A sette anni dalla scomparsa, esce in libreria la raccolta poetica dell’amico Ivano Balduini, scrittore e sceneggiatore radiofonico e televisivo: Tutti i nomi dell’aria (Compagnia editoriale Aliberti). Ha la prefazione di Tullio Solenghi.

In casa editrice, nessuno sapeva che Ivano scrivesse poesie. Era stato autore e sceneggiatore di tanti programmi Rai e non solo, e quello era certamente il suo mondo. Abbiamo molto amato il suo romanzo ironico e malinconico Ti ho dato i miei anni migliori, pubblicato per i nostri tipi nel 2016, un anno prima della sua uscita di scena dalla vita, inaspettata e anticipata tanto da lasciarci sgomenti.

La scoperta delle poesie è arrivata post, qualche anno dopo: coerentemente, in fondo, con la ritrosia e il pudore della persona. Recuperate e curate dalla figlia Consuelo, le sue liriche sono state una sorpresa: ed è stato subito come riascoltare la voce dell’amico ritrovato.

“Che bella sorpresa Ivano queste tue poesie. Te lo dico al presente, perché i tuoi versi mi restituiscono un amico presente appunto, vivo, intenso”. Ha fatto questa impressione anche a Tullio Solenghi, che ha scritto la prefazione a questo libro così intimo, nel quale Ivano mescola l’alto e il basso, immagini che sembrano ispirarsi ai modi “alti” della poesia contemporanea (Il tuo nome è una fitta stasera) accanto a citazioni della poesia minima delle canzoni e canzonette da juke-box (Ragazza triste che mi uccidi con gli occhi). Ma sono anche altri i rimandi intertestuali: come ne Il viaggio, dove si sente una eco lontana, ma non troppo, dei versi icastici e on the road di un poeta della beat generation come Gary Snyder, ma che, riportata in ambito italiano e nostrano, può ricordare il Vittorio Sereni di Autostrada della Cisa.

“Ironico e pungente nelle tue ‘spruzzate alla Palazzeschi’ (Filastrocca tartagliata) con cui spesso scansi l’ovvio”, continua Solenghi, per poi ritrovare “l’Ivano erudito nello scomodare Prometeo, Pegaso, Narciso, i Druidi”, e poi “affettivo, commosso, afflitto, entusiasta, avvinto. […] In ogni frammento c’è l’amico complice di tanti percorsi comuni che ancora oggi mi consentono di interfacciarmi con te. Ma se per caso, da ovunque tu sia adesso, fosse difficile il contatto, a volte la linea non prende, c’è pur sempre Consuelo che con amorevole puntiglio ha fatto riemergere questi doni”.

Leggendo Ivano riconosco i nostri anni spaesati, la vita disillusa, sconfitta ma combattiva, sempre alla ricerca di un centro di gravità perma¬nente in grado di arginare il caos. Quello che era rimasto in sospeso nel romanzo, torna e si completa nei versi.

Al centro di tutto, o quasi, c’è l’amore. Ma anche l’eros in queste pagine viene declinato in maniera spiazzante e leggera: il gioco della seduzione può farsi ora minaccia di suicidio (ma innocua, bugiarda e birichina), ora pena struggente, in modi che ricordano certe atmosfere di Raboni. Tutti i “nomi dell’aria” corrispondono a dei volti nel vento che non smette mai di rincorrere. Alla fine restano quelli delle donne, dei familiari, dei fratelli, degli affetti, delle figlie amatissime. I volti degli amici. Resta l’amicizia, per la quale Ivano aveva un culto se non religioso, pressoché spirituale.

Tutto questo Balduini ce lo ha raccontato con ironia e profonda partecipazione insieme. Ha provato a mettere in fila tutti i nomi dell’aria, che è come cercare l’ordine impossibile nell’entropia delle cose umane. Ed è proprio questa continua ricerca che si trasforma in uno smisurato inno alla vita e all’amore. Manca e mancherà, Ivano. Ma certo leggendo e rileggendo queste poesie, ci sentiremo tutti meno soli.

***

In viaggio

Una lama tagliente
sul cuscino della notte.
Il pieno di benzina
e una scorta di caffè bollente.

Nomi alberi paesi e luci
improvvisi giganti che sfilano davanti.

Senza paura dei ricordi,
senza bisogno di una meta.

Una silenziosa fuga
infinita.

La partenza

Eternità d’un pomeriggio estivo
le risposte sospese a mezz’aria
fra scampoli di vita sedentaria
zitto zitto me ne sto in castigo.
(Chissà se all’Ariston stasera
danno di nuovo Vertigo?)

Dormo, non vedo gente, leggo poco.
Nessun gioco vale la candela
nessuna lamentela del demone
che mi possiede troppo a buon mercato.
La vecchia cicatrice mi fa male
cambierà il tempo, è confermato.

Eppure dai giorni intessuti d’avorio
il richiamo illusorio dell’orizzonte
sul nervo inerte della volontà
sulle frasi esperte che alleviamo
sull’estate che passerà, probabilmente.
Forse non succederà più niente.

Io farò quello che posso, alla fine.
La spia segna rosso
l’oleandro è padrone delle sere.

Ma dove sono andati, tutti quanti?
(Dato che è un sogno, i movimenti
sono di molto rallentati.)

Il tuo nome

Il tuo nome è una fitta, stasera.
E sto cedendo all’abitudine
di associarti all’idea del respiro.

Donna dell’ingratitudine
che calpesta l’Araba Fenice
e non dice, e non dice.

Donna che mi uccide l’anima.
Che si volta sempre
come Euridice.

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