Calenda: «Io antipatico? I cittadini mi pagano per lavorare». Sul voto: «Diffidate da chi fa l'influencer» - VIDEO

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l’intervista

Calenda: «Io antipatico? I cittadini mi pagano per lavorare». Sul voto: «Diffidate da chi fa l’influencer» – VIDEO

Il leader di Azione e candidato alle Europee ospite a L’altro Corriere Tv. «La sanità è la priorità assoluta»

Pubblicato il: 18/05/2024 – 10:33
di Giorgio Curcio
Calenda: «Io antipatico? I cittadini mi pagano per lavorare». Sul voto: «Diffidate da chi fa l’influencer» – VIDEO

LAMEZIA TERME I grandi temi europei, dalla guerra in Ucraina all’industria, passando per la difesa comune, fino ai temi più nazionali quali sanità e welfare. Il leader di Azione, Carlo Calenda, non si è tirato indietro di fronte alle domande di Danilo Monteleone nel corso della puntata di “In primo piano” andata in onda su L’altro Corriere Tv. Appuntamento televisivo che si inquadra nella campagna elettorale in corso in vista delle Europee dell’8 e 9 giugno 2024. Azione di Carlo Calenda, nella circoscrizione Sud ha tra le proprie fila tre candidati calabresi: Francesco De Nisi, consigliere regionale ma anche segretario di Azione Calabria e poi Stefania Postorivo e Angela Calafiore.

La guerra in Ucraina e le scelte europee

Pronti via subito occhi puntati sulla vicenda che ormai da oltre 800 giorni ha sconvolto, e continua a farlo, il destino dell’Europa ovvero il conflitto in Ucraina e l’invasione dell’esercito russo. Azione e Calenda ha avuto sempre una linea particolarmente chiara da leggere e da interpretare rispetto alle azioni che l’Europea dovrebbe intraprendere. «L’Unione Europea deve fare intanto un “esercito europeo”, perché gli spettatori forse non lo sanno, ma gli Stati Europei spendono, messi tutti insieme, tanti soldi, 240 miliardi di euro, molto più della Russia. Devono però metterli insieme per spendere meno e in modo più efficiente, ma anche avere una massa critica tale da scoraggiare qualunque aggressione. Questo è uno dei principali progetti politici dell’Unione, perché nel momento in cui c’è un esercito in comune, pian piano l’Europa diventa quello che noi vogliamo, cioè una grande potenza e non un condominio litigioso». A proposito, Calenda è stato chiaro: «Quello che ha fatto Macron è sbagliato, non si può dire “mando le truppe” così a caso. Io sono contrario perché penso che oggi la situazione in Ucraina si risolverà solo con il nostro supporto, li aiutiamo proprio per non avere un conflitto diretto, come abbiamo fatto un po’ durante la Guerra Fredda. In secondo luogo, è sbagliato il metodo perché, se siamo tutti insieme, le cose vanno decise tutti insieme, non puoi fare fughe in avanti. Bisogna sedersi tutti insieme e fare un ragionamento». Un “tutti insieme” che in alcuni casi non funziona perché, come ha spiegato Calenda, l’Europa è governata da due organi, la Commissione e il Consiglio. E la Commissione non può decidere niente senza il Consiglio e questo blocca tutto, anche quando parliamo di migranti e ridistribuzione tra i Paesi. Quando diamo colpe all’Europa, diamo le colpe, senza saperlo, agli Stati membri che frenano l’Europa e noi questo dobbiamo eliminarlo».

Sanità e welfare

E c’è poi il tema su cui Azione si batte da anni, «per noi è fondamentale e lo dico proprio in Calabria. Parliamo di sanità come priorità assoluta, il pilastro del welfare. Io ho avuto mia moglie che si è ammalata di leucemia e le cure se non fossero state fatte dal servizio sanitario, sarebbero costate un milione di euro negli Stati Uniti per esempio». «Noi dobbiamo riottenere dall’Europa, Giorgia Meloni e i Cinque Stelle non l’hanno voluto, il MES sanitario. Cos’è? Una linea di credito in cui ci danno 38 miliardi di euro che possiamo investire per assumere medici, pagare meglio gli infermieri. Questo è prioritario, perché noi senza sanità non possiamo avere benessere». «Oggi gli italiani spendono 40 miliardi di euro all’anno per curarsi privatamente, questo non è ammissibile».

Il “Green deal”

Altro tema europeo che peraltro è particolarmente avvertito, soprattutto in Calabria, nella sua declinazione che riguarda l’agricoltura, è quello del “Green Deal”, la scelta verso una sostenibilità ambientale che forse in qualche aspetto è spinta all’estremo da parte dell’Unione Europea.
«Non funziona perché ad esempio oggi l’Europa emette molto poco, il 9% delle emissioni mondiali. Si è dato l’obiettivo di una riduzione ulteriore entro il 2030 e di arrivare a zero emissioni nel 2050, ma per farlo dovremmo fare delle cose che non siamo in grado di fare. Per esempio, dovremmo vendere oggi un milione di macchine elettriche l’anno, ma non possiamo farlo perché costano troppo e non le possiamo comprare dai cinesi, altrimenti distruggiamo la nostra industria».  A proposito di politica industriale, per Calenda «tutto quello che noi compriamo ha dentro i semiconduttori che consentono alle cose elettriche di funzionare, ma sono tutti prodotti a Taiwan e se domani scoppiasse una guerra tra Cina e Taiwan, significherebbe uno stop per la nostra economia ed è per questo che dobbiamo avere anche noi una fabbrica di semiconduttori e lo stesso vale per le batterie, non possiamo prenderle dalla Cina». «Dobbiamo tornare a indicare quali sono le linee di sviluppo ed è particolarmente importante per il Sud Italia perché l’assenza di una politica industriale europea non ha consentito di investire per costruire grandi poli in grado di dare occupazione stabile».

Industria e Zes

Non si può parlare di politica industriale senza affrontare il tema delle Zes che, secondo il leader di Azione, sono state «un po’ distrutte. Il problema è che la Zes è un principio giusto, però cosa ha fatto Fitto? Ha detto “tutto il sud è una Zes”. Il risultato è che la burocrazia non l’ha semplificata e i sussidi non bastano. È stata un’operazione condotta male ed è un problema per l’Italia». «Noi – ha sottolineato ancora Calenda – parliamo di destra e sinistra continuamente, fascisti, comunisti, però io ho lavorato in Ferrari, a Sky, a NTV, ho lavorato in tante grandi aziende, quindi sono arrivato al Ministero con delle competenze e conoscenze. Spesso, invece, ci mettiamo sempre persone che non hanno mai gestito o non hanno lavorato fuori dalla politica». «Io non ho tanti politici di professione, ho molti tecnici e allora devo aiutarli. Quello che suggerisco agli elettori è di pensare al voto come un colloquio di lavoro. Votate chi ha esperienza, capacità e chi vi permette poco, perché quelli che promettono molto non realizzano mai, l’abbiamo scoperto ormai da tempo, è un dato di fatto». Un altro grande problema secondo Calenda è che «si parla molto poco di Europa, la ragione per cui noi stiamo facendo tutti questi giri. Oggi stiamo votando per l’Europa e per essere forti che vuol dire avere persone di cui andare fieri».

La gestione dei migranti

Prendendo spunto dalla terribile tragedia di Steccato di Cutro, nel corso della puntata è stato affrontato anche il tema dell’emergenza migranti che in Europa ha un punto di partenza che è il “Trattato di Dublino”. «Firmato dal governo Berlusconi – sottolinea il leader di Azione – dice che è il Paese dove arriva il migrante ad esserne responsabile e questa è una fregatura per l’Italia. La Commissione Europea ha cercato tante volte di cambiarlo questo accordo perché dobbiamo occuparcene tutti insieme ma i Paesi non vogliono. Nel controllo delle frontiere bisogna essere molto rigidi, perché noi non possiamo pensare di aprire a tutti gli africani che vogliono venire, e quelli che ci sono vanno regolarizzati, perché è giusto ed è anche più sicuro per tutti». I rapporti con l’Africa vanno declinati in modo particolare e il governo Maloni in più di una circostanza ha parlato di “Piano Mattei” che, secondo Calenda «non esiste». Perché «il Piano Mattei sono in realtà i fondi che già c’erano, che si chiamano già “Piano Mattei”. Se io prendo una cosa che c’è già e gli cambio il nome, non esiste perché la politica è una cosa seria e il Piano Mattei è una presa in giro, non c’è un euro in più».

Il caso Liguria

Negli ultimi mesi il dibattito politico è inevitabilmente condizionato da una serie di inchieste che hanno riguardato diverse regioni. L’ultima, evidentemente, è quella che ha letteralmente sconvolto la Liguria. Il quadro che emerge è un quadro un po’ sconfortante. «Emerge anche un altro fatto, che l’Italia è l’unico Paese del mondo dove se io ho un appalto pubblico posso finanziare lecitamente il politico che mi dà quell’appalto. Cioè, il problema originario è il conflitto di interessi. Io facevo il manager, guadagnavo cinque volte tanto quello che guadagno adesso, ma da quando faccio questo lavoro, a parte i cittadini, io non accetto un euro da nessuno. Qui abbiamo casi di politici che prendono soldi da paesi stranieri. È una follia, non succede in nessun altro paese». Serve, dunque, una norma ad hoc secondo Calenda. «Quando stai in Parlamento devi dire chi ti paga, quanto ti paga ed è assolutamente incompatibile col fatto che tu abbia una concessione pubblica perché, se no, è una pazzia. Azione applica un criterio di autoregolamentazione, per cui non accetta soldi da concessionari di appalti pubblici. Lei non mi vedrà mai su un mega yacht».

La legge “bavaglio”

A proposito di questa vicenda con Calenda di è discusso anche della cosiddetta “legge bavaglio” che riguarda la possibilità dei giornalisti e dei giornali di rendere noti i contenuti di inchieste e di indagini. «È un provvedimento che non ha toccato le indagini ma si riferisce ad una fase ancora preliminare, cioè quando l’imputato non sa niente. Ma quanti governatori abbiamo visto massacrati e poi assolti? Non parlo di Toti ma ad esempio di Pittella poi assolto. Bisogna stare attenti perché i due pilastri sono comportarsi nel mondo più restrittivi quando parliamo di chi ti finanzia, ma dobbiamo anche garantire le persone, non possiamo mica massacrare tutti altrimenti nessuno farà più politica». «Non possiamo prescindere dalla qualità delle persone che votiamo. Ma è una scelta che facciamo noi. I comportamenti li vediamo quali sono. Ci sono comportamenti sguaiati, maleducati, spesso dentro hanno anche qualcosa di più ma lo sappiamo, li vediamo e non li dobbiamo votare perché non c’è niente che può sostituirsi al giudizio del cittadino, ma io non posso condannare una persona perché è volgare, maleducata o fa delle cose che sono legali, io devo condannare quello che fa delle cose illegali». «Stiamo molto attenti, garantisti eccetera eccetera, ma se ti condannano vai in galera», puntualizza però Calenda. «Qui a due passi abbiamo la Sicilia dove c’è uno che si chiama Totò Cuffaro che è stato condannato, ha scontato la pena, sette anni di condanna, per favoreggiamento dei mafiosi e ha fatto un partito. Cioè, ma non succede neanche su Marte! Il fatto in sé, poi, che un europeista chieda i voti di Cuffaro, lo giudicheranno i cittadini, poi però andiamo in Sicilia al memoriale di Falcone e Borsellino e facciamo un sacco di retorica. Ma quello ha preso 140 mila voti, qualcuno gliela ha dati».

Un Paese dalla “memoria corta”

Questo è per Calenda il sintomo di un Paese che ha la memoria corta. «C’è un problema di consapevolezza pubblica, questo è un Paese che ha scommesso su Salvini che ha preso voti in Calabria, diceva che il Sud gli faceva schifo. Ma come si può votare uno che ti dice che gli fai schifo? Ho cambiato idea 70 volte, esco dall’euro, entro dall’euro. Abbiamo votato in massa il Movimento 5 Stelle che diceva “apriamo la scatoletta di tonno”, adesso Giorgia “sono una madre, sono cristiana”, ma la politica è una cosa complicata».

Il caos Pnrr

A proposito di cose complicate, il Pnrr. «Se continuiamo a votare persone che non hanno mai lavorato in vita loro, non possiamo pensare che gestiscano processi complessi, perché non succede. La Ferrari è cento volte più facile di un ministero da gestire, ma se ci metti uno che non ha mai gestito niente fallisce pure la Ferrari e se una cosa è cento volte più difficile fallisce cento volte in più. Parliamo ai fascisti e ai comunisti e siamo gli unici imbecilli che continuano a parlare di questa roba e poi mandiamo gente come Lollobrigida che oggi dichiara testualmente “avremmo evitato un sacco di guerre se fossimo stati più a tavola insieme”, ma che vuol dire? Ce n’è una al giorno, ha proposto obbligatoriamente far inserire nei menù i formaggi, non è possibile, abbiamo una sanità distrutta, la scuola a pezzi, le infrastrutture non riusciamo a fare, non spendiamo i soldi europei e ci mettiamo gente che non ha mai lavorato in vita sua». Tornado proprio al tema del Pnrr, Calenda ha poi spiegato: «I Comuni, che sono un pezzo molto rilevante, non hanno progettisti. Noi invece avevamo proposto di esternalizzare progettazione e controllo RUP, ma all’inizio del Pnrr. C’è poi un altro problema: se fai le case della salute ma non hai i medici da metterci dentro, non servono a niente. Allora, bisogna prendere il Mes sanitario che ti dava la possibilità di prendere i medici, le case della salute e metterli insieme ma questo non lo sanno fare». «Un cittadino di sinistra cosa voleva all’inizio di questa seconda Repubblica? Salari, scuola e sanità. I salari stanno a – 2% in 30 anni, scuola e sanità a pezzi. Uno di destra cosa voleva? Meno tasse, meno migranti, meno Stato. Le tasse sono aumentate del 3%, l’anno scorso c’è stato il record dei migranti e lo Stato sta dappertutto. Ma di che stiamo parlando?».

Il percorso di Azione

«Noi veniamo da un trentennio in cui abbiamo messo la fishe sul rosso e il nero, basta. Stati Uniti d’Europa non è un partito, sono una serie di cose che vanno da Mastella, Cuffaro, Renzi, Bonino, Cecchi Paone messe insieme e che dicono testualmente “il giorno dopo l’elezione ognuno per conto suo”, ma questa non è politica. Noi stiamo costruendo un percorso per rimettere insieme l’area popolare, chiamiamola democrazia cristiana che non esiste più, i socialisti, i repubblicani, i liberali erano partiti che nella prima repubblica esistevano, c’era un’area della ragionevolezza, siamo tornati indietro perché l’Italia non è mai stata così». «Azione fa questo lavoro, dopo sta agli elettori».

Su Occhiuto: «Ha fatto dei passi, vedremo alla fine»

«Dalla sanità, i termovalorizzatori, le infrastrutture, almeno si sono fatti dei passi avanti, poi si vedrà alla fine del mandato, però almeno si fanno, si inizia a farlo. Se fosse per me, la sanità ridiventerebbe nazionale, voi non potete stare in queste condizioni. Il “Gemelli di Roma”, dove mia moglie è stata curata, è praticamente il più grande ospedale della Calabria e questo non è possibile. Qui bisogna che ci sia lo Stato, ma lo Stato centrale perché stiamo perdendo tutto. Non è responsabilità di un singolo, le Regioni devono fare le Regioni, non possono fare tutto, non ce la fanno e diventano grandi centri di potere che non funzionano».
Le aspettative di Calenda per le Europee «sono buone» mentre a proposito del “carattere difficile” spiega: «Non sono pagato dai cittadini per avere un carattere facile, e per rimontare questo Paese bisogna avere un carattere molto tosto e io non faccio l’influencer. Cerco di prepararmi al massimo per far funzionare le cose, lo faccio per i cittadini perché è il mio lavoro. E quando vedete gente che fa l’influencer, il simpatico, dice “vi do tutto”, diffidate». (g.curcio@corrierecal.it)

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