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Conversazione con Valentina Virando, attrice da sempre

   

«Il Teatro m’ha rovinato la Vita, ma me l’ha anche salvata!»

– Valentina Virando, attrice 

Continua a riscuotere successo Fantozzi a teatro, ovvero lo spettacolo, firmato dal regista Davide Livermore, che ha avuto la stragrande ambizione di mettere in scena la geniale creatura partorita dalla mente di Paolo Villaggio: Fantozzi. Una tragedia

Nel mese di Dicembre 2024 riprenderà la sua tournée in giro per i palcoscenici più importanti d’Italia

Nel cast ritmico e frizzante, sempre sul pezzo, si segnala Valentina Virando, che interpreta la Pina, la moglie del ragionier Ugo Fantozzi. 

Torinese doc., nata e cresciuta nella prima capitale italiana, l’attrice ha scelto di formarsi nella città sabauda, dimostrando quanto sia un’importante fucina creativa di tutte le arti. 

Interprete teatrale e di stand up comedy, ha recitato anche in piccoli ruoli anche sul grande schermo. 

Celebre il suo monologo teatrale, curato dal regista di cinema Valerio Mieli, Psychodramma di Matt Wilkinson, una meravigliosa fusione di vita, realtà e fantasia.     

Cos’hai provato quando ti hanno scritturato per lo spettacolo su Fantozzi?  

«Avevo già lavorato con Livermore, però a Siracusa, nell’ambito di una tragedia greca. Quando mi ha annunciato che avrebbe fatto i provini per Fantozzi, io sono impazzita di gioia. Mi sono subito sentita la Pina. Fantozzi è dall’infanzia uno dei miei miti».  

Trasportare a Teatro Fantozzi non ti è sembrata neanche in un primo momento un’idea folle?

«Assolutamente no, anzi! C’ho creduto sin da subito. Il protagonista della messinscena Gianni Fantoni già voleva sdoganare questa maschera dal Cinema, rendendola universale. Era difficile tutto questo, ma l’ho desiderato fortemente».

Com’eri da piccola? Già volevi mettere piede su un palco?

«Ho sempre avuto la passione per la recitazione. Da quando ho fatto Biancaneve all’asilo all’età di tre anni ho maturato la decisione di voler diventare attrice, con tanti consigli da una parte e dall’altra affinché potessi intraprendere altre strade: non ho dato ascolto a nessuno, poiché c’ho sbattuto la testa. L’Arte ti restituisce un profondo senso, anche se ti toglie la possibilità di vivere nel quotidiano, perché sei sempre dall’altra parte… A 18 anni sono stata presa al Teatro Stabile di Torino, e mi sembrava tutto così semplice. Tuttavia, la vita è un po’ più complicata, ma ho resistito. Finora ho resistito (ride), anche se ti vien voglia di mollare quando t’accorgi di certe ingiustizie…». 

È un problema torinese, italiano o mondiale?

«Mi verrebbe da dire italiano, ma non voglio apparire come l’esterofila di turno. Tuttavia, bisogna sottolineare che una grande pecca dell’Italia è che qui non si considera ancora il mio come un mestiere, a differenza, ad esempio, di Londra: nella capitale inglese sanno che è necessario studiare per diventare artisti, cosa che qui da noi spesso viene bypassata. La verità è che in nessun arte ci si dovrebbe improvvisare».

L’Arte è un mestiere: ribadiamolo con forza!

«Eeeeh, già far capire questo alle persone, che ti chiedono cosa fai di lavoro! Rispondi attrice e loro ridono».

La colpa è del pubblico se l’Arte non è presa seriamente? 

«Secondo me è un problema culturale. Ad esempio, a scuola il Teatro è sempre visto come qualcosa di ricreativo, non si studiano i testi, le drammaturgie. Che mercato ha poi la drammaturgia nelle librerie italiane? Misero! Dunque, leggiamoli i testi teatrali e poi facciamoli vivere!». 

In che modo il Teatro ti ha salvato la Vita?

«Ho avuto un’infanzia un po’ triste, mi sentivo molto inadeguata alla vita e rispetto a me stessa. Ho un rapporto strano con le mie diverse personalità (ride). Nel Teatro ho trovato il mio posto, perché è così che ho conosciuto gente come me, che parla come me e di cose che a me interessano. Persone che ti capiscono e condividono: anche questo è Teatro, parte di un insieme. Non mi piacciono gli spettacoli dove recita uno solo, che vuole primeggiare e far vedere che è più bravo degli altri. Amo gli spettacoli corali, come Fantozzi: è il gruppo che deve vincere, lo stare insieme. A me questo interessava del Teatro: da quando l’ho abbracciato, non mi son più sentita sola!». 

Il Teatro unisce: frase fatta? Eppure, non lo capiscono. Qual è stata la tua più grande fortuna dal punto di vista della carriera artistica? 

«Ci vuole molta fortuna in questo mestiere, è la parola chiave. Non basta il talento. Sicuramente conoscere Davide Livermore è stata una grandissima opportunità per me. All’epoca aspettavo mio figlio e con mio marito attore ho dovuto gestire tempi e ritmi particolari. Davide mi ha aiutato tanto in questo». 

Fortunato anche questo bambino con due genitori attori!

«Non lo so se possa chiamarsi fortuna questa (ride)». 

Qual è il tuo sogno nel cassetto?  

«Il mio sogno è di scrivere un monologo che diventi una serie. Ne curerei la regia, facendo recitare miei cari amici bravi interpreti». 

Meravigliosa intervista emotiva ed introspettiva, tra leggerezza e profondità, ma sempre col sorriso. Grazie Valentina, per accendere i riflettori sul miracolo del Teatro. 

«Grazie a te Christian». 

Le foto ci sono state fornite dall’attrice.

Per saperne di più, clicca al link sulla conversazione:

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di Christian Liguori

Classe '97, storico dell'arte e docente laureato in Archeologia e Storia dell'Arte all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dopo aver pubblicato il libro “Paolo Barca e la frantumazione della logica cerebrale umana”, un saggio di cinema sul regista Mogherini, ha maturato esperienze in svariati campi: dalla pubblicazione di articoli per un blog e una redazione online, a quella di filmati su YouTube e pagine Facebook; dalla partecipazione come interprete in spettacoli teatrali e cortometraggi, all’attivismo associativo per la cultura e l’ambiente. Già conduttore web-televisivo e radiofonico, è da sempre specializzato in recensioni di film. Curerà le rubriche "Le conversazioni di Liguori" e “Il Cinema secondo Liguori”.

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