Eleonora Vallone: «Ho avuto 7 vite e non rimpiango nulla, l’unico sbaglio è stato dire “no” al film con Delon» La Nuova Sardegna

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L’intervista

Eleonora Vallone: «Ho avuto 7 vite e non rimpiango nulla, l’unico sbaglio è stato dire “no” al film con Delon»

di Alessandro Pirina
Eleonora Vallone: «Ho avuto 7 vite e non rimpiango nulla, l’unico sbaglio è stato dire “no” al film con Delon»

L’attrice e sportiva parla anche del suo grande amore per la Sardegna: «L’isola è stata come una rinascita, oggi ci sono troppe moto d’acqua»

17 maggio 2024
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Nel libro racconta le sue sette vite, ma sfogliando la sua lunga biografia viene fuori che in realtà sono molte di più. Perché Eleonora Vallone, figlia di Raf, uno dei grandi divi del cinema italiano, è stata attrice, artista, sportiva, giornalista, presentatrice, imprenditrice, stilista, figlia, moglie, madre. E soprattutto una donna libera, come emerge dalle pagine di “Quante vite per una? Le mie sette vite”, edito da Castelvecchi.

Sette vite in una. Partiamo dalla prima. Che bambina era?

«Sono sempre stata curiosa, un po’ come Alice nel paese delle meraviglie. E ancora oggi sono così. Ho avuto un’infanzia meravigliosa con mio padre e mia madre (l’attrice Elena Varzi, ndr). Piena di profumi, meraviglia, stupori, e di albe. Mio padre ci svegliava all’alba per passeggiate incredibili. Uscivamo che c’erano ancora le stelle. In tutti i posti del mondo la stessa cosa».

Anche suo padre fu un uomo dalle tante vite: partigiano, calciatore, giornalista, divo del cinema. Com’era Raf Vallone?

«Era molto esigente, severo. Ci insegnava l’arte e la storia portandoci nei luoghi in cui gli eventi erano avvenuti. Ci faceva recitare le poesie, la consecutio temporum, le addizioni. E poi le gare di corsa. La cosa che mi porto dietro è quel binomio tra anima e corpo: non puoi allenare uno senza allenare l’altro».

A casa sua era un via vai di personalità: da Oriana Fallaci a Charlie Chaplin, da Giulio Andreotti a Brigitte Bardot.

«Ero molto piccola. Ricordo Curzio Malaparte. Si sforzava a parlare con me, avrò avuto due anni e usava dei monosillabi. Io pensavo: “guarda, questo scemo”. E poi Marlene Dietrich: bella, distinta, altera».

Da ragazza era innamorata di Gigi Riva.

«Lo ero come tutta Italia. Lo ho conosciuto: era una persona sicura di sé, bella, timida. Questa cosa mi piaceva da morire».

A 17 anni il matrimonio. Cosa prova quando ripensa a quella scelta fatta così giovane?

«Nella mia vita avrò fatto molti sbagli, ma non mi pento di niente. In quel momento ero pazza d’amore, quell’esplosione che si ha 15-16 anni. Mio padre mi impediva di vedere questo ragazzo. Io ero passionale, romantica. Non ero incinta, ma solo innamorata. Mio padre non venne al matrimonio, mi rilasciò solo il permesso».

Per quel matrimonio rinunciò ad Alain Delon.

«È l’unica cosa che mi dispiace. Avevo fatto il provino per “La prima notte di quiete”, era andato bene ma mio marito non voleva. Mi disse: “devi fare come tua madre e lasciare il cinema per amore”. Così feci, ma questa cosa mi è rimasta in gola».

Un’altra volta saltò un film con Delon, ma quella volta la colpa era di Marlon Brando...

«La vita è così. Ho avuto occasioni d’oro, ma il destino ha deciso in altro modo. Non sono una persona che soffre per non avere raggiunto la fama».

La seconda vita: moglie, mamma e pittrice. Come nasce la sua passione per l’arte?

«Mio padre mi portava in tutti i musei del mondo. L’arte visiva mi stordiva, mi dava emozione. Volevo fare l’artistico, ma mio padre mi obbligò a iscrivermi al classico. Da sposata mi sentii finalmente libera di prendere lezioni di pittura».

Le pesava essere figlia di...?

«Nella mia vita ho avuto due ostacoli: non riuscivo a esprimermi come donna perché ero una figlia d’arte, lo vivevo come una colpa, e perché ero bella. Ai tempi andava così».

Terza vita: il debutto al cinema con Franco Nero.

«Era tutto in inglese, era diretto da Alberto Bevilacqua, severissimo, ma mi diceva: tu devi fare l’attrice».

A New York il provino con Woody Allen per “Manhattan”.

«Il ruolo era già stato assegnato, mi fece sedere vicino a lui: “Così ti diverti”, mi disse. E in effetti mi fece morire dal ridere».

A Roma con Federico Fellini per “La città delle donne”.

«Mi volle incontrare, ma era come se mi conoscesse da sempre. Aveva capito la mia difficoltà a esprimermi. “Sei così dolce, femminile: non vai bene per questo film”. Forse era una battuta, ma vedendo il film mi sono convinta che lo pensasse davvero».

Nel 1981 affiancò Claudio Cecchetto a Sanremo.

«Fu scioccante, perché non mi fecero fare le prove. Fui mandata allo sbaraglio, ma alla fine me la cavai».

Negli anni Ottanta scoprì la Costa: che Sardegna era?

«Una Sardegna che uno vorrebbe vivere per tutta la vita. Stavo tutto il giorno al mare e la notte a ballare. Gli altri restavano in barca a bere champagne, io facevo nuotate, arrivavo negli isolotti e mi nutrivo di ricci di mare e fichi d’india. Ero più felice così».

Silvio Berlusconi la voleva a Canale 5 ma un incidente le stroncò la carriera televisiva prima che iniziasse.

«Mi vide in un musical e mi disse: ti voglio in un mio show. Firmammo un pre contratto e mi diede appuntamento per quello vero al 25 novembre 1984. Il 24 ebbi un incidente che mi cambiò la vita: restai 15 giorni in coma e tutto sfumò».

Nella quarta vita la scoperta del mare: può essere considerata l’inventrice dell’AcquaGym?

«Sì, quando l’ho ideata non esisteva. In America mi avrebbero portata in trionfo, ma siamo in Italia. Anche al Coni avevo la colpa di essere figlia di...».

Nella quinta vita il cinema non c’è più: rimpianti?

«C’è il rimpianto di non avere fatto bei film allora, ora è un po’ decaduto. Oggi il cinema non mi piace, troppi compromessi, ma credo lo farei bene. Gli anni mi danno più sicurezza».

La sesta vita è all’insegna dell’acqua, ha anche ideato un festival cinematografico.

«Ho fuso il cinema con l’acqua, in tal modo si esaltano l’uno con l’altra. L’acqua può essere poesia, thriller, dominazione. Adesso a Roma faremo l’ottava edizione».

La settima vita, post pandemia, riparte dalla Sardegna.

«Io vedo la Sardegna come una rinascita. Io amo tutti i posti in cui sono già stata, ma la Sardegna mi evoca qualcosa di ancestrale, pulito, magico, indifeso. Anche se vederla come l’ho vista nella settima vita, con tutte quelle moto d’acqua, mi ha fatto impressione...».

Cosa vede le prossime vite?

«Lo vorrei scoprire anche io. Sono molto curiosa, sono una grande creatrice e sogno di portare il mio festival in tournée, magari proprio in Sardegna».

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