‘RISULTATISTI’ O ‘GIOCHISTI’? NON E’ PIU’ TEMPO DI SFOGLIARE LA MARGHERITA – Frosinone Calcio Magazine
Il Frosinone dopo sei partite nelle quali aveva cambiato spartito, aprendosi un varco nella corsa-salvezza, con l'Inter ha scelto la strada del bel gioco che non ha pagato

‘RISULTATISTI’ O ‘GIOCHISTI’? NON E’ PIU’ TEMPO DI SFOGLIARE LA MARGHERITA

Si parte in direzione Monza per vincere la prima partita esterna della stagione, i conti si dovranno fare solo alla fine della partita che si giocherà in contemporanea con Udinese-Empoli
 In Il Punto

Essere o non essere, questo è il problema di shakespeariana memoria. Essere – nei 180’ che mancano alla chiusura del campionato – più ‘giochisti’ o ‘risultatisti’? Conta lo spettacolo o conta solo vincere? A due giornate dal gong, la classifica impone di andare al nocciolo del problema, di trovare la famosa sintesi: vincere senza badare ai ghirigori. Quindi da ‘risultatisti’, un gol e tanta attenzione. Incassare per la prima volta 3 punti fuori casa, a Monza, metterebbe nella unica condizione utile per cercare di tagliare il traguardo la settimana successiva con l’Udinese in casa, quando potrebbe bastare anche un pareggio con una serie di combinazioni. Un dato numerico a proposito di trasferte: fuori casa i giallazzurri hanno ottenuto 7 pareggi su 18 partite, 7 punti su 54 a disposizione, mettendo a segno 15 gol (su 43) e subendone 37 (su 68). Questo trend c’è la possibilità di cambiarlo solo con una vittoria, quella di domenica all’U-Powell Stadium di Monza. Perché il carro della serie A ti aspetta sempre. Della serie: aiutati che Dio ti aiuta se lo ami. Il Frosinone dopo 6 partite da ‘risultatista’ (5 pareggi importanti, un paio anche stretti, e 1 vittoria) venerdi scorso ha stranamente rispolverato dal cassetto lo spartito della squadra ‘giochista’, arrembante, che ha pensato a dare spettacolo. Che ha fatto un po’ più la cicala invece che la formica, come ci racconta la favola di Esopo. Perdipiù nella partita meno indicata dal… dottore. Sappiamo tutti com’è andata a finire. Per 45’ il Frosinone ha immaginato di fare l’Inter non avendo però qualità e cinismo che hanno reso grandi anche i giocatori non proprio di primissima fascia della banda-Inzaghi. E sono tornate a galla anche quelle ingenuità, sulle 5 reti dei neroazzurri, che Di Francesco aveva fatto sparire come d’incanto, riequilibrando le fasi dopo 11 sconfitte e 3 pareggi in 14 partite. Non bisogna sottovalutare che hanno pesato parecchio le assenze nell’undici iniziale di Romagnoli – un giocatore totalmente rivitalizzato nella difesa a tre – e di Barrenechea che nella posizione di play-schermo magari non cattura l’occhio ma dà tanta sostanza nell’ombra di un lavoro oscuro capace di abbinare qualità e quantità. Oltre a quella di Turati. L’infortunio di Mazzitelli alla fine del primo tempo (potrebbe essere problematico il suo recupero) probabilmente venerdi sera è stato il colpo di grazia sul proseguimento della gara. Però la sconfitta ci poteva stare ma non di quelle dimensioni. La dinamica dei 3 gol subìti in 7’ – e anche in occasione dei primi 2 qualcosa è saltato nel meccanismo difensivo – non può mai appartenere ad una squadra che deve salvarsi, che deve aggrapparsi con le unghie a tutti i palloni. Bisogna resettare. E Di Francesco nel post-gara è stato lucidissimo: “Credo dovremo lavorare sull’aspetto psicologico. (…) Dobbiamo ritrovare la solidità che ci ha contraddistinto nelle ultime gare. Ma non deve esserci il contraccolpo. Il primo obiettivo da domattina è quello di eliminare le scorie del risultato”. Ormai conta solo l’aspetto mentale e l’allenatore del Frosinone, dall’alto della sua esperienza, sa bene che con lo striscione del traguardo alla fine del rettilineo, vanno riordinate le forze e capire in poco tempo chi c’è per la volata e chi invece non può esserci. Romagnoli e Barrenechea sono pedine fondamentali, con Harroui si può tamponare l’assenza di Mazzitelli e poi la speranza sarebbe di rivedere anche Marchizza per il gran finale.

LE ALTRE – La parola d’ordine è: ingarbugliati fino alla fine. Al gong finale della 36.a giornata le certezze consolidate sono in ‘testacoda’, vale a dire lo scudetto all’Inter, la Champions per Milan, Bologna e Juventus e la retrocessione della Salernitana. La vittoria del Bologna a Napoli (0-2 sulle spoglie dei campioni d’Italia uscenti, devastati dal combinato disposto dei tre cambi di allenatore) e il pareggio col cuore in gola della Juventus in casa con la Salernitana (1-1 in rimonta, con Basic che fallisce la rete dell’1-2 a tempo scaduto) hanno avuto la benedizione per l’ingresso nell’Europa dei ‘grandi’ grazie al successo ottenuto dall’Atalanta ai danni della Roma (2-1). I giallorossi debbono ringraziare la mira sui generis dei vari Scamacca, Koopmeiners, De Katelaere & soci e le parate di Svilar se non sono rientrati nella Capitale con un passivo tennistico. Gasperini entusiasta, il popolo bergamasco alle stelle ma questa squadra ha perso il cinismo imboccando la strada della grande bellezza che nel calcio conta zero. La cartina di tornasole saranno le due finali, di Coppa Italia (mercoledi con la Juve e con il Bayer il 29 maggio in Europa League). A Torino e Bergamo intanto è continuata la sagra degli errori arbitrali, sostenuti dal Var: uscita coraggiosa di Szczesny sulle gambe di Ikwuemesi con tocco sanzionabile con il rigore sullo 0-1 e quindi penalty concesso alla Roma sul 2-0 inesistente perché Abraham calcia il pallone prima di infilare il piede tra le gambe di De Roon in scivolata. La Juventus con quel punto entra in Champions con un turno di anticipo mentre la Roma sfiora anche il pareggio che per la squadra di Gasperini avrebbe avuto il sapore della beffa. Manita del Milan ai danni del Cagliari (5-1) con i sardi che restano in partita fino al 2-1 per poi cedere di schianto. La squadra di Ranieri nelle ultime 5 partite ha ottenuto 3 punti e alla prossima riceve il Sassuolo. Dalla bagarre salvezza non si stacca l’Empoli che perde 2-0 in casa della Lazio il giorno dei 50° anniversario del primo scudetto biancoceleste. Tra ricordi e lacrime ci pensa Mandas a tenere chiusa la porta della squadra di Tudor nel primo e secondo tempo. Al crepuscolo del primo tempo la zampata di Patric (che aveva fatto gol al Frosinone all’andata), quindi la chiude Vecino dopo che Mandas era salito alla ribalta con tre-quattro parate sensazionali. La Lazio punta un posto in Europa League, sogna la Champions (la Roma è a -1 al 6° posto che darebbe diritto alla Champions solo in caso di vittoria dell’Atalanta a Dublino) e intanto ha in tasca la Conference.

Al ‘Ferraris’ va in onda lo psicodramma del Sassuolo: la squadra di Ballardini perde 2-1 col Genoa dopo essere andata in vantaggio. A sancire il ko un autogol di Kumbulla. Non va meglio al Verona che a 20’ dalla fine aveva la salvezza in mano con l’1-0 firmato da Swiderski, il Torino ribalta tutto con il primo gol tra i professionisti del baby albanese Savva e con l-2 di Pellegri. E alla prossima la formazione di Baroni viaggia a Salerno, dove i rapporti sono talmente deteriorati (da una finale promozione in Lega Pro) che la partita potrebbe essere oggetto di attenzione da parte dell’Osservatorio sui Pubblici spettacoli. Infine ieri sera il Lecce ha festeggiato la salvezza perdendo 2-0 in casa con l’Udinese dell’ex Gotti, riportando le chances salvezza nelle loro mani: alla squadra di Cannavaro basterà battere l’Empoli in casa (si giocherà in contemporanea con la partita di Monza ma dopo Sassuolo-Cagliari e prima di Salernitana-Verona) alla prossima per chiudere il discorso e poi preparare il viaggio a Frosinone. Una partita che i friulani hanno voluto vincere. Infine la Fiorentina, che sull’onda dell’entusiasmo per la trasferta ad Atene in finale di Conference League, batte il Monza 2-1. Brianzoli avanti con Djiurc (3 gol in 2 gare per lui), pari di Nico e gol di Arthur che si prende la corsia centrale come un Freccia Rossa e infila Di Gregorio. Viola ottavi, davanti al Napoli che ospiteranno venerdi sera. L’ultima è una curiosità: il Napoli che lo scorso anno ammazzò il campionato e la Lazio che si piazzò seconda, oggi sono rispettivamente nona e settima. Della serie: come non riuscire a ripartire dalle cose buone di una stagione.

Giovanni Lanzi

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