Julian Assange: la sentenza sulla richiesta di estradizione degli Usa
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Vittoria per Julian Assange: può fare appello contro l’estradizione negli Usa

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Credit: AGF

Julian Assange può presentare fare nuovamente appello contro la richiesta di estradizione negli Stati Uniti. Lo ha stabilito l’Alta Corte di Londra oggi, lunedì, 20 maggio, pronunciandosi sul ricorso presentato dal giornalista e co-fondatore di WikiLeaks contro la contestata procedura di estradizione negli Stati Uniti, dove è accusato di cospirazione per aver diffuso circa 700mila documenti riservati che trattavano anche di crimini di guerra commessi dagli Usa in Iraq e Afghanistan.

Il verdetto era originariamente atteso per lo scorso 26 marzo, ma in quell’occasione l’Alta Corte di Londra aveva rinviato la sentenza concedendo circa due mesi tempo alle autorità di Washington per fornire garanzie preventive sul trattamento che sarebbe stato riservato ad Assange.

In particolare, i giudici pretendevano rassicurazioni sul fatto che al giornalista sarebbe stato applicato il primo emendamento della Costituzione americana sulla libertà di parola; che la sua nazionalità australiana non sarebbe stata usata contro di lui nel processo; che in caso di condanna sarebbe stata comunque evitata la pena di morte.

La decisione presa oggi dall’Alta Corte di Londra significa che Assange sarà in grado di contestare le assicurazioni fornite dagli Stati Uniti su come verrà condotto il processo a suo carico.

Gli avvocati di Assange sostengono che il loro assistito – che sembra sia molto malato – rischia fino a 175 anni di carcere, ma secondo il Governo statunitense è più probabile una condanna tra i 4 e i 6 anni.

Il co-fondatore di Wikileaks, 53 anni, si trova nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito, dall’aprile 2019 e in precedenza ha trascorso sette anni in regime di asilo politico presso l’Ambasciata dell’Ecuador a Londra.

Le sue traversie con la giustizia britannica risalgono a più di dieci anni fa, quando l’attivista era ricercato dalle autorità della Svezia per due accuse di stupro, che in seguito saranno stato archiviate.

Nel 2012 la Corte Suprema del Regno Unito aveva dato il via libera all’estradizione di Assange in Svezia, ma il giornalista riuscì a scampare alla cattura ottenendo asilo politico presso l’Ambasciata ecuadoregna. Secondo Assange, le accuse mosse contro di lui da Stoccolma erano solo un pretesto per favorire la sua successiva estradizione negli Stati Uniti.

Nell’aprile 2019, tuttavia, il nuovo presidente ecuadoregno, Lenin Moreno, gli ordinò di lasciare l’Ambasciata a causa del suo “comportamento scortese e aggressivo”. Assange fu così arrestato dalle autorità britanniche per le accuse di stupro provenienti dalla Svezia. Pochi mesi dopo, a novembre di quello stesso anno, i giudici scandinavi archiviarono il caso, ma il giornalista rimase in carcere per la sopraggiunta la richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti.

Nel 2021 l’Alta Corte britannica aveva dato il via libera alla richiesta degli Usa, decisione confermata l’anno seguente dalla Corte Suprema. L’allora ministro dell’Interno di Londra, Priti Patel, aveva disposto l’ordine di estradizione, ma Assange aveva fatto ricorso chiedendo la revisione del verdetto del 2021. Nel 2022 il fondatore di Wikileaks si era anche rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma i giudici comunitari avevano respinto la sua istanza.

LEGGI ANCHE: “Il destino di Julian Assange riguarda la democrazia, l’Europa e tutti noi”: a TPI parla la moglie

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