorgio chiama suo Padre, invoca Adoniesis, e il Re del Cielo risponde con un dono sublime e terribile al tempo stesso. Ecco infatti che compaiono due feroci animali: EMAUS, il leone del deserto, e SHABIRA, la grande tigre siberiana. Le due sacre fiere, potenti custodi della sua opera, affiancano il messaggero come segno di divina potestà.

Il nome del leone EMAUS ci fa pensare istintivamente alla vicenda di Emmaus, dove Gesù accompagnò i discepoli che non lo riconobbero finché egli non volle farsi riconoscere. Questo riferimento indica che anche i discepoli d’oggi stentano a riconoscere Colui che è già tornato sulla Terra e già sta visitando “i suoi”. Sebbene Egli si mostri attraverso i segni delle stimmate, i discepoli di oggi, come quelli di Emmaus, faticano a riconoscere il loro maestro.

Il leone simboleggia il Messia, “il leone della tribù di Giuda (quarto figlio di Giacobbe), radice della stirpe di Davide”. “Leone di Giuda” è l’espressione che Giovanni l’apostolo utilizza nell’Apocalisse per indicare il Messia. L’antica tribù di Giuda-Leone ha la sua corrispondenza con il sorgere del Sole, e il leone è il supremo emblema di forza, vittoria e giustizia. È anche simbolo dell’evangelista Marco, scrittore del testo evangelico più antico. Inoltre, quella del leone è una delle tre costellazioni (Aquila, Leone e Toro) dalle quali vennero gli Elohim che diedero inizio all’evoluzione umana sulla Terra.

Il nome della tigre SHABIRA è associato all’amore e alla compassione, in lingua araba significa “forte, potente”, ed è conosciuto in India e Pakistan anche per indicare un vegliardo, un monaco evoluto e veterano. La sua variante SHABBIR significa “luminoso, splendente”. Simbolo di coraggio, potere, grazia, protezione e regalità, ha caratteristiche simili a quelle del leone, ma possiede anche una forte connotazione passionale e altresì distruttrice che ci fa pensare al dio Shiva, ossia il ruolo della “grande distruzione” (“grande rivoluzione”) quale preludio alla renovatio del Creato. Quindi non una distruzione sconclusionata, ma un vero e proprio rovesciamento del vecchio sistema che sottomette le basse pulsioni e lascia spazio al nuovo rinascimento.

Dopo l’arrivo degli animali-custodi, Adoniesis offre a Giorgio un grappolo d’uva fresca e lo invita a mangiare questo cibo cristico, il cibo solare. Il grappolo rappresenta l’insieme della Confraternita di Adoniesis. Infatti gli acini d’uva sono comparabili ai fratelli spirituali, il buon frutto della vigna, i servitori dell’opera di Cristo:

“Io sono la vite vera e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. […] Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca […]. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato”. (Gv 15,1-7)

Ebbene gli acini d’uva sono i fratelli che donano la propria vita per l’opera, e così facendo alimentano il messaggero di Dio che è tutt’uno con la vite. Donando sé stessi all’opera, essi “muoiono a sé stessi, uccidono l’uomo vecchio e rinascono come homo novus”. Si compie così l’alchimia spirituale, ed essi finalmente si trasformano in vino, bevanda di salvezza. In questo processo di trasmutazione, il messaggero di Dio serve da torchio spirituale. Egli, in virtù della personificazione cristica, ha il potere di trasformare l’uva in vino, ossia trasforma le anime portandole nella dimensione superiore. L’uva può diventare vino solo sacrificando sé stessa, così come il chicco di grano deve morire per portare frutto (Gv 12,24), perché “chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.” (Gv 12,25)

* * *

Tutta la visione iniziatica fin qui narrata, è illuminata dall’immagine di Giorgio che osserva il Sole sull’orizzonte dell’oceano [vedi foto allegata]. Questa immagine esprime un concetto immenso, divino, che le povere parole umane stentano a spiegare. In questa immagine carica di significati, l’occhio dell’Iniziato vede il passato e il futuro che si eternano nell’attimo presente, perciocché Dio e il Suo strumento si contemplano vicendevolmente.

L’immagine è la fotografia dell’attimo in cui l’Eterno contempla sé stesso proiettato nello spazio e nel tempo. In questa scena, l’Eterno contempla sé stesso nel Suo strumento che è un Suo riflesso cosciente, proiettato in uno degli innumerabili mondi dell’universo ove l’infinito prende forma per manifestare la sua poliedrica luce onnicreante.

Guardando il Sole, il figlio del Sole trova nella luce la propria origine e il proprio destino.

Poiché lo strumento manifesta l’idea dell’artefice, egli è tutt’uno con l’artefice.

Quando tale comunione si realizza nella luce della divina verità, lo strumento diventa una porta che si apre a tutti i coraggiosi cercatori della verità. Egli è una porta aperta verso il Sole di tutti gli archetipi. Attraverso questa porta, l’Intelligenza Cosmica raggiunge i suoi figli che vivono come onde fugaci nell’oceano dell’esistenza terrena. Passando per questa porta, tutti i figli che vivono nel relativo possono incontrare il loro Padre Assoluto.

Dunque lo strumento di Dio è una porta verso le dimensioni superiori. Poiché Dio parla tutte le lingue della Gnosi, il Suo strumento è una porta regale e disadorna al tempo stesso, perciocché la divina Verba raggiunge l’orecchio di tutti i viventi.

Coloro che sono ancora giovani nello spirito ricevono gli insegnamenti eterni e con essi l’offerta di Redenzione. Coloro invece che sono già adulti nello spirito ricevono la grande chiamata che offre la possibilità di diventare eletti, al prezzo della propria vita.

In questa immagine, il Divino-Tutto contempla sé stesso nell’io-umano, e l’io umano contempla sé stesso nel Divino-Tutto, perciocché il relativo diventa tutt’uno con l’Assoluto.

Il Padre Solare, il Poimandres Pastore d’Uomini, riflette la propria immagine nello sguardo del suo messaggero, il suo angelo, il suo Mercurio. Qui l’Assoluto illumina il Suo strumento, il quale realizza così la totale personificazione. L’umano e il divino si fondono l’uno nell’altro, essi sono “l’uno e l’altro in una medesima cosa”. Lo strumento, l’uomo, contempla la luce del Padre, e in quella luce riconosce finalmente tutto sé stesso.

Con amore
Marco Marsili
11 maggio 2024

 

(Per leggere i messaggi allegati cliccare la fonte)
Fonte: https://www.thebongiovannifamily.it/cronache/cronache-dalle-arche/cronache-dalle-arche-2024/10472-la-visione-di-un-profeta-dell-apocalisse.html

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