Il lunedì del cinema: Scompartimento n.6, un film che ti prende e che non vorresti lasciare più - MYmovies.it
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Il lunedì del cinema: Scompartimento n.6, un film che ti prende e che non vorresti lasciare più

Per il terzo appuntamento del lunedì del cinema, Repubblica con Bim Distribuzione presentano il film di Juho Kuosmanen, Grand Prix speciale della giuria a Cannes. Un film che coinvolge, minuto dopo minuto. E si arriva alla fine che vorresti vedere ancora, vorresti stare ancora con le due anime protagoniste. Su MYmovies ONE da vedere insieme lunedì 13 maggio dalle 20:00 a mezzanotte. PRENOTA UN POSTO GRATIS » 
di Giovanni Bogani

domenica 12 maggio 2024 - Evento

Lunedì 13 maggio continua l'iniziativa Il lunedì del cinema a cura di Repubblica e MYmovies per il cinema di qualità in streaming. Una sala cinematografica virtuale pronta ad accogliere gli iscritti di MYmovies con una selezione ricercata di titoli da vedere (o rivedere) rigorosamente insieme dalle 20:00 a mezzanotte.

Grandi storie di vita e racconti d'attualità, per chi ama l'intrattenimento, il grande spettacolo e il confronto dopo la visione.

Per il terzo appuntamento di lunedì 13 maggio, Repubblica con Bim Distribuzione presentano Scompartimento n.6 (prenota un posto gratis), il film di Juho Kuosmanen che ha vinto a Cannes il Grand Prix speciale della giuria, e che ha fatto vincere alla protagonista Seidi Haarla lo Shooting Stars Award a Berlino. Un film che ti prende, minuto dopo minuto, dove ogni secondo fa cogliere gli slittamenti progressivi dei protagonisti e del loro titubante avvicinamento. E si arriva alla fine che vorresti vedere ancora, vorresti stare ancora con loro, con quelle due anime infreddolite.

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Due attori sconosciuti, uno scompartimento disadorno d’un treno in mezzo alla neve. Fuori dal finestrino, tempesta e buio. Dentro, due estranei: un ragazzo con la testa rasata fuma, beve e sembra un animale selvatico. E una ragazza, in quel treno di notte, negli anni ’90, fra Mosca e la fine del mondo. Beh, sembra poco per delineare un film interessante: non sono neanche così belli, quei due. Non è mica come in un film di Hitchcock, dove lei è bionda e fatale, e lui è Cary Grant. E non è neanche Dalla Russia con amore, quel treno di notte pieno di spie, dove Sean Connery uccide in giacca e cravatta, si aggiusta e torna dalla sua Bond girl. No, qui sono due anime stropicciate, perse in uno scompartimento di treno dove ti sembra di sentire il freddo alle finestre e il caldo malsano, febbricitante, di un accidentato riscaldamento, mentre il treno s’infila nella neve e nel buio.

E invece no. Il film ti coinvolge. Anche se quello scompartimento, all’inizio, è così lugubre, anche se somiglia alla cella d’un carcere di massima sicurezza più che ai wagon-lits del cinema classico. Piano piano si accende la luce fioca, poi sempre più forte di una storia.

Ci sono poche parole, e si capisce tutto. Fin dall’inizio: una cena di intellettuali, a Mosca. Una ragazza esce dal bagno, è imbarazzata, non conosce nessuno. Partecipa a una conversazione colta, c’è una citazione da indovinare. La guardano. Lei butta lì: “Anna Achmatòva?”. No, è di Marilyn Monroe. E ha pure pronunciato male il nome. Si dice “Achmàtova”, puntualizza uno dei ragazzi alla festa. Basta poco, basta niente, per sentirsi ai margini di tutto.

La ragazza – Seidi Haarla – è finlandese, è impacciata con il russo, con i gesti, anche con il proprio corpo. Ha una storia con l’animatrice di quel salotto intellettuale: dovevano partire insieme, l’indomani, per una città sperduta, Murmansk, sopra il circolo polare artico, una delle città più a nord del mondo. Ma all’ultimo momento scopre di dover andare da sola: la sua compagna deve lavorare. E si ritrova su quel treno, di fronte a uno sconosciuto che beve alcol di pessima qualità, mangia sguaiato una salsiccia. E le chiede, senza troppi complimenti: “Che fai in questo treno? Vendi la f…?”.

Non il migliore degli inizi. Nel vagone, vuoto come l’interno di un missile, c’è solo la cuccettista, dall’atteggiamento vagamente ostile, alla quale chiedere, al massimo, una bustina di tè.

Beh? Allora, perché è da vedere questo film? Perché ogni secondo fa cogliere gli slittamenti progressivi delle loro orbite. Fa percepire ogni millimetro del loro titubante avvicinamento. Perché fa capire tutto, e non usa le parole. Perché ti affezioni anche a quel treno, che si ferma per ore intere, come un animale stanco. Perché lei telefona alla donna a Mosca, ha voglia di tornare. Ma capisce che non ha niente e nessuno a cui tornare.
 


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In foto una scena del film, premiato con il Grand Prix speciale della giuria al Festival di Cannes.

A una fermata, in una città lugubre che si chiama Petrozavodsk, entriamo in casa di una vecchia donna. Stanno lì, a bere alcol cattivo, e la donna dice alla ragazza: “Per essere felice, devi seguire l’animale che è in te, devi dargli retta”. Anche il film sembra seguire il suo animale, l’istinto, più che i punti obbligati di un copione. Si aggrappa alle sigarette, agli sguardi. La neve, le rotaie, le luci nel buio di case intraviste da un treno.

Succede poco. Eppure, man mano che il film si avvicina alla fine, vorresti vedere ancora, vorresti stare ancora con loro, con quelle due anime infreddolite. Due persone entrambe fuori posto, che vanno in un posto che più fuori posto non ce n’è. Murmansk, media termica annuale zero gradi, punte di -39°, storie di eroismo durante la Seconda guerra mondiale, e da qualche parte i petroglifi. Incisioni preistoriche su pietra. La ragazza avrebbe dovuto vederle insieme all’altra, alla donna dei salotti. Ma ora, da sola, sembra non avere più senso. E il film ci dice proprio questo: come la vita possa perdere di senso, improvvisamente. E come, altrettanto miracolosamente, possa riacquistarlo. Perché siamo animali strani, ci abbeveriamo al caso, e quell’acqua è sorprendentemente buona.

Non sorprende, alla fine, che Scompartimento n.6 abbia vinto a Cannes il Grand Prix speciale della giuria, e abbia fatto vincere alla protagonista Seidi Haarla lo Shooting Stars Award a Berlino. Guardatelo, e se possibile in originale, con i sottotitoli. Tanto, parlano pochissimo.


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