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WITHERFALL – Un enigmatico cuore di tenebra

Un viaggio attraverso sentimenti nefasti, una ricerca appassionata, poetica di sonorità uniche, eclettiche, trasversali, stratificate. Questa è la musica dei californiani Witherfall. Un debut, ‘Nocturnes And Requiems’, scritto nel 2014 e stampato nel 2017 da Century Media, un masterpiece, una iperbole US metal, attraversata da contaminazioni thrash, prog, death, sfumate nel neoclassico, nel dark, colorate di Savatage e flamenco. Un disco sofferto, doloroso, a causa della morte iniqua dell’amato batterista Adam Sagan. Una tragedia la sua scomparsa, ha segnato il percorso intero e lo spirito della band, trasformando l’esordio in una poesia straziante, dedicata alla memoria di Adam, che lascia la vita proprio durante le lavorazioni: i suoi compagni si sono stretti a lui, facendogli ascoltare il disco ancora in fase di preproduzione.  ‘Sounds Of The Forgotten’, è il quarto album in studio, segue ‘Curse Of Autumn’ (2021), un disco aggressivo, potente, scolpito nella roccia dalla batteria del talento Marco Minneman, quanto ferito dall’apocalittica pandemia, vissuto come un fallimento. Una scossa il desiderio di emanciparsi, di riscattarsi dalla frustrazione, dalla tristezza, di andare oltre, superare loro stessi. Due i nuovi elementi in line-up: il batterista Chris Tsaganeas (che non partecipa alle registrazioni in studio) e il polistrumentista Gerry Hirschfeld. Sette i singoli che hanno anticipato l’album, un’opera che raggiunge “picchi e vallate”, come hanno dichiarato durante il nostro incontro il talentuoso frontman Joseph Michael (forte dell’esperienza nei Sanctuary a sostituire il compianto Warrell Dane), e il virtuoso chitarrista Jake Dreyer, shredder innamorato di Malmsteen, dell’hard rock anni ‘70, già tra le fila degli Iced Earth. Entrambi ci raccontano della nuova creatura, dall’intenso sapore old school, dalle tinte policrome, analogiche, enigmatiche, raffinate nelle esecuzione, grazie alle contaminazioni infinite, supportate dall’eccellente sessione ritmica del basso dall’anima jazz  di Anthony Crawford (turnista di Allan Holdsworth), e dal maestro Marco Minnemann, che qui collabora solo alle lavorazioni in qualità di special guest. Ogni tipo di emozione viene sfogata, una trama tessuta dal filo rosso della fierezza di combattere da soli, realizzarsi, avanzare sul proprio percorso senza farsi condizionare da niente e nessuno, lasciando brillare cosi scintille di luce in qualsiasi cuore di tenebra.

L’essenza di Witherfall è un viaggio evolutivo immersivo, tra genialità e stratificazione musicale che disintegra la gabbia dei generi. Se una poesia, un romanzo, potesse descrivere la vostra anima, la vostra arte, quale sarebbe?

(Joseph Michael): “La nostra arte è unica, non riesco a nominare nulla che possa descrivere i Witherfall”.

(Jake Dreyer): “L’ambiguità del lato oscuro dell’essere umano, narrata in ‘Heart Of Darkness’ di  J. Conrad, oppure l’anima gotica, investigativa, irrisolta, enigmatica di ‘The Cask Of Amontillado di Allan Poe'”

Nella vostra scrittura prevale la parte emotiva, spirituale, profonda. Il lutto, la perdita di Adam Sagan, la pandemia, quanto hanno influito sul vostro percorso?

(J.M.): “Pandemie, morti, arresti e sciocchezze dell’industria hanno davvero reso il nostro viaggio difficile, ma abbiamo perseverato. Nulla influisce sul nostro cammino. A volte, ci si allontana un po’ da esso”.

(J. D.): “Le emozioni finiscono per emergere quando scriviamo, e durante il ciclo Pandemic e Curse of Autumn c’erano molta frustrazione, rabbia e tristezza. Il che si manifesta musicalmente in tutte le canzoni di Sounds of the Forgotten. Sembra che a ogni uscita del disco succeda qualcosa di brutto a qualcuno o a qualcosa della band”

Siete proiettati alla ricerca dell’unicità sonora, arricchiti dalle vostre precedenti esperienze con Sanctuary, Iced Earth. Joseph è guidato dallo spirito di Warrel Dane; Jake affascina con il suo virtuosismo chitarristico, mentre il background jazz prog del bassista Anthony Crawfford è raffinato, un talento. Avete un rituale che mettete in atto per creare armonie, equilibrio tra i vostri diversi gusti, sentimenti?

(J. D.): “Quando scriviamo è un’esperienza collaborativa, quindi tutte le nostre diverse influenze e caratteristiche vengono fuori naturalmente. Siamo solo io e Joseph a comporre, ma in studio incoraggiamo Anthony a portare il suo stile, gli diamo molta libertà creativa. Lo stesso vale per i groove di batteria: ci siamo affidati a Minnemann, ha espresso se stesso, altrimenti avremmo programmato le basi e suonato tutto noi”.

(J. M.): “I nostri vecchi gruppi non ci influenzano. Per quanto riguarda Warrel Dane, era una leggenda, un artista unico. Ha  ispirato come un soffio leggero la mia scrittura e il mio canto”.

Quarto album in studio, quanto c’è in ‘Sounds Of The Forgotten’ del debutto dedicato di Sagan, ‘Nocturnes And Requiems’ (2017), ‘Prelude Of Sorrow’ e ‘Curse Of Autumn’?

(J. M).: “Adam Sagan era una persona e un batterista meraviglioso, il cuore della band. Questo disco per me ha lo stesso valore artistico degli altri, ognuno con la propria m diversità, con la sua personalità”.

(J. D.) – “Abbiamo sempre mantenuto la stessa visione per quanto riguarda il songwriting, solo che l’abbiamo elaborata, migliorata, abbiamo ampliato il nostro sound complessivo. Anche se credo che ‘Sounds Of The Forgotten’ sia il nostro disco più eclettico. Una canzone come ‘Ceremony Of Fire’ mi sembra una versione elevata dello stile dark neoclassico che facevamo in ‘Nocturnes And Requiems’. Poi in questo album c’è ‘When It All Falls Away’ che avrebbe potuto essere parte di un disco rock degli anni ’70, si sentono i Led Zeppelin. ‘Insidious’ è probabilmente la canzone più pesante che abbiamo mai pubblicato, con un bridge neoclassico pazzesco. Nel complesso ci sono molte vette e vallate”.

Due nuovi membri rispetto la formazione originale, oltre al prezioso contributo di Marco Minnemann: il batterista Chris Tsaganeas e il polistrumentista Gerry Hirschfeld. Come vi siete conosciuti e scelti? Quale contributo artistico hanno apportato alla composizione con le loro personalità?

(J. D.): “Abbiamo conosciuto Chris dopo un’audizione all’inizio del 2022, è stato molto professionale e ha eseguito una performance impeccabile. È un ottimo batterista e si adatta perfettamente ai Witherfall. La scelta di utilizzare Marco è nata dalle collaborazioni dopo ‘Curse Of Autumn’: Marco non ha bisogno di presentazioni, è una leggenda il suo talento, è un maestro. Ci piace fare dischi nello spirito degli Steely Dan e ispirarci a una band diversa per ogni canzone”.

(J. M.): “In realtà ho conosciuto Gerry come sostituto alle tastiere e alle voci di sottofondo in un piccolo club per la band di Chris, The Wax Owls. Ci siamo trovati bene musicalmente e così abbiamo sostituito Alex (cosa che era in cantiere da un po’). Gerry si è inserito perfettamente”.

Avete la vostra etichetta, un’attitudine solida, indipendente, DIY! Il produttore che si è occupato del disco è il maestro Chris “Zeuss” Harris (Queensrÿche), un rapporto solido, vi ha seguito fin dal debutto, ora fa parte della band… quanto ha contribuito la sua guida alla vostra crescita artistica?

(J. M.): “Ci autoproduciamo da sempre e l’idea di coinvolgere Zeuss come coproduttore è stata divertente. È una squadra divertente con cui lavorare, un elemento importante. La combinazione di diverse orecchie nella stanza è sbalorditiva per quanto stimoli la creatività”.

(J. D.): “Zeuss è con noi fin da ‘Nocturnes’, dove ha mixato e masterizzato il disco, lo stesso per ‘A Prelude To Sorrow’. È stato naturale per noi coinvolgerlo nella produzione fin dall’inizio delle registrazioni, in modo che potesse avere il pieno controllo sui toni complessivi. Joseph e io avevamo già le canzoni scritte e i demo, ma Zeuss è stato molto bravo a scegliere le migliori session”.

Per registrare l’album avete scelto location originali, climaticamente estreme. La più suggestiva è stata quella al Big Blue North Studios di Utica, ai piedi dei pittoreschi monti Adirondack, nello Stato centrale di New York. Un edificio storico del 1926, nato come Chiesa del Nazareno. Potete raccontarci qualche esperienza, un aneddoto?

(J. M.): “ Utica è la mia città natale. La mia prima ragazza viveva nella strada di fronte alla Chiesa. Andavo in quel posto quando era solo uno studio per demo. L’hanno trasformata in uno spazio incredibile. I proprietari, Jeff e Pam, hanno superato loro stessi sia per la strumentazione che con l’ospitalità, si può soggiornare lì. Se le cose andranno bene, potremmo tornarci. Sarebbe la prima volta che lavoriamo nello stesso studio per registrare un disco (al di fuori di piccole sessioni di tracking a casa mia o di batteria alla DOghouse)”.

(J.D):  “Il Big Blue North è uno studio favoloso. L’ambientazione ha aggiunto al disco un’atmosfera old school molto cool. I proprietari sono stati molto gentili nel sopportarci durante il mese di lavorazioni. Abbiamo registrato in inverno a nord di New York, faceva un freddo gelido. Credo che un po’ di quella atmosfera sia entrata nel disco”.

Vista l’attitudine old school nella scrittura, nella scelta dei suoni, innamorata dell’analogico, autentica nella resa, qual è la tua posizione rispetto all’uso dei nuovi linguaggi tecnologici, a questa incombente intelligenza artificiale, cosa ne pensi? Quali scelte di produzione preferite fare quando registrate un disco?

(J.M.): “Il clamore non è reale. Con l’intelligenza artificiale le leggi sono chiare. Non si tratta di composizioni originali, quindi non si può mettere sotto copyright, non sono commercialmente valide. È un giocattolo. I produttori da camera, armati di autotune, non hanno migliorato l’industria. Ha intasato le tubature con materiale che non è pronto per essere diffuso al pubblico”.

(J. D.): “Credo che l’industria musicale avrà un problema enorme con l’IA e che le band falliranno più velocemente di quanto non abbiano fatto in passato. Forse i musicisti saranno ancora ingaggiati per suonare gli strumenti in modo che si senta un po’ di verità, ma questo accade a malapena ora… Prevedo sicuramente giorni bui. Stiamo cercando di portare avanti la fiaccola di fare i dischi come si faceva ai tempi dei classici, ma è sempre più difficile. Nella maggior parte delle nuove registrazioni ogni batteria suona allo stesso modo e ogni chitarra processata finisce per suonare uguale a tante altre. Non c’è davvero una personalità distinta. Vogliamo che i nostri dischi abbiano un carattere unico. Ecco perché paghiamo e investiamo per avere apparecchiature analogiche e belle sale di registrazione”.

Avete scelto di anticipare ‘Sounds Of The Forgotten’ con ben sei singoli. C’è una riflessione in questa scelta?

(J.D.): “Dal punto di vista commerciale, non ci piaceva il modello consolidato di pubblicazione dei singoli, in cui, ad esempio, solo tre canzoni vengono valorizzate e il resto dei brani dell’album rimane sconosciuto, da scoprire. Ogni canzone è stata creata e registrata con lo stesso livello di cura e dettaglio, quindi ogni brano merita di avere la sua giusta diffusione, e di essere pubblicizzato. Ci concentriamo maggiormente sul flusso che la tracklist crea nel disco. Per esempio, sapevamo che ‘They Will Let You Down’ sarebbe stato il brano di apertura e ‘What Have You Done’ quello di chiusura”.

(J.M.): “ È così, ogni canzone è un mondo a sé, crea un percorso. Nel paradigma dello streaming, se non pubblichiamo ogni canzone, si perde il senso”.

Dieci brani, ognuno con un sentimento profondo: They Will Let You Down” ha un’anima thrash, ha spirito seventies la ballata ‘When It Falls Away’. Ci sono molti colori nella tavolozza di Sound Of Forgotten. Come ha dichiarato Joseph: “L’album è una testimonianza di quanto il metal e il rock siano sacri per noi, addentrandosi in un linguaggio sfaccettato. Qual è il filo conduttore che vi ha guidato durante la stesura dei brani? Si sente l’angoscia, ma allo stesso tempo si accendono fuochi di speranza, come in “What Have You Done”.

(J.M.): “ Sì, questo disco ha sicuramente toccato un nervo scoperto per noi, sono riflessioni che ci toccano. ‘What Have You Done’ è piuttosto immediata nella sua essenza, pur essendo strutturalmente complessa. Si sfogano tutti i sentimenti, si sente brillare una luce”.

‘Sounds Of Forgotten’, potrebbe essere definito il vostro capolavoro dopo il debutto? Cosa vi ha entusiasmato di più di questo disco? A quali canzoni avete dedicato più energia? È simile a una catarsi, una crescita personale….

(J.M.): “Si, questo disco contiene le migliori canzoni che abbiamo mai scritto”.

(J. D.): “Brani come ‘Insidious’ sono nati da un flusso di coscienza. Per la sezione centrale e per l’assolo, ho dovuto dedicare molto tempo e cura per mettere a punto la parte neoclassica. Lo stesso vale per ‘Ceremony Of Fire’. ‘What Have You Done’ ha richiesto un tempo più lungo per essere composto dall’inizio alla fine. Ho avuto bisogno di una quantità considerevole di energie per trovare equilibrio, una direzione naturale. Mi piace il flow del disco, ci siamo confrontati animatamente a riguardo, perché vogliamo che gli ascoltatori sperimentino le canzoni in profondità”.

Grazie! Se volete lasciare un messaggio ai lettori di Loud and Proud…

(Joseph): “Proprio come piace a noi “Loud and Proud”. Grazie per l’ascolto e la lettura!”

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Line-up:
Joseph Michael – voce
Jake Dreyer – chitarra
Gerry Hirschfeld – tastiere
Anthony Crawford – basso
Marco Minnemann – batteria (in studio)
Chris Tsaganeas – batteria, percussioni

Discografia:
Nocturnes And Requiems (2017)
A Prelude To Sorrow (2018)
Vintage (ep, 2019)
Curse Of Autumn (2021)
Sounds Of The Forgotten (2024)

Silvia Mento

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La passione per la musica rock fin da bambina, in casa si suonavano sempre il piano, la chitarra, il violino e i vinili di Hendrix a tutto volume. Ho studiato e suonato la batteria, la chitarra, ma di talento non ne ho mai avuto. Meglio l’ascolto…Milanese di nascita, son cresciuta tra il Transex, Zabrinski Point e Mariposa. I primi concerti li ho visti negli anni 80 quando ancora avevo 14 anni, nella Milano del Virus, Palatenda, del Leoncavallo, del Bloom, del Sorpasso, del Rainbow... Mi hanno sempre accompagnata per mano Ronnie James Dio, Ozzy Osbourne, gli Iron Maiden, trascinata poi dall’adrenalina dell’heavy metal più puro della storia. Amo la NWOBHM, il thrash, l’hard rock. Sono una collezionista compulsiva di vinili, CD e t-shirt. Una vita trascorsa a far la crew agli Extrema fin da 'Tension At The Seams'. Lavoro per la Televisione e respiro grazie alla musica.

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