Elezioni europee, tra riciclati, vecchie glorie e voltagabbana ecco la fiera dei candidati improbabili | L'Espresso

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Elezioni europee, tra riciclati, vecchie glorie e voltagabbana ecco la fiera dei candidati improbabili

di Sergio Rizzo   14 maggio 2024

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Le liste per Strasburgo sono piene di amici da piazzare e nomi acchiappavoti. Che con la politica europea hanno poco a che vedere

Troppo forte il richiamo della foresta. E Sergio Pirozzi non ha resistito. Alle elezioni europee ci sarà anche lui, nella lista “Libertà” dell’ex sindaco di Messina Cateno De Luca detto Scateno. Ci sarà, fianco a fianco con Laura Castelli, la ex grillina folgorata da Nord chiama Sud che da sottosegretaria all’Economia del governo Salvini-Di Maio apostrofò con uno sconcertante «Questo lo dice lei!» l’ex ministro Pier Carlo Padoan, intento a spiegare a Porta a Porta la sciagura dell’aumento dello spread. Il che, per incubo, non le precluse addirittura la promozione a viceministra nel successivo governo sostenuto dal partito del medesimo Padoan. 

 

Ci sarà, l’ex sindaco An di Amatrice che aveva spiccato il volo per il Consiglio regionale del Lazio dalla cittadina devastata nel 2016 dal terremoto, accanto pure a Ismaele La Vardera. Uno che prima di fare politica faceva la “Iena” e inseguì col microfono spianato il consigliere regionale siciliano Edmondo Tamajo, sfiorato anni fa da un’inchiesta su un presunto voto di scambio, beccandosi una querela. E che ora, per ironia della sorte, se lo troverà contro alle elezioni nella circoscrizione Isole con Forza Italia. In un confronto magari impari, visto che il suo avversario Tamajo ha la possibilità di presentarsi con ben sei nomi diversi sulla scheda. Edmondo Tamajo, detto Tamaio, o detto Di Maio o detto Edi, o detto Eddy, ma anche detto Edy. Per la gioia degli scrutatori, visto che nella stessa circoscrizione c’è un altro candidato che si può chiamare Edy. Cioè Edgardo Bandiera, detto Edy, anch’egli in lista con Cateno De Luca. 

 

Ci sarà, Pirozzi, assieme anche a Sergio De Caprio detto Capitano Ultimo, che se non è la risposta di Scateno alla mossa di Matteo Salvini con la surreale candidatura del generale Roberto Vannacci detto Generale, poco ci manca. E assieme a Sara Cunial, ex grillina espulsa dal M5s, no vax, no green pass e no 5G accolta da Scateno a  braccia aperte. Ma questo non è che l’antipasto del delirio preparato dai partiti per il 9 giugno.

 

Le Europee sono il più grande spettacolo che la politica italiana mette in scena ogni cinque anni. E dunque come ogni spettacolo è pura finzione. Prova ne sia il fatto che i suoi protagonisti principali chiedono il voto agli elettori per un seggio che non occuperanno mai. Per il resto, valgono due regole auree: prima sistemare gli amici, e poi qualche nome a effetto perché tutto fa brodo.

 

Dal 1979 questa tecnica di presentare liste elettorali in modalità «marmellata tenuta insieme con l’elastico», per usare la geniale metafora di Rino Formica, non soltanto ha depresso la qualità e la reputazione della nutrita pattuglia italiana al Parlamento europeo, alla faccia della crescita di potere e responsabilità di quell’assemblea. Ma ha soprattutto contribuito ad allontanare ancora di più gli elettori dalle urne. Nel 1979 l’affluenza è dell’85,5 per cento, e il Parlamento europeo è appena simbolico. Vent’anni dopo, nel 1999, comincia ad avere qualche potere: l’affluenza però scende sotto il 70 per cento. Vent’anni dopo ancora, nel 2019, il peso dell’Europarlamento e le sue competenze reali sono ben più rilevanti: ma non è andato a votare che il 54,5 per cento degli italiani maggiorenni.

 

Non che questo giro non riservi qualche sorpresa. Come la possibilità offerta a chi vota di scegliere per il candidato il nome che più gli piace. La moda lanciata decenni fa da Giacinto Pannella detto Marco, dopo l’esortazione della premier Giorgia Meloni a scrivere sulla scheda soltanto Giorgia, ha letteralmente spopolato. Di Tizi detti Caio nelle liste se ne contano una sessantina.

 

Per il resto, niente di nuovo sotto il sole. E non è certo il segnale che la nostra politica si sia finalmente decisa a prendere sul serio le elezioni europee. Ecco allora l’inevitabile sfilata di vecchie glorie, alcune riemerse da un polveroso passato. Tipo l’ex potentissimo factotum dei Lavori pubblici di Forza Italia, Luigi Grillo. Uscito dal Parlamento 11 anni fa, torna in pista con il suo vecchio partito alla tenera età di anni 81 ben portati: destinazione Strasburgo. O Letizia Moratti, detta Letizia, in lista sempre con Forza Italia. Oppure Alessandrina Lonardo detta Sandra, consorte di Clemente Mastella. Bocciata alle Politiche del settembre 2022 dove correva con il partito Noi di Centro, il terzo o il quarto ormai fondato dal marito, ora è nella lista Stati Uniti d’Europa di Emma Bonino e Matteo Renzi. Che accoglie anche l’ex ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, rimasta senza il seggio del Senato al pari di detta Sandra.

 

Ma riecco anche l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, sparito dai radar otto anni fa dopo che il suo partito, il Pd, l’aveva fatto fuori andando dal notaio. Adesso prova a riconquistare un posto con Alleanza Verdi e Sinistra assieme a Domenico Lucano detto Mimmo, in missione per togliere Ilaria Salis dalle grinfie di Viktor Orbán. Li spalleggia in lista Leoluca Orlando, che va per i 77 (anche lui ben portati) e la ha fatte davvero tutte: compreso il sindaco di Palermo per tre volte nell’arco di 37 anni.

 

Perché sono in tanti a non volersi rassegnare che la stagione del seggio a ogni costo è al tramonto. Come Pirozzi, un bel giorno del 2020 anche Alessandra Mussolini dice di voler gettare la spugna. Ormai è sulla breccia dal 1992 ed è stata in politica per metà della vita. Si dedicherà allo spettacolo, che poi sarebbe il suo primo amore. Anche perché alle elezioni europee del 2019 le è andata male: prima dei non eletti. Ma quando Antonio Tajani lascia libero il seggio di Strasburgo, il richiamo della foresta diventa irresistibile. E Alessandra Mussolini ne prende volentieri il posto. Adesso si ricandida con Forza Italia.

 

Per la serie “Chi si rivede” spunta Mario Abbruzzese. Nel 2012 è il presidente forzista del Consiglio regionale del Lazio. Ma, quando scoppia lo scandalo dei fondi dei partiti usati per scopi personali dai consiglieri, la presidente della Regione Renata Polverini si dimette e il Consiglio viene sciolto. Dalla rampa di lancio Abbruzzese si ritrova così nel sottoscala della politica. Il tempo però sana ogni dolore e una decina d’anni dopo c’è Matteo Salvini a offrirgli l’occasione del riscatto. Candidato alle Europee nella circoscrizione Italia centrale. Dove, per la legge del contrappasso, si troverà a contendere i voti proprio a Renata Polverini, in lista con Forza Italia. Una lista nella quale si trovano anche parentele illustri. Per esempio Jacopo Ferri, figlio dell’ex ministro dei 110 all’ora Enrico Ferri nonché fratello dell’ex sottosegretario e deputato renziano Cosimo Ferri. Per esempio, Maria Chiara Fazio detta Chiara Fazio. La figlia dell’ex governatore della Banca d’Italia ai tempi delle scalate bancarie dei «furbetti del quartierino» tenta la strada del Parlamento nazionale alle Politiche del 2022, senza fortuna, Intanto viene risarcita (per ora) con un posto nel consiglio di amministrazione dell’Acquirente Unico (settore energetico). Poi si vedrà.

 

Né ci potevano risparmiare la consueta quadrata legione di giornalisti. Andiamo da Michele Santoro con la lista su misura Pace Terra Dignità, al suo ex inviato di punta Sandro Ruotolo, candidato dal Pd con Lucia Annunziata, al direttore del giornale online la Notizia Gaetano Pedullà candidato dal Movimento Cinque Stelle, fino all’ex direttore dell’Avvenire Marco Tarquinio, in lista con il partito di Elly Schlein. Non manca proprio nessuno: solo non si vedono i due leocorni, come dice una canzone per bambini.

 

A dire la verità, però, qualcosa manca. La cosa più importante: i programmi dei partiti. Per caso qualcuno ne ha sentito parlare?