Lavoro

Il diritto di precedenza del lavoratore assunto a termine, obblighi di informazione e conseguenze sanzionatorie

Nota a Corte di Cassazione, Sez. L Civile, Ordinanza 9 aprile 2024, n. 9444

Asian business man using pen signing on new contract to starting projects in conference room. Close up manager businessman hands sign contract working meeting. Business agreement concepts.

di Chiara D'Angelo*

La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 9444/2024, depositata il 9 aprile scorso, offre l’occasione per soffermarsi sul tema del diritto di precedenza del lavoratore assunto a termine.

Come noto, norma di riferimento è l’art. 24 del D. Lgs. 81/2015, a mente del quale, nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato di durata superiore a sei mesi (ferme restando specifiche previsioni per i lavoratori stagionali e per le lavoratrici in congedo di maternità):

  • il lavoratore deve comunicare la volontà di avvalersi del diritto di precedenza per iscritto, entro 6 mesi dalla scadenza del contratto a termine;
  • il diritto di precedenza riguarda le assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro nei 12 mesi successivi alla scadenza del termine;
  • tali assunzioni devono riguardare la stessa qualifica/lo stesso profilo professionale/le stesse mansioni del dipendente a termine.

Ciò posto in termini generali, nell’ordinanza in commento la Corte si pronuncia, nello specifico, sull’obbligo datoriale di informare il dipendente rispetto al suo diritto di prelazione. 

A tal proposito, sappiamo che l’art. 24, comma 4, cit. prevede che tale diritto “deve essere espressamente richiamato nell’atto scritto di cui all’art. 19, comma 4”, ma nulla viene aggiunto sulle modalità con cui tale informativa deve essere resa.

Pertanto, può porsi il dubbio se, ai fini dell’adempimento di tale obbligo, sia sufficiente inserire in contratto un mero richiamo al predetto art. 24, comma 4, oppure se l’azienda debba anche specificare al lavoratore condizioni, modalità e termini per l’esercizio del diritto di precedenza. 

In tale quadro, la pronuncia in esame, pur muovendo dal caso concreto di un lavoratore stagionale, offre indicazioni di portata generale su come l’azienda deve adempiere all’obbligo informativo in commento.

Sul punto, la Corte parte dalla ratio di tale onere, chiarendo che si tratta di “uno specifico obbligo (…), non ritenendo il legislatore evidentemente sufficiente che la conoscibilità del diritto di precedenza derivi dalla circostanza che esso sia previsto dalla legge; un obbligo formale chiaramente funzionalizzato a far conoscere al lavoratore, con modalità rese certe dal contenuto dell’atto scritto, le condizioni di insorgenza e le modalità di esercizio del diritto stesso, tra le quali la necessità che questi manifesti formalmente la propria volontà di avvalersi della precedenza e che lo faccia entro un certo termine dalla data di cessazione del rapporto”.

Per la Corte, dunque, l’obbligo informativo in oggetto è strumentale a garantire una tutela piena ed effettiva al lavoratore, che dunque, leggendo il contratto, deve poter apprendere come e quando poter esercitare la prelazione riconosciutagli per legge.

Secondo tale prospettiva teleologica, il datore di lavoro non potrà allora limitarsi a una mera informativa per relationem, con il solo richiamo alla fonte normativa di riferimento, ma dovrà invece rendere edotto il lavoratore di tutti i presupposti giuridici e fattuali di cui all’art. 24 cit.; tra questi, la necessità che il dipendente comunichi all’azienda l’intenzione di avvalersi della prelazione impiegando la forma scritta ed entro i termini previsti per legge.

Proprio soffermandosi sul caso della mancata informazione al lavoratore circa tempi e modalità con cui rappresentare la volontà di “essere preferito”, la Corte passa poi a individuare le conseguenze sanzionatorie dell’inadempimento dell’obbligo informativo da parte dell’azienda.

Sul punto leggiamo che “(…) se tale informazione preventiva non viene “espressamente” concessa all’atto dell’assunzione a termine, così come prescritto dalla disposizione in esame, il datore non potrà efficacemente opporre il mancato avveramento della condizione rappresentata dalla manifestazione di volontà del lavoratore di avvalersi della preferenza nelle successive assunzioni; l’inadempimento alla prescrizione formale imposta al datore di lavoro è, infatti, idonea a pregiudicare lo stesso esercizio del diritto di precedenza da parte del lavoratore, laddove il datore proceda comunque a nuove assunzioni; con la conseguenza che, sul piano civilistico del rapporto di lavoro il datore convenuto in giudizio perché inadempiente alla prescrizione formale non potrà opporre il difetto di manifestazione di volontà del lavoratore e, se ha proceduto all’assunzione di altri lavoratori, sarà comunque tenuto al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1218 c.c., così come in ogni altro caso di assunzione di soggetti diversi in violazione del diritto di precedenza (cfr. Cass. n. 12505 del 2003; Cass. n. 11737 del 2010)”.

Preme osservare come la Suprema Corte, nel far dipendere dalla mancata informativa conseguenze esclusivamente risarcitorie, prenda le distanze da quanto affermato dalla Corte d’Appello nel precedente grado di giudizio: in quella sede, infatti, il collegio di merito aveva ritenuto come la carenza di informazione - ferma restando l’impossibilità di innescare una trasformazione del rapporto a tempo indeterminato – comportasse la non decorrenza del termine legislativo di decadenza per l’esercizio della prelazione.

L’ordinanza in esame, dunque, appare interessante in quanto orienta concretamente le imprese nella redazione del testo contrattuale, specie se consideriamo anche che il “Decreto Trasparenza” (D. Lgs. 104/2022), nella parte in cui scandisce gli elementi contenutistici dei contratti di lavoro, non fornisce alcuna indicazione in merito a come declinare il diritto di precedenza del lavoratore a termine.

La Corte, pertanto, si pone pienamente in continuità con il trend tracciato dal Legislatore per assicurare un “lavoro trasparente”, richiamando così l’attenzione delle imprese sulla necessaria esaustività delle informazioni da fornire in fase di assunzione.

______

*A cura di Chiara D’Angelo, Associate presso Lexellent

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©