Trekking sostenibile anche in montagna: Andrea Pagliari, guida e naturalista, ci spiega perché è importante e come farlo | GoodTrekking

Trekking sostenibile anche in montagna: Andrea Pagliari, guida e naturalista, ci spiega perché è importante e come farlo

Giordano Di Fazio  | 17 Mag 2024
MilleMonti

Dal trekking in montagna alle passeggiate in città, negli ultimi anni si parla sempre più di turismo sostenibile al fine di proteggere la natura e sostenere le comunità locali.
Rispettare la cultura autoctona e interfacciarsi con l’ambiente in maniera più green sono i due pilastri su cui si fonda questo tipo di viaggio.
Abbiamo incontrato Andrea Pagliari, accompagnatore di Media Montagna e International Mountain Leader, nonché fondatore e Presidente dell’associazione MilleMonti, e l’abbiamo intervistato per farci raccontare perché è importante e come farlo.
Scopritelo con noi!

Come accompagnatore in montagna come ti poni sul tema della sostenibilità?

Il tema della sostenibilità è alquanto complesso perché viaggiare, in generale, comporta degli spostamenti. Partiamo dall’esempio di prendere un aereo, che non è sicuramente tra i mezzi più ecologici che ci sono sul pianeta, ma per spostarsi su grandi distanze al momento non c’è alternativa.
La soluzione più drastica sarebbe non viaggiare in attesa di futuri sviluppi del motore a idrogeno o altre innovazioni tecnologiche. Detto ciò sicuramente il tema della sostenibilità ambientale e comunque dell’impatto ambientale è un tema a me caro, e alle guide in generale, anche se ci possono essere diverse interpretazioni nella stessa cerchia di guide.

Come vive la sostenibilità chi vive il trekking in montagna come voi e quali sono le varie sfaccettature presenti?


Treno fra le montagne
Gli aspetti e le sfaccettature esistono in tutte le categorie e in tutte le società. C’è chi è più sensibile e chi meno sensibile o pur essendo sensibile adotta delle strategie che vanno nella direzione della sostenibilità. Il tema sostenibilità è sempre delicato perché a volte si rischia di banalizzare o di cadere nel greenwashing. E chi ha un comportamento da ecologismo di facciata arriva solo a parlare in termini verdi ma poi nei fatti fa poco. Quello che cerco di fare è di mettere in atto tutta una serie di accorgimenti e strategie per limitare il più possibile il nostro impatto sull’ambiente. Uno di questi è scegliere i mezzi pubblici o il treno, per esempio, al posto dell’aereo. Infatti nel nostro ultimo viaggio in Giappone, qualche mese fa, una volta là abbiamo utilizzato un sistema di trasporto pubblico molto efficiente e ci siamo mossi esclusivamente in treno.
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Non lasciare traccia
I comportamenti sostenibili possono andare dalla scelta dei mezzi di trasporto alla scelta delle strutture ricettive. Noi di Mille Monti solitamente viaggiamo in piccoli gruppi e riusciamo a selezionare anche piccole strutture che hanno un impatto minore e rispetto ai grandi alberghi. Ciò è importante, in un discorso più ampio, anche al fine di aiutare l’economia locale. Proprio quando andiamo in giro con piccoli gruppi, poniamo l’attenzione al fatto di “non lasciare traccia”. Questo non lasciare traccia va dal non allontanarsi dai sentieri tracciati, o anche semplicemente quando si fa una pausa a pranzo, non lasciare in giro resti di cibo. Ci impegniamo se i rifiuti non sono biodegradabili, a riportare tutto a casa, non lasciarli in giro e cercando, anzi impegnandosi, a non lasciare traccia del nostro passaggio.

Vivendo la montagna in maniera diretta, ma possiamo parlare anche di ambiente naturale in senso stretto, hai notato dei cambiamenti significativi?

Faccio trekking in montagna sin da ragazzo e mi è capitato, nel corso degli anni, di osservare i vari cambiamenti. Vi riporto un esempio clamoroso che vede il ritiro dei ghiacciai dell’arco alpino. Essendo bresciano conosco molto bene il ghiacciaio dell’Adamello, il più grande d’Italia. Rispetto a quando ero più giovane ci sono stati, anche visivamente, dei notevoli cambiamenti. Di certo il ritiro dei ghiacciai, ha comportato una serie di variazioni di sentiero e di approccio al ghiacciaio. Quello che è possibile vedere è che i ghiacciai non solo si ritirano, cioè sale il limite inferiore, ma si assottigliano contemporaneamente e in alta montagna questo fenomeno è più evidente.
Raggiungere alcuni rifugi o alcuni bivacchi a cui tempo fa si accedeva direttamente dal ghiacciaio, è diverso, adesso si trovano 20, 30 o 50 metri più in alto, proprio per quelle conseguenze di difficoltà di accesso o smottamenti.
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Ritiro del ghiacciaio
Vi riporto l’esempio del rifugio della Lobbia, che è stato costruito durante la prima guerra mondiale, una ex caserma a ridosso del ghiacciaio. Non ha più il supporto del ghiaccio che spinge contro i versanti della montagna, per cui la montagna tende a franare. Questo ha portato a intervenire con numerosi lavori di consolidamento per tenerlo stabile.
L’altro problema che il ritiro dei ghiacciai ha comportato è l’innalzamento del limite del bosco, per cui facendo più caldo le piante arrivano sempre più in alto e avanzano sempre di più. Ne consegue che dove un tempo c’era il ghiaccio, ritirandosi, di pari passo avanza la vegetazione, e in alta montagna si ha di certo maggiore evidenza di questo fenomeno.

Come ha inciso il riscaldamento globale sull’Adamello? Come è mutato il paesaggio nel trekking in montagna?

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Veduta dell’Adamello
Facendo sempre più caldo, la vegetazione si sposta sempre più verso l’alto e i ghiacci si riducono e creano tutta una serie di problematiche collaterali. Uno di questi è lo smottamento dei fianchi della montagna dove non sono più sorretti dal ghiaccio che si è fuso. Il ghiaccio infatti non si scioglie, si fonde, per cui quello che era all’interno delle rocce gli faceva da collante. Con il caldo si fonde e anche le montagne cadono a pezzi facilmente. Contemporaneamente questo riscaldamento globale porta anche dei cambiamenti a livello climatico, ma soprattutto il manifestarsi di eventi catastrofici. Di fatti sono aumentati gli eventi improvvisi ed estremi anche in montagna. L’aspetto meteorologico in sé, è molto importante e occorre tenere sempre più conto di questi eventi che possono essere di certo più intensi e improvvisi.

Quali sono i disagi del cambiamento climatico che ricadono su chi vive la montagna come un’economia?

Sicuramente il cambiamento climatico ha influenzato le attività di chi ha fatto della montagna un’economia.
Io vivo in Franciacorta e qui stanno cercando zone a quote maggiori in cui coltivare la vite, perché fa sempre più caldo, per cui ci sposta sempre più in alto. Ciò vale anche per i pascoli e le attività come l’allevamento in montagna, dove anche qui il caldo sta aumentando.
Un altro tema è legato alla gestione della sicurezza, perché questo aspetto sta diventando sempre meno trascurabile, quindi bisogna tenere assolutamente conto anche di eventi più estremi e più intensi.

A livello di enti che tutelano la montagna, secondo te l’attenzione che viene posta è abbastanza, oppure si sta sottovalutando il problema? E se per te si sta sottovalutando, dove interverresti?

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Insieme per la sostenibilità in natura
La questione è globale, travalica sia i confini nazionali che le varie politiche europee ed il problema è di difficile soluzione. A livello italiano e nazionale si può fare qualcosa. Essendo inseriti comunque in un’atmosfera globale è di certo l’Europa quella forse più sensibile, che guarda alle politiche per la riduzione del riscaldamento globale. L’obiettivo è però di difficile attuazione e questo lo vediamo tutti. E cosa fare? Dato che tante goccioline fanno il mare dobbiamo partire dal nostro piccolo. Se c’è un certo tipo di sensibilità diffusa, un certo tipo di azione diffusa, di conseguenza anche la politica ne dovrà tenere conto. Essendo questioni molto complesse, che coinvolgono anche le economie e i governi, in realtà bisognerebbe agire sia dal basso che dall’alto. Per cui, dall’alto si fa quel che si può, ma dal basso ognuno dovrebbe cominciare a esprimere la propria sensibilità, ma senza estremismi!

Tu pensi che chi debba tutelare la nostra montagna, la montagna italiana, stia ponendo l’attenzione giusta?

Penso di si. La tutela della nostra montagna avviene in vari modi: dall’istituzione dei parchi alla loro gestione, alle azioni a sostegno degli agricoltori, dell’ecosistema e di chi vuole continuare a vivere in vetta. In Italia la situazione è abbastanza diversificata tra regione e regione, e di certo ognuno agisce in base alle esigenze territoriali, per cui qualcuno fa un po’ di più, qualcuno fa un po’ di meno. La problematica maggiore è quella che riguarda non solo la montagna, ma l’ambiente naturale in generale. Tra questi uno dei problemi maggiori è, come dicevamo prima, il riscaldamento globale. Si può lavorare nel piccolo con le proprie scelte ma c’è bisogno che intervengano le istituzioni a livello nazionale e globale.

Secondo te quale potrebbe essere l’ABC di un trekking in montagna che sia sostenibile e come fare per non lasciare traccia?

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Raccomandazione per un trekking sostenibile senza lasciare traccia
Se ti basi sul fatto di non lasciare traccia, già fai moltissimo! Non lasciare un segno del tuo passaggio e approcciarti come ospite e non come padrone dell’ambiente è una delle linea guida fondamentali per il turismo sostenibile. Rispettare i luoghi e gli animali è importante. Anche quando andiamo in giro con i nostri fedeli amici a quattro zampe, tenendoli al guinzaglio, affinché non vadano in giro a disturbare gli altri animali, facciamo già tanto. Altri modi per contribuire sono riportare a casa tutti i rifiuti e alloggiare in strutture familiari. Questo contribuisce a incoraggiare anche l’economia locale per una questione di sostenibilità. Se acquistiamo cibo, prediligiamo quello locale, sarà di certo più saporito e gustoso. Riuscire a utilizzare i mezzi pubblici per qualche spostamento contribuisce molto alla sostenibilità: sono le piccole cose che sommandosi contribuiscono a fare la differenza su larga scala.

Qual è il livello di consapevolezza di turismo sostenibile di chi fa trekking e vive la montagna come professionista e come amatore?

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Consapevolezza per l’ambiente naturale
C’è sempre più interesse per l’ambiente naturale! Infatti quello che facciamo noi come lavoro è raccontare e cercare di decodificare l’ambiente naturale. Cerchiamo, quando andiamo in trekking, di insegnare a leggere un versante una montagna, di far notare una morena o una frana. Raccontiamo la storia che può esserci alle spalle, la geologia di un posto, le piante e gli alberi presenti, spiegando la botanica o gli animali che si trovano. Tutto è finalizzato alla conoscenza, perché sempre nel tema di sostenibilità ambientale, se conosci una cosa la apprezzi di più e quindi sei anche più invogliato a tutelarla e ad averne cura.
Quello che osserviamo da parte di chi ascolta è un grande interesse e partecipazione, il che porta a un livello di consapevolezza sempre maggiore!

Giordano Di Fazio
Giordano Di Fazio


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