Martin Mystere e l’esoterismo di Manzoni e soci
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Martin Mystere e l’esoterismo di Manzoni e soci

Su questo blog che si occupa del rapporto tra letteratura e fumetto mi sono prevalentemente occupato di opere che rientrano nel vasto e vago settore del graphic novel, il romanzo a fumetti, proposto prevalentemente nel mercato in costante crescita delle librerie di varia. Del resto, anche questo aspetto, che ha caratterizzato la scorsa decade del fumetto italiano, è parte di questo rapporto in continua evoluzione del romanzo e del fumetto, che hanno visto in modo indubitabile un maggior avvicinamento. Questo stesso blog nasce sull’onda di quel fenomeno, nel 2016, all’indomani delle “storiche” (anche se a loro modo discutibili, e qui da me discusse) candidature prima di Gipi (2014), poi di Zerocalcare (2015) al Premio Strega. Una linea poi abbandonata ma che indubbiamente ha avuto un peso nel riconoscimento di queste due figure come apicali del fumetto italiano odierno.

Ciò detto, mi fa sempre piacere quando ho l’occasione di parlare di come la letteratura entri anche nel fumetto popolare italiano da edicola, in particolare sul fumetto bonelliano per cui ho da sempre una particolare predilezione. Anche perché, spesso, ciò avviene in un modo differente dalle due modalità prevalenti, ovvero l’adattamento di un romanzo a fumetti oppure la biografia di un letterato a fumetti.

 

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In questo caso, come spesso avviene, di letteratura parla a fumetti la più colta delle testate popolari, il Martin Mystere inventato nel 1982 da Alfredo Castelli, sul numero 411. Un numero non privo di un grande significato, perché è il primo dopo la morte del grandissimo autore, scomparso di recente e omaggiato nel numero precedente.

Ormai la testata mysteriana prosegue, pur nelle secche dell’editoria a fumetti in edicola, con un rodato e consolidato team di autori. Su Mystere il rimando ai misteri della storia è un elemento d’obbligo, e quasi ogni numero tratta, con la colta e garbata ironia impostata da Castelli e ben ripresa dai suoi epigoni, la contaminazione tra la grande storia e qualche mistero esoterico. Talvolta, dunque, non solo di storia si tratta, ma anche di storia della letteratura, come nell’ottimo numero ispirato all’Aleph di Borges, di cui parlai qui, o appunto in questo “La terza grotta alchemica”.

 

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Dopo l’editoriale di Carlo Recagno che ricorda Castelli con affetto e con quella professionalità della vecchia Milano di cui la Bonelli è un acme (il titolo è, significativamente, “Business as usual”), ci trasferiamo nella prima tavola del fumetto nella Milano del 1873, ricostruita dai testi di Mirko Perniola e dagli efficaci disegni di Italo Mattone.

Di Mattone, in coppia con Barzi, avevo parlato già su Fumo di China relativamente alla loro doppia del numero 397-398, di un anno fa. Qui torna la caratteristica più interessante portata da Mattone su Mystere, a mio avviso, ovvero un segno più cupo, quasi orrorifico: non ovviamente lo splatter del Dylan sclaviano dell’età dell’oro, ma almeno le atmosfere inquietanti di certi numeri. E qui non si fa eccezione.

1873: a un vecchio professore di lettere come me suona subito un campanello letterario, poiché è l’anno di morte del grande Alessandro Manzoni. E proprio lui è in effetti sul letto di morte, assistito anche da Luigi Capuana, con cui condivideva una certa fascinazione per il mesmerismo. E su questa fascinazione giocherà tutto il numero per costruire un mistero che ovviamente non vi svelo.

 

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Perniola si dimostra abile a intessere il doppio piano tipicamente mysteriano: da un lato, il Mystero ha delle fondamenta “reali”, ovvero un reale interesse di Manzoni e Capuana per le esperienze mesmeriche, il personaggio di Lafontaine è autentico, e così via. Ma, al tempo stesso, Mystere non porta mai al complottismo più becero, in quanto, se solleva un dubbio sulla narrazione ufficiale (quanti, anche docenti della materia – magari anche universitari! – sono al corrente di questo penchant manzoniano per l’esoterico?) poi ne da uno sviluppo sempre larvatamente umoristico, quasi a invitare a non prendere il tutto troppo sul serio.

Il filone “umoristico” dà il suo meglio quando, come qui, coniuga antico e moderno, misteri dal passato e satira della società moderna, su cui qui si ironizza con questo nuovo motore di ricerca, SpyGlass, dall’occhio degli illuminati e dalla capacità quasi di leggerci nel pensiero (molto simile ai reali dispositivi odierni). Per il principio della pistola di Checov, il lettore smaliziato – e Martin Mystere ha un lettore smaliziato come lettore ideale – sa già che “se appare una pistola nel primo atto, questa dovrà sparare nel secondo”: SpyGlass e il Manzoni mesmerico a loro modo si dovranno incontrare, l’interessante è vedere come la giocano gli autori.

 

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Mirko Perniola continua a mettere carne al fuoco, sempre gustosissima: ci spostiamo su Torino, come promesso dalle grotte alchemiche del titolo (quelle dei Savoia dal ‘500 in poi), e appaiono Cesare Lombroso, Eusapia Palladino, e numerose figure della cultura ufficiale sedotte dall’occulto, in primis scrittori, da Mazzini a Collodi, da Fogazzaro a D’Azeglio, da Pirandello e Svevo. Perniola quasi abbozza, tra le righe della storia, e della detection un po’ perplessa di Mystere, una sorta di controcanone della letteratura italiana segnato dall’esoterismo (e, come accenna un personaggio all’interno della storia, esoteriche potrebbero essere tutte le grandi letterature, a esaminarle con sapienza).

Naturalmente Perniola gioca sul passaggio tra ‘800 e ‘900, e già affolla le pagine di citazioni e rimandi: ma, volendo, si potrebbe andar ancora più indietro a rebours, tra le Tre Corone e i fedeli d’amore, l’esoterismo rinascimentale che lambisce i cinque-secenteschi (qui si citano Della Porta e Galilei), e la massoneria che arruola quasi tutti i nomi di primo piano dal ‘700 in poi: Alfieri, Vincenzo Monti, Ugo Foscolo, Carducci, Pascoli, D’Annunzio e via affiliando (fino ad arrivare, se vogliamo, ad Hugo Pratt e alla letteratura disegnata).

 

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La capacità di Perniola di affollare la storia di dettagli curiosi e interessanti è encomiabile; l’inevitabile conseguenza è una storia piuttosto verbosa, nella piena tradizione del personaggio, a malapena spezzata da qualche sequenza d’azione che non è comunque l’attrattiva dell’albo. Lo stipato ritratto di famiglia dello spiritismo letterario italiano conduce anche a una soluzione comunque corretta ma forse un po’ forzata (e soprattutto rende un po’ ingannevole quel rimando a Vittorio Emanuele II evidenziato fin dalla bella copertina di Alessandrini). Se vogliamo, questo dimostra ancor più il buon lavoro di Mattone, che riesce a vivacizzare la narrazione offrendo la giusta varietà alle molte scene di dialogo, con un buon lavoro documentale sulle numerose scene di rimando storico e un efficace lavoro d’azione nei due unici punti dove gli si offre il destro, nella scena d’azione a metà dell’albo e nel finale.

In ogni caso è sorprendente come, con 77 pagine di fumetto (da p. 5 a 82) Perniola ci riesca a dare l’impressione di un romanzo esoterico ampio e complicato, un minipendolo di Foucault in sedicesimo in grado di soddisfare il lettore nonostante la compattazione del formato. Certo, è uno stile che richiede un “lettore ideale” alla Eco, affascinato nel cogliere i rimandi e magari andarli a verificare su SpyGlass ( o su Google) scoprendo ulteriori curiosità.

L’unica licenza poetica che da monregalese mi dispiace è che la Guglia Beccaria, per ragioni inerenti alla trama, non sia attribuita all’abate scienziato di Mondovì ma ricondotta ai misuratori francesi, contrariamente al dato storico. Si tratta infatti del vero fulcro esoterico di Torino, come ben sanno tutti gli appassionati, a cui rimanda la più vistosa Piramide del Frejus della vicina Piazza Statuto, cuore nero della Torino magica. La guglia (o obelisco, come vogliono alcuni con termine più egiziaco) segna infatti il 45 parallelo, la perfetta equidistanza di 5000 chilometri da Polo Nord ed Equatore. Ma magari in future peregrinazioni Martin Mystere avrà modo di precisare meglio i misteri di questo pilastro geomantico.

Per intanto, consiglio di cuore l’acquisto dell’albo, arricchito dal bel dossier finale di Gianmaria Contro.

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