Più di 600 euro al mese: essere madre in Italia ha un costo insostenibile e il Paese non se lo può più permettere - la Repubblica

Economia

Più di 600 euro al mese: essere madre in Italia ha un costo insostenibile e il Paese non se lo può più permettere

Più di 600 euro al mese: essere madre in Italia ha un costo insostenibile e il Paese non se lo può più permettere

Una famiglia deve mettere in conto 140mila euro di spese dalla nascita alla maggiore età. Tra preoccupazioni finanziarie e ruolo di cura che pesa sulle spalle delle donne, ecco perché i nostri dati sull’occupazione femminile sono così disastrosi. Nannicini: “Servono congedi paritari e un ‘tempo di base’”

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Un sacrificio troppo alto per le donne che si trasforma in una rinuncia e così alimenta un costo che il Paese non si può permettere. A perderci, tutti.La mancata partecipazione delle madri al mercato del lavoro, perché su di loro ricade la maggior parte della cura dei figli, è un circolo vizioso inammissibile che ha il suo punto di caduta nella denatalità. Le evidenze di questa dinamica ormai abbondano. Solo pochi giorni fa Repubblica ha raccontato – con l’analisi di Save The Children – come una lavoratrice su cinque abbandoni il posto dopo esser diventata madre. Tre dimissioni volontarie su quattro depositate dopo l’arrivo in famiglia di un figlio sono firmate da donne.

Il gap di cura

“Ogni anno una donna dedica alla cura dei figli sessantaquattro giorni in più rispetto a un uomo”, spiega l’economista Tommaso Nannicini che ha appena pubblicato per i tipi Feltrinelli il lavoro Genitori alla pari con Alessandra Minello, curatrice del rapporto di Save the Children. “Gli studi ci confermano che l’80% delle disparità di genere sul mondo del lavoro, dalla sottoccupazione femminile al pay gap, è riconducibile alla scelta di avere un figlio. Discorso che non vale per la paternità”, aggiunge Nannicini.

Alcuni numeri parlano chiaro: nel 2023 il tasso di occupazione femminile italiano è 13 punti sotto la media Ue, il gap rispetto agli uomini sfiora i 18 punti, praticamente il doppio del Vecchio continente nel suo complesso. Eppure basta prendere l’ultima relazione annuale di Bankitalia per leggere che se il tasso di attività delle donne italiane “convergesse sull’attuale livello medio europeo, la riduzione della forza lavoro prospettata” al 2040 – cioè quella dinamica che terrorizza le imprese e anche il nostro sistema previdenziale per la mancata sostituzione dei lavoratori in uscita da nuove leve – “si dimezzerebbe”.

La maternità dimezza lo stipendio

A questo quadro di sistema si unisce il danno ‘personale’. Sempre via Nazionale calcola che a parità di età, competenze e reddito da lavoro iniziale, la retribuzione annua delle madri a quindici anni dalla nascita del primogenito è in media circa la metà di quella delle donne senza figli.

Gimme5, una realtà digitale che si occupa di gestione del denaro e risparmio per obiettivi, nota come le ragioni economiche siano un potente deterrente che porta a “rimandare o addirittura accantonare l’idea di diventare genitori”. Riprendendo via Nazionale sui dati del 2017-2020, Gimme5 calcola che mantenere un figlio pesa sulla media delle famiglie per 640 euro al mese, una cifra che – fino al raggiungimento della maggiore età dei pargoli - si traduce in oltre 138mila euro: il doppio della media Ocse.

Una media che ovviamente semplifica le differenze di possbilità e capactà di spesa dei nuclei, ma rende l’idea. Fater, l’azienda della Pampers, ha affidato ad Eumetra una ricerca su 3mila genitori dalla quale emerge che la metà delle donne fatica a conciliare la professione con la gestione dei figli, mentre il 37% degli uomini giudica lo stipendio insufficiente per far fronte al nuovo ingresso in famiglia. “Se ai costi elevati si aggiunge l’assenza di un sistema adeguato di welfare aziendale e asili nido, appare chiaro come il prezzo della maternità per molte sia insostenibile”, dice Gimme5. E qui si chiude il cerchio con il problema di sistema.

"Serve un tempo di base”

Le soluzioni? “Serve uno choc culturale, non basta una singola politica”, dice Nannicini. Che ha una ricetta: “Rendere paritari i congedi, sia obbligatori che facoltativi. La Spagna ha intrapreso questa direzione, e i risultati si vedono. Poi serve una rete di servizi integrati di supporto alla genitorialità; e un’organizzazione del lavoro che si svincoli lo stipendio dalle ore dedicate”. Fino ad arrivare a un “tempo di base”, una traslitterazione del “reddito di base” in cui “il sistema di welfare si fa carico di liberare il tempo delle persone, in particolare di chi per ruolo o professione non si può permettere di ritagliarsi ore da dedicare alla genitorialità, ma anche alla propria formazione personale”.

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