L’Italia non firma la dichiarazione Ue per i diritti Lgbtq+. Schlein: “Rabbia e vergogna”. Roccella: “Sinistra usa omofobia per avere il gender” - la Repubblica

Cronaca

L’Italia non firma la dichiarazione Ue per i diritti Lgbtq+. Schlein: “Rabbia e vergogna”. Roccella: “Sinistra usa omofobia per avere il gender”

A non firmare anche Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia

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ROMA - Come Orban. Come la Bulgaria, come la Romania, l’Italia adotta il modello anti-Lgbtq+. Una scelta di campo netta da parte del governo Meloni e della sua maggioranza in sostegno della linea conservatrice dei Paesi governati della destra sovranista e polemici nei confronti della politica dei diritti promossa dall’Unione europea.

Nella Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, quella in cui il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha ricordato che anche l’Italia «non è immune da episodi di omotransfobia», il governo Meloni non ha firmato la Dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità Lgbtq+, avanzata dalla presidenza di turno belga del Consiglio Ue e sottoscritta da 18 Paesi membri su 27.

La contraddizione

L’Italia è l’unico grande Paese della Comunità europea a mettersi di traverso rispetto alla posizione del resto del Continente. E pensare che poco prima di questa decisione, che rientra nella strategia meloniana da partito custode dei valori tradizionali, la propaganda guidata dalla premier ha diffuso sul profilo Instagram di Atreju la foto di una bandiera arcobaleno con questo slogan: «Non importa il tuo orientamento sessuale. L’8 e il 9 giugno scrivi Giorgia». Una contraddizione plateale che nasce dalla necessità di Meloni di rassicurare l’elettorato di destra votando con l’Ungheria, e allo stesso tempo garantirsi qualche voto Lgbtq+ sventolando la bandiera dei diritti. La giustificazione per non aver votato come il resto dei grandi Paesi europei è una arrampicata dialettica: «L’Italia non ha aderito alla dichiarazione perché era in realtà sbilanciata sull’identità di genere, quindi fondamentalmente il contenuto della legge Zan», fanno trapelare dal ministero della Famiglia, guidato dalla meloniana Roccella. Legge che venne affossata e che prevedeva anche l’inasprimento delle pene contro i crimini e le discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili.

Il risultato è che la maggioranza si è spaccata quando il ministro Antonio Tajani ha preso le distanze dalla titolare di Palazzo Chigi: «La lotta contro ogni forma di discriminazione sia parte integrante dell’impegno dell’Italia per la protezione e la promozione dei diritti umani».

Questo scontro nello schieramento di centrodestra avviene proprio mentre sul Campidoglio si riunisce il Pd per parlare di un’Europa «umana, concreta e sostenibile» con il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, la segretaria Elly Schlein, il sindaco Roberto Gualtieri e uno dei big della scorsa dem verso l’Europarlamento Nicola Zingaretti. Questo evento si trasforma nella risposta immediata e forte alla scelta governativa di schierarsi con Orban e con gli altri contro la cultura dei diritti.

Schlein: “Rabbia e vergogna”

L’ex premier è incalzante: «Le istituzioni di Bruxelles hanno issato la bandiera dei diritti Lgbtq e io sono orgoglioso che questo possa succedere». Però invita a prestare attenzione perché «abbiamo il livello di diseguaglienze più limitato nel mondo. Noi lo abbiamo considerato per troppo tempo come scontato, ma quello che sta succedendo in Europa ci dice che questa realtà non è più scontata». Schlein dice di provare «rabbia e vergogna» e promette «che il Pd continuerà a battersi per una legge contro l’omobilesbotransfobia». Come il ddl Zan. «Noi crediamo in un’Europa più umana», aggiunge Zingaretti, mentre Gualtieri ricorda l’apertura a Roma di «sportelli Lgbtq+ in tutti i Municipi». La kermesse del Pd applaude e tra palco e platea c’è un clima da combattimento in vista delle elezioni di giugno: «Noi siamo Europa, Meloni è Orban».

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