Israele, Gantz ultimatum a Netanyahu: piano su Gaza o stop al sostegno - The Italian Times
226esimo giorno di guerra

Israele, Gantz ultimatum a Netanyahu: piano su Gaza o stop al sostegno

Il ministro chiede un piano d’azione entro l’8 giugno o lascerà il governo d’emergenza. Tensioni a Rafah e proteste a Tel Aviv intensificano la crisi.

Israele, Gantz ultimatum a Netanyahu: piano su Gaza o stop al sostegno

In un contesto di crescente tensione, il panorama politico israeliano si trova di fronte a una svolta critica. Benny Gantz, figura centrale dell’esecutivo d’emergenza, ha posto un ultimatum al Primo Ministro Benyamin Netanyahu, esigendo un piano concreto per Gaza entro l’8 giugno. La risposta di Netanyahu non si è fatta attendere, evidenziando la complessità della situazione e la pressione internazionale. La crisi a Rafah e le proteste a Tel Aviv aggiungono ulteriori sfumature a un quadro già complesso, dove la diplomazia statunitense cerca di mediare per evitare un’escalation del conflitto.

 

Gantz ultimatum a Netanyahu

Il ministro della Difesa Benny Gantz ha scosso le fondamenta del governo israeliano con un ultimatum diretto al Primo Ministro Benyamin Netanyahu. Gantz richiede un piano d’azione dettagliato per la Striscia di Gaza, che dovrà essere presentato entro l’8 giugno. Il piano dovrebbe delineare il futuro politico della regione in collaborazione con gli Stati Uniti, l’Unione Europea e i Paesi arabi. In assenza di tale piano, Gantz ha minacciato di ritirare il suo sostegno all’esecutivo d’emergenza, mettendo in pericolo la stabilità del governo. Netanyahu ha replicato con fermezza, sottolineando la necessità di concentrarsi su Hamas piuttosto che su dispute interne.

 

Tensioni a Tel Aviv e la diplomazia USA 

La situazione interna si complica ulteriormente con l’arresto di un manifestante a Tel Aviv, accusato di aver causato disordini durante una protesta antigovernativa. Il Times of Israel riporta che la polizia ha dovuto intervenire per disperdere la folla che si rifiutava di lasciare Azrieli Junction. Nel frattempo, la diplomazia statunitense è al lavoro per prevenire un’escalation della violenza a Rafah, dove si stima che 800mila palestinesi abbiano già abbandonato le loro case. La richiesta di Gantz di un piano di sei punti che includa il rimpatrio degli ostaggi, la caduta di Hamas e la smilitarizzazione di Gaza, pone l’accento sulla necessità di una soluzione a lungo termine che coinvolga la comunità internazionale.

 

Trattative ad un punto morto

Il panorama politico e militare israeliano è scosso da un “terremoto” che minaccia la già fragile stabilità della regione. Le speranze di una tregua con Hamas sembrano svanire mentre le trattative per il rilascio degli ostaggi sono in un punto morto. Le divergenze tra le parti sono marcate, soprattutto riguardo alla fine del conflitto e alla lista di prigionieri che Hamas desidera vengano liberati, su cui Israele impone un veto. In questo contesto teso, le forze israeliane hanno recuperato il corpo di Ron Benjamin, caduto il 7 ottobre, segnando un piccolo passo avanti nella dolorosa saga degli ostaggi.

 

La crisi a Gaza si aggrava

La situazione umanitaria si aggrava con l’ospedale kuwaitiano che denuncia un raid su un campo di sfollati, risultando in perdite umane. I combattimenti si intensificano a Jabalya e nel centro di Gaza, con l’Idf che annuncia l’eliminazione di due figure chiave della Jihad islamica. Nel frattempo, la crisi umanitaria si approfondisce con 800mila palestinesi in fuga da Rafah, e gli aiuti internazionali che stentano ad arrivare. La diplomazia americana è in azione, con Jake Sullivan in Arabia Saudita per incontri cruciali, e Washington che mantiene aperti i canali con Teheran, nella speranza di prevenire un’ulteriore escalation del conflitto.

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