Cannes al via, con i divi surreali di Dupieux e la standing ovation per Meryl Streep | Corriere.it

Cannes al via, con i divi surreali di Dupieux e la standing ovation per Meryl Streep

diStefania Ulivi, invita a Cannes 

Seydoux, Lindon e Garrel, commedia nera sull’intelligenza artificiale
Palma alla carriera a Meryl Streep: «A 74 anni il cinema mi ama»

Ll racconto di un cinema sull’orlo di una crisi di nervi, Le deuxième acte di Quentin Dupieux, ha aperto la 77ª edizione del festival di Cannes, surreale anatomia di tante cadute concentrate nel giro di un’ora e venti. Cinema che parla di cinema che parla di cinema, un corto circuito a misura di commedia virata sul nero. Protagonisti tre star francesi — Léa Seydoux, Vincent Lindon, Louis Garrel — più un quarto che punta a diventarlo presto (Raphael Quenard), impegnati a girare un film, continuando a interrompere le battute dell’uno o dell’altro con osservazioni, scenate, ripicche, commenti apparentemente eccentrici. Personaggi, e persone, in cerca di un autore che non c’è: al tempo dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi è un’entità virtuale che entra in scena sullo schermo di un laptop. Ma abbastanza reale da umiliare i suoi attori: «Le vostre opinioni non contano nulla». Dupieux, prolifico campione dell’assurdo, regista autodidatta con una seconda vita da musicista elettronico (Mr Oizo), si diverte a prendere di mira i suoi interpreti, in bilico tra finzione e realtà. Scherzando sui tic di Lindon, facendo dire alla madre di Seydoux che lei e il marito si vergognano di lei perché è un pessima attrice, giocando sulle preferenze sessuali e le dipendenze. Loro stanno al gioco e rilanciano. Ce n’è anche per Mel Gibson e le sue infelici cadute antisemite, per la correttezza politica: «Che fai? Non siamo soli, ci stanno filmando! Vuoi che ci cancellino?», dice David (Garrel) all’amico Willy (Quenard) che fa battutacce su donne e disabili. Mentre Guillaume (Lindon) rinfaccia a Florence (Seydoux) le pellicole d’amore mentre il mondo va a rotoli. Salvo rimangiarsi tutto quando lo chiama Paul Thomas Anderson. Uno scontro tra titani, viziati e malati di egocentrismo.

Di cui, l’ha dimostrato ancora una volta, sembra del tutto priva Meryl Streep invitata a ritirare la Palma d’oro onoraria dalle mani di una Juliette Binoche più emozionata di lei («Ci hai regalato una nuova immagine di noi stesse»). Non tornava sulla Croisette dal 1989, unica sua volta — incredibile ma vero — a Cannes, quando fu premiata come miglior interpretazione femminile per Un grido nella notte di Fred Schepisi. Lo ha ricordato lei stessa. «Ero qui 35 anni fa, ero già madre di tre figli, mi avvicinavo ai 40 anni e pensavo che la mia carriera fosse finita. Non c’erano grandi aspettative all’epoca per un’attrice di quella età. La sola ragione per cui sono qui stasera sono i grandi artisti per cui ho lavorato», ha detto l’attrice, attesa oggi per un Rendez vous tutto sold out con il pubblico, e sorridendo ha indicato Greta Gerwig che l’ha diretta in Piccole donne. Un compendio di storia del cinema più che una carriera la sua, non solo per i registi — Fred Zinnemann, Woody Allen, Pakula, Cimino, Eastwood, Spielberg, Nichols, Pollack, Zemeckis, Demme, Wajda, Nora Ephron, Benton, Daldry, Soderbergh — e i ruoli collezionati, per i tre Oscar vinti. Ma, soprattutto, ma per come ha inteso e continua a fare a 74 anni il mestiere di attrice. «Sono grata a tutti voi che non vi siete stufati della mia faccia e non mi avete buttato giù dal treno», ha scherzato. Standing ovation.

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15 maggio 2024 ( modifica il 15 maggio 2024 | 12:05)