Dove si trovano i soldi necessari per le case green - la Repubblica

Economia

Dove si trovano i soldi necessari per le case green

Dove si trovano i soldi necessari per le case green
Quella europea è una direttiva indispensabile. Il nostro patrimonio immobiliare è un colabrodo, fonte del principale consumo di gas e di emissioni di CO2
3 minuti di lettura

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha parlato della direttiva europea sulle case green, approvata lo scorso 12 aprile dal Consiglio Ecofin, come di «una direttiva bellissima», ma poi ha anche chiesto: «Chi paga?». E questa domanda è stata sufficiente per il voto contrario Di Meloni e Orban. In realtà è facile rispondere a Giorgetti: pagano e pagheranno le future generazioni su cui incombe il serissimo rischio di doversi adattare ad un clima invivibile. Oggi dovrebbe invece pagare una finanza intelligente, pubblica e privata, una finanza a impatto capace di misurare le esternalità positive e di lungo termine perché consapevole che la Casa, quella di tutti, sta bruciando ed è già dentro al disastro climatico.

La transizione green è imprescindibile. E prima ne prendiamo atto meglio è per tutti. Il fatto che in Italia e in Europa nella destra politica sia suonata la carica contro il Green deal e la leadership europea in materia di sostenibilità lascia sconcertati ma non stupiti. In Italia poi è incomprensibile; come se potessimo dimenticare e cancellare le recenti conseguenze catastrofiche di disastri già dovuti in gran parte al cambiamento climatico. Risulta chiaro che la scelta globale è adesso o mai più. Questo tema sarà uno degli spartiacque della prossima legislatura europea. La leadership social Green europea non può fondarsi solo su un’armatura imponente di nuove regole, obbiettivi e compliance stringenti. Oltre al bastone è necessaria la carota; un ciclo imponente di investimenti comuni. Ma non di qualunque investimento. Di investimenti a impatto (ambientale e sociale) addizionali e misurabili. Mario Draghi li ha calcolati in oltre 500 miliardi di euro.

Guai a tornare indietro, o a caricare di una veemenza ideologica ( spesso negazionista) la serissima e pragmatica sfida della transizione social green. Non ce lo possiamo permettere sostiene Giorgetti? No, noi ce lo dobbiamo poter permettere con intelligenza, gradualità e innovazione tecnologica. Suggerisco a questo proposito la lettura di Gaia Vince, vincitrice del Royal Society Science Book Prize, che nel suo libro “Il secolo nomade. Come sopravvivere al disastro climatico” descrive come dovremmo pianificare e gestire la migrazione climatica (soluzione e non problema dei nostri tempi) mentre affrontiamo – con i mezzi offerti dalla tecnologia e con la collaborazione di tutti, Cina compresa – il grande problema di riportare il pianeta a uno stato pienamente abitabile.

Il punto di svolta lo abbiamo già raggiunto e quella che abbiamo davanti è una sfida alla quale nessuno può sottrarsi. Men che meno l’Europa. Non può essere ridotta a una questione di soldi. Dunque tornando alla direttiva sulle case green, passata malgrado il voto contrario di Meloni e Orban, se è vero che la Commissione Ue ha stimato in 275 miliardi gli investimenti annuali necessari per la ristrutturazione degli edifici entro il 2030, i governi nazionali avranno un’ampia discrezionalità per raggiungere gli obiettivi: riduzione del 16% del consumo di energia dell’intero patrimonio edilizio entro il 2030, del 20-22% entro il 2035, per arrivare a emissioni zero nel 2050.

Le risorse, con un po’ meno di pigrizia “business as usual” e un po’ più di innovazione finanziaria e di ingegnerizzazione di partnership tra pubblico e privato, si possono trovare. Qualche suggerimento è già arrivato e da più parti. La stessa Banca d’Italia ha proposto un ventaglio di strumenti diversificati che dosi in modo equilibrato detrazioni, crediti d’imposta, forme di sussidio diretto e sostegno all’accesso al credito. Inoltre l’Italia, con la revisione del Pnrr e il Repower Eu, avrebbe potuto destinare parte delle risorse all’efficientamento energetico. Fino al 2027 l’Italia avrà a disposizione più di 78 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti anche i Fondi di coesione (quasi 80 miliardi sino al 2027) e il fondo sociale per il clima (65 miliardi europei per i Piani nazionali di ristrutturazione degli edifici) e ci sono i finanziamenti della Bei, che ha annunciato che investirà 45 miliardi aggiuntivi da qui al 2027.

Ciò che serve è l’abilità a programmare, a spendere e a valutare gli impatti della spesa. E allora, sarebbe il caso di cominciare a progettare, smettere di piangersi addosso e rimandare a domani quel che si poteva fare ieri. La direttiva sulle case green indica la strada. E non è solo “una direttiva bellissima”. È una direttiva giusta e indispensabile. Giusta perché permette a chi vive attualmente in abitazioni poco efficienti (in classe F e G) di arrivare a un risparmio del 40% sulla bolletta, pari a circa mille euro in media all’anno. E non sono pochi gli italiani che vivono in case di questo tipo. Secondo le ultime stime in Italia il 55% delle case è in classe F e G. Salire di due classi energetiche permetterebbe agli italiani di risparmiare e insieme di vedere il valore del proprio immobile aumentato di circa il 40%.

Non solo. Quella europea è una direttiva indispensabile. Il nostro patrimonio immobiliare è un colabrodo, fonte del principale consumo di gas e di emissione di CO2. Da tempo l’associazione di Confindustria dei produttori di elettricità propone di installare nei prossimi anni 60 GW di potenza elettrica rinnovabile. E va realizzato un programma di sostituzione di caldaie a gas per uso civile con le pompe di calore. Due mosse attivabili, volendo, ancora ricorrendo alle risorse del Pnrr. E la sfida non riguarda solo le abitazioni private, c’è l’immenso patrimonio di edifici pubblici che attende ancora la svolta dell’efficientamento energetico e delle rinnovabili. Pensiamo alle scuole dei nostri figli. In Italia, la maggior parte degli edifici che ospitano scuole e istituti sono obsoleti ed energivori. Stando ai dati di Ecosistema Scuola, il rapporto di Legambiente sulla qualità dell’edilizia scolastica, la situazione italiana è drammaticamente arretrata. Il Rapporto sottolinea che gli interventi per l’efficientamento energetico delle scuole hanno riguardato solo il 12,7% degli edifici scolastici. E oggi solo il 30% risulta disporre di una certificazione energetica. Di questa esigua percentuale, il 73% risulta ancora nelle classi più basse E, F e G.

Abitiamo nel Vecchio Continente, ma abbiamo il dovere di cominciare a vivere in case nuove più efficienti, per noi e soprattutto per i nostri figli. Per contribuire a far si che la Casa/Pianeta di tutti non bruci davvero. Per non tornare indietro dal social green deal, rimuoverne le rigidità inutili e invece proseguire sulla strada del futuro le elezioni europee saranno decisive.

I commenti dei lettori