I problemi risolti dal ponte sullo stretto di Messina
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Sabato, 25 Maggio 2024

Il commento

Andrea Castorina

Giornalista

I problemi risolti dal ponte sullo stretto di Messina

Le infrastrutture servono a risolvere i problemi. Altrimenti restano opere superflue o peggio ecomostri. Se si guarda da questa prospettiva il Ponte sullo Stretto è tutt'altro che inutile. Di problemi Messina ne ha tanti, soprattutto in tema mobilità. Colpa del suo essere su un'isola, di un territorio complesso dal punto di vista orografico ma soprattutto di tutto ciò che poteva essere e non è stato. Basta guardare le due sponde di quello Stretto che diventa larghissimo, quasi un oceano se si percorre a bordo di un treno o si attendono a volte ore per attraversarlo in auto. E così Messina si allontana, e con essa tutta la Sicilia, dalla Calabria e dall'Italia intera. Colpa di un sistema che non funziona come dovrebbe e potrebbe e di una conurbazione rimasta in gran parte sulla carta. Perché diciamolo chiaramente: l'area integrata dello Stretto non esiste nonostante decenni di proclami, impegni e parole. Messina e Reggio Calabria si guardano in faccia ogni giorno, ma si parlano a stento. In questo scenario si innesta il Ponte. L'opera più discussa in Italia nonostante non esista ancora. Un miraggio per alcuni, una vera e propria minaccia per altri. Ma provando a lasciare da parte l'ideologia ciò che appare oggettivamente chiaro è cosa il ponte migliorerebbe qualora ci fosse.

Il settore maggiormente destinato a cambiare è quello ferroviario. Attualmente serve almeno un'ora e mezza per attraversare lo Stretto su un treno se si vuole evitare la mai auspicabile rottura di carico ovvero la necessità di cambiare mezzo per continuare il viaggio. I convogli da e per il Continente vengono imbarcati sui traghetti, un'opera di composizione e scomposizione che rende caratteristico il viaggio ma allo stesso tempo allunga i tempi. Con il ponte, come abbondantemente detto, servirebbero pochi minuti per raggiungere l'altra sponda.

Ma c'è di più. È in costruzione la linea ferroviaria ad alta capacità Palermo-Catania-Messina, un tracciato nuovo e a doppio binario che avvicinerà le tre città più importanti dell'Isola come mai avvenuto finora. Senza il Ponte l'opera costata 14 miliardi rischia di rimanere come un circuito ovale senza collegamenti alla rete nazionale e quindi europea, prevista nell'ormai famoso corridoio che dalla Scandinavia giunge appunto in Sicilia. E mai sarebbe possibile ipotizzare un servizio Frecciarossa ad esempio tra Palermo e Roma: gli ex treni Eurostar infatti non sono scomponibili e non possono quindi essere traghettati. Ferrovie dello Stato anni fa aveva pensato alla realizzazione di "mini Frecciarossa" in grado di salire sulle navi e proseguire il viaggio ad elevati standard, ma il progetto sembra ormai essere stato scartato. Adottando una visione "Messinacentrica", consentitemi di farlo visto che l'area peloritana sarebbe l'unica a pagare il prezzo più alto in termini di disagi durante i lavori, saltano altri spunti da considerare. La città paga a caro prezzo l'ingombrante presenza del traffico pesante. I Tir passano quotidianamente lungo le strade e ciò causa disagi, danni e perfino incidenti. Il futuro porto di Tremestieri, il cui completamento è atteso da un decennio, toglierà i camion dal centro cittadino ma contemporaneamente aumenteranno i tempi di navigazione per raggiungere la Calabria. Lo scalo è infatti ubicato nella zona sud della città e per arrivare a Villa San Giovanni serve quasi un'ora contro gli attuali venti minuti garantiti partendo con le navi di Caronte & Tourist che gestiscono il traffico gommato.

Poi va considerato ciò che avviene ogni anno nei giorni di esodo e controesodo quando occorrono diverse ore di attesa per imbarcarsi sui traghetti mentre a Messina la viabilità va in tilt a causa di quel serpentone di veicoli che giocoforza paralizza parte del centro.

Le infrastrutture collaterali che costano di più del Ponte

Insieme al Ponte ci sono le cosiddette infrastrutture collaterali che costano di più della stessa opera per l'attraversamento stabile. Sono queste ad avere il maggiore impatto della Messina con il ponte perché oltre a fungere da raccordo con l'imponente opera, saranno utili anche per la viabilità urbana, soprattutto nella zona nord dove ci sono solo due strade disponibili (Consolare Pompea e Panoramica) non più sufficienti ad accogliere il traffico senza creare ingorghi. Previsti dieci chilometri di una nuova tangenziale e diciassette di ferrovia che assumerebbe i connotati di una metropolitana con tre fermate urbane integrate alla rete già esistente a Reggio Calabria. Alla domanda "A cosa serve davvero il Ponte?" risponderei così. Tralasciando calcoli sulle ricadute economiche fatti da cifre ballerine. Perché c'è chi dice bianco e chi nero anche su questioni prettamente tecniche di stampo ingegneristico che dovrebbero invece essere i soli dati certi su cui riflettere. Ci vorrà ancora più tempo per giungere all'eventuale progetto esecutivo. A richiedere più tempo è stata la stessa Stretto di Messina dopo le integrazioni pretese dal ministero dell'Ambiente. Non ci sarà l'apertura dei cantieri entro l'estate come sbandierato più volte dal ministro Salvini e non saranno realtà a breve neanche le centinaia di espropri che più di ogni altra cosa fanno temere il ponte ai messinesi. Passerà tempo, ancora una volta. Mentre il dibattito proseguirà tra annunci, manifestazioni e smentite.

Così accade In una Italia che va al contrario dove uno dei più fedeli leghisti e del diktat “prima il nord” si trasforma improvvisamente nel Masaniello per lo sviluppo del Mezzogiorno. Dove la Stretto di Messina viene rimessa in piedi dopo un avviatissimo iter per la liquidazione. Intanto si studia e si utilizzano soldi pubblici e milioni di siciliani aspettano sotto l'ombra di un Ponte che non c'è e forse mai ci sarà.

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