Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha parlato della direttiva europea sulle case green, approvata lo scorso 12 aprile dal Consiglio Ecofin, come di «una direttiva bellissima», ma poi ha anche chiesto: «Chi paga?». E questa domanda è stata sufficiente per il voto contrario Di Meloni e Orban. In realtà è facile rispondere a Giorgetti: pagano e pagheranno le future generazioni su cui incombe il serissimo rischio di doversi adattare ad un clima invivibile. Oggi dovrebbe invece pagare una finanza intelligente, pubblica e privata, una finanza a impatto capace di misurare le esternalità positive e di lungo termine perché consapevole che la Casa, quella di tutti, sta bruciando ed è già dentro al disastro climatico.
La transizione green è imprescindibile. E prima ne prendiamo atto meglio è per tutti. Il fatto che in Italia e in Europa nella destra politica sia suonata la carica contro il Green deal e la leadership europea in materia di sostenibilità lascia sconcertati ma non stupiti. In Italia poi è incomprensibile; come se potessimo dimenticare e cancellare le recenti conseguenze catastrofiche di disastri già dovuti in gran parte al cambiamento climatico. Risulta chiaro che la scelta globale è adesso o mai più. Questo tema sarà uno degli spartiacque della prossima legislatura europea. La leadership social Green europea non può fondarsi solo su un’armatura imponente di nuove regole, obbiettivi e compliance stringenti. Oltre al bastone è necessaria la carota; un ciclo imponente di investimenti comuni. Ma non di qualunque investimento. Di investimenti a impatto (ambientale e sociale) addizionali e misurabili. Mario Draghi li ha calcolati in oltre 500 miliardi di euro.
Guai a tornare indietro, o a caricare di una veemenza ideologica ( spesso negazionista) la serissima e pragmatica sfida della transizione social green. Non ce lo possiamo permettere sostiene Giorgetti? No, noi ce lo dobbiamo poter permettere con intelligenza, gradualità e innovazione tecnologica. Suggerisco a questo proposito la lettura di Gaia Vince, vincitrice del Royal Society Science Book Prize, che nel suo libro “Il secolo nomade. Come sopravvivere al disastro climatico” descrive come dovremmo pianificare e gestire la migrazione climatica (soluzione e non problema dei nostri tempi) mentre affrontiamo – con i mezzi offerti dalla tecnologia e con la collaborazione di tutti, Cina compresa – il grande problema di riportare il pianeta a uno stato pienamente abitabile.
Il punto di svolta lo abbiamo già raggiunto e quella che abbiamo davanti è una sfida alla quale nessuno può sottrarsi. Men che meno l’Europa. Non può essere ridotta a una questione di soldi. Dunque tornando alla direttiva sulle case green, passata malgrado il voto contrario di Meloni e Orban, se è vero che la Commissione Ue ha stimato in 275 miliardi gli investimenti annuali necessari per la ristrutturazione degli edifici entro il 2030, i governi nazionali avranno un’ampia discrezionalità per raggiungere gli obiettivi: riduzione del 16% del consumo di energia dell’intero patrimonio edilizio entro il 2030, del 20-22% entro il 2035, per arrivare a emissioni zero nel 2050.
Le risorse, con un po’ meno di pigrizia “business as usual” e un po’ più di innovazione finanziaria e di ingegnerizzazione di partnership tra pubblico e privato, si possono trovare. Qualche suggerimento è già arrivato e da più parti. La stessa Banca d’Italia ha proposto un ventaglio di strumenti diversificati che dosi in modo equilibrato detrazioni, crediti d’imposta, forme di sussidio diretto e sostegno all’accesso al credito. Inoltre l’Italia, con la revisione del Pnrr e il Repower Eu, avrebbe potuto destinare parte delle risorse all’efficientamento energetico. Fino al 2027 l’Italia avrà a disposizione più di 78 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti anche i Fondi di coesione (quasi 80 miliardi sino al 2027) e il fondo sociale per il clima (65 miliardi europei per i Piani nazionali di ristrutturazione degli edifici) e ci sono i finanziamenti della Bei, che ha annunciato che investirà 45 miliardi aggiuntivi da qui al 2027.
Ciò che serve è l’abilità a programmare, a spendere e a valutare gli impatti della spesa. E allora, sarebbe il caso di cominciare a progettare, smettere di piangersi addosso e rimandare a domani quel che si poteva fare ieri. La direttiva sulle case green indica la strada. E non è solo “una direttiva bellissima”. È una direttiva giusta e indispensabile. Giusta perché permette a chi vive attualmente in abitazioni poco efficienti (in classe F e G) di arrivare a un risparmio del 40% sulla bolletta, pari a circa mille euro in media all’anno. E non sono pochi gli italiani che vivono in case di questo tipo. Secondo le ultime stime in Italia il 55% delle case è in classe F e G. Salire di due classi energetiche permetterebbe agli italiani di risparmiare e insieme di vedere il valore del proprio immobile aumentato di circa il 40%.
Non solo. Quella europea è una direttiva indispensabile. Il nostro patrimonio immobiliare è un colabrodo, fonte del principale consumo di gas e di emissione di CO2. Da tempo l’associazione di Confindustria dei produttori di elettricità propone di installare nei prossimi anni 60 GW di potenza elettrica rinnovabile. E va realizzato un programma di sostituzione di caldaie a gas per uso civile con le pompe di calore. Due mosse attivabili, volendo, ancora ricorrendo alle risorse del Pnrr. E la sfida non riguarda solo le abitazioni private, c’è l’immenso patrimonio di edifici pubblici che attende ancora la svolta dell’efficientamento energetico e delle rinnovabili. Pensiamo alle scuole dei nostri figli. In Italia, la maggior parte degli edifici che ospitano scuole e istituti sono obsoleti ed energivori. Stando ai dati di Ecosistema Scuola, il rapporto di Legambiente sulla qualità dell’edilizia scolastica, la situazione italiana è drammaticamente arretrata. Il Rapporto sottolinea che gli interventi per l’efficientamento energetico delle scuole hanno riguardato solo il 12,7% degli edifici scolastici. E oggi solo il 30% risulta disporre di una certificazione energetica. Di questa esigua percentuale, il 73% risulta ancora nelle classi più basse E, F e G.
Abitiamo nel Vecchio Continente, ma abbiamo il dovere di cominciare a vivere in case nuove più efficienti, per noi e soprattutto per i nostri figli. Per contribuire a far si che la Casa/Pianeta di tutti non bruci davvero. Per non tornare indietro dal social green deal, rimuoverne le rigidità inutili e invece proseguire sulla strada del futuro le elezioni europee saranno decisive.