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Lavoro, cresce malessere tra gli occupati: solo il 5% è felice

Redazione

Lavoro, cresce malessere tra gli occupati: solo il 5% è felice

Dom, 19/05/2024 - 11:17

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L’88% delle aziende fatica ad assumere nuovo personale e, in più della metà dei casi, la difficoltà è cresciuta nell’ultimo anno. Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro è dovuto soprattutto alla carenza di persone con competenze tecniche (57%) e soft (36%), ma anche alla mancata corrispondenza tra quanto offerto dalle aziende e quanto desiderato dalle persone in termini di stipendio, carriera, flessibilità e stile di vita, perché il luogo di lavoro è sempre meno un posto dove le persone stanno bene.

Secondo i risultati dell’indagine dell’osservatorio HR Innovation practice della School of management del Politecnico di Milano, solo il 9% degli italiani afferma di stare bene nell’impiego attuale considerando le tre dimensioni del benessere: fisico, psicologico e relazionale. Appena il 5% oggi è felice al lavoro. Un lavoratore su tre si è assentato almeno una volta dal lavoro nell’ultimo anno per motivi di stress o ansia, ma solo un’azienda su due offre servizi a supporto.

Infelicità e malessere portano molti a cambiare lavoro: il 42% degli italiani l’ha fatto recentemente o ha intenzione di farlo a breve e nel 2024 per la prima volta il motivo principale è la ricerca di benessere fisico e mentale (36%), ma crescono anche la ricerca di opportunità di carriera e di occupabilità nel medio-lungo termine.

Il 56% di chi ha cambiato lavoro negli ultimi 12 mesi si è già pentito, +37% rispetto al 2023. Una delle principali fonti di malessere resta l’incapacità di gestire vita lavorativa e vita privata: in un anno, raddoppiano i job creeper (13% contro 6%), quelli che non riescono a smettere di lavorare e lo fanno in momenti che dovrebbero dedicare alla propria vita privata, mentre è stabile il numero dei quiet quitter (12%), i lavoratori che fanno il minimo indispensabile senza essere coinvolti emotivamente nelle attività che svolgono. Il 26% dei lavoratori ha già utilizzato soluzioni di IA generativa nell’ultimo anno, anche se pochi in maniera continuativa (solo il 3% ogni giorno e il 7% un paio di volte a settimana) e l’attività principale è stata la semplice ricerca di informazioni (31%) come una classica barra di ricerca.

Ma l’impatto potenziale è alto: secondo i lavoratori, il 24% delle proprie attività possono essere già svolte con il supporto di soluzioni di IA generativa. E quasi uno su due è preoccupato delle conseguenze, non tanto per il rischio di perdere il lavoro (12%), ma per la possibilità che diventi più precario (26%) o che le proprie competenze siano meno rilevanti (22%). I più ottimisti vedono nell’IA generativa un’alleata per svolgere meglio il lavoro (29%), sviluppare nuove competenze (23%) e lavorare meno (21%).

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