"The Shrouds" è il tentativo fallito di affrontare la morte di David Cronenberg
rotate-mobile
Domenica, 26 Maggio 2024

La recensione

Giulio Zoppello

Giornalista

"The Shrouds" è il tentativo fallito di affrontare la morte di David Cronenberg

"The Shrouds" era uno dei titoli più attesi a Cannes 2024, segnava il ritorno di lui, del maestro del body horror: David Cronenberg. Tra i film in Concorso è forse quello più personale, più intimo, lo è per forza di cose visto che il regista canadese l'ha cesellato connettendosi al ricordo della moglie, Carolyn Zeifman, morta sette anni. Tuttavia il risultato finale, per quanto gradevole, è minore per caratura, sensibilità, per audacia e coerenza rispetto ad altri titoli del Maestro, è quasi un'opera interlocutoria, ma era lecito aspettarsi di più. 

The Shrouds - la trama

The Shrouds ha come protagonista Karsh (Vincent Cassel) che in una Toronto grigia e sonnacchiosa, sta cercando di fare i conti con la scomparsa della moglie Rebecca (Diane Kruger), che si è dovuta arrendere ad un terribile tumore, che l'aveva lasciata sfigurata nel corpo e nell'anima. Tuttavia, da quel dolore, Karsh ha creato GraveTech, un'impresa con cui intende rivoluzionare il concetto di sepoltura ma anche il rapporto con le spoglie stesse dei defunti. Tecnologia all'avanguardia e simulazioni 3D infatti, danno modo di controllare e monitorare i resti dentro quel cimitero, sopra cui ha fatto persino costruire un ristorante di successo. L'idea è controversa, incontra diversi oppositori fuori e dentro il paese, ma pare essere destinato al successo. Tuttavia, una sera, il cimitero e diverse tombe vengono profonate e distrutte. Come se non bastasse, Karsh nota che le ossa della moglie presentano delle strane alterazioni, teoricamente dovute alla radioterapia a cui si sottopose Rebecca, ma a lui qualcosa non torna. I suoi sospetti vengono alimentati dalla sorella di Rebecca, Terry (sempre Diane Kruger) e in suo fratello Maury (Guy Pearce), ex marito di Terry.

Karsh cercherà risposte e conforto nella IA Hunny, fatta ad immagine e somiglianza della moglie, ma anche nell'affascinante Soo-Min (Sandrine Holt). Ma qualcosa non gli torna, qualcosa è avvolto in un mistero che non crede di poter risolvere completamente, non da solo e sua moglie continua a inseguirlo come un dolce ricordo o un'ossessione. The Shrouds doveva essere una serie per Netflix, poi però non se ne fece niente e allora il regista de Il Pasto Nudo e Crimes of the Future ha deciso di prendere in mano il progetto, palesemente autobiografico e personalissimo, e portarlo alla Croisette sotto forma di lungometraggio dove risplendono diversi topoi della sua cinematografia, ma anche diverse variazioni di tono e di genere. Tuttavia, il risultato finale è lontano dagli apici che il maestro del body horror ci ha offerto in carriera, soprattutto per una scrittura troppo arzigogolata e troppo connessa a variazioni continua di tono, per il fatto che alla fine la ripetitività di impadronisca dell'insieme, lasciando una sensazione di vacuità che gran parte della critica ha sottolineato. Peccato, perché a livello di spunto, idea, The Shrouds saprebbe in teoria come farsi valere. 
 

Ironia, talento visivo ed eleganza stavolta non bastano

The Shrouds ha dalla sua una fotografia di Douglas Koch perfetta per rappresentare il clima sado-maso-mortuario, ma anche prettamente ironico e sarcastico, che David Cronenberg sceglie per tutti i 116 minuti di questo film strano, a metà tra un neo-noir, un thriller con venature erotiche, un body horror però molto sfumato, dove si è lontani dagli estremi concettuali ed anche visivi che lui ha sempre avuto come cavallo di battaglia. Le scenografie sono a metà tra il brutalismo, il Giappone moderno e la fredda eleganza nordica, contribuiscono a rendere l'insieme cupo, ma non così cupo come ci si aspetterebbe. Il problema è nello spunto iniziale, quel visionare ossa e tessuti in decomposizione (chi lo vorrebbe?) del defunto, ma poi nella sceneggiatura stessa. Dopo aver offerto brandelli di fantasie malate e ossessioni mortuarie del protagonista (a cui Cassel dona un freddo charme), si perde completamente in strani e tortuosi vicoli narrativi abitati da hacker, complottismi di ogni sorta, spie cinesi, mafiosi russi e chi più ne ha più ne metta.

La sensazione di irraggiungibilità di una verità sulla morte della moglie, diventa infine ripetitività connessa ad un pensare alla morte che è porta per quel sesso che Cronenberg padroneggia ancora con maestria, ma che non va al di là dell'ironia o del mettersi a nudo con fantasie malate e infantili. The Shrouds manca di una vera profondità, di un qualcosa che non sia cercare la battuta giusta, l'effetto giusto, del palesare di un percorso di accettazione personale del lutto che, per quanto rispettabile, dal punto di vista artistico qui è pura apparenza ma poca sostanza. Rimandi a religioni e mitologie diverse affiorano qua e là, ma il film non sa se essere verosimile, realistico o un viaggio nella mente. Diventa un mix tra tutte queste cose ma senza incidere nel profondo. Anche il connettersi alle nuove tecnologie, con IA, app personalizzate, macchine della Tesla, la morte digitalizzata, appare maldestro, quasi Cronenberg avesse voluto seguire la moda, la stessa che in fondo proprio qui a Cannes 2024 ha interessato altri film portati alla Giuria. La Kruger pure rimane intrappolata in un doppio ruolo che di doppio non ha niente, così come il film in sé, che ambisce ad essere la porta verso una doppia visione del trapasso e del desiderio, ma infine diventa un vicolo cieco e abbastanza paludato di piccole fantasie non così inconfessabili. Peccato.



Voto: 5

Si parla di

"The Shrouds" è il tentativo fallito di affrontare la morte di David Cronenberg

Today è in caricamento