Rapina alla gioielleria Bracci, la vittima: «Ho pensato adesso mi ammazza»

Rapina alla gioielleria Bracci, la vittima: «Ho pensato adesso mi ammazza»

La rapina alla gioielleria Bracci
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Mercoledì 15 Maggio 2024, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 16 Maggio, 19:43

«Sono entrati a volto scoperto e con la pistola in pugno. Non riuscivo a ragionare, pensavo solo ora mi spara ed è finita». Dino Bracci, titolare dell’omonima gioielleria di Viterbo, racconta in aula la rapina subita il 14 marzo 2018. Imputati il boss di mafia viterbese Giuseppe Trovato, considerato il ricettatore e la mente del colpo e il ristoratore Antonio Loria con il ruolo di basista. Il 14 marzo 2018, poco dopo le 13, quattro malviventi hanno messo a segno il colpo portando via dal negozio di preziosi di via del Corso gioielli e denaro. Un colpo non perfettamente lineare. Per portarlo a termine i rapinatori hanno dovuto legare col nastro i commessi, spara e ferirsi. Tre dei 4 rapinatori hanno già avuto una condanna per il colpo. Si tratta di Ignazio Salone condannato in via definitiva a 8 anni e mezzo, di Stefan Grancea e della compagna. Per chiudere il cerchio sulla vicenda manca ancora il processo per mandante e basista, partito ieri davanti al collegio con la testimonianza della vittima e del luogotenente dei carabinieri che ha svolto le indagini. «Sono entrante quando stavamo chiudendo all’ora del pranzo - ha affermato la vittima - erano due uomini, ma uno solo aveva la pistola e si vedeva che era un tipo esperto. Ha legato col nastro i miei collaboratori. Io ho tentato di discuterci per arrivare nell’ufficio dove c’è il pulsante per dare l’allarme e dove tengo la mia pistola. Ho sparato sperando di intimorirli ma il rapinatore con la pistola è entrato nel piccolo ufficio con un ostaggio. Io mi sono gelato, ma ho sparato e l’ho colpito a una mano». 


A spiegare come gli investigatori, dopo aver incastrato gli esecutori materiali della rapina, siano arrivati a Giuseppe Trovato e Antonio Lorio, ci ha pensato il luogotenente. «A fare il nome del ristoratore - ha spiegato il testimone in aula - è stato Ignazio Salone il rapinatore con la pistola in mano». A ricondurre le indagini su Trovato invece sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo di Viterbo. Trovato in quel periodo era sotto “osservazione” e intercettato telefonicamente per l’operazione Erostrato.  Durante alcune conversazioni gli investigatori lo avrebbero sentito parlare in codice del colpo alla gioielleria Bracci. E incrociando le dichiarazioni di Salone e le conversazioni captate i carabinieri hanno messo insieme tutti i dettagli finendo di costruire quel puzzle complesso. 
Trovato, il mandante, avrebbe fornito alloggi e mezzi per scappare e poi avrebbe monetizzato i preziosi rubati. Loria invece sarebbe stato il basista, avrebbe istruito i malviventi indicando non solo come muoversi in città ma anche dove fosse la cassaforte e i cassetti da svuotare. E prima di fare il colpo, alle 13 qualche istante prima della chiusura proprio su consiglio di Loria, avrebbe offerto il pranzo nella sua pizzeria alle due coppie. Tutto perfetto, a parte il fatto, che i carabinieri ascoltavano ogni parola. «Mentre Salone era in carcere è stato intercettato durante un colloquio con i familiari - ha detto ancora il carabiniere - disse chiaramente: “quello scemo di Tonino (Loria) mi ha fatto fare la rapina”»
Antonio Loria risponde anche di spaccio per aver ceduto cocaina a molte persone tra cui un avvocato.

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