Una spiegazione per tutto è ambientato nella Budapest di oggi. Abel prepara il suo esame di maturità schiacciato tra le aspettative della famiglia e l’amore non confessato per la sua amica Janka. Quando l’esame va storto, la bocciatura del ragazzo diventa la scintilla che incendia lo scontro tra suo padre, convinto conservatore, e il suo professore di storia, liberale. Finché l’accaduto non diventa scandalo mediatico per un articolo di giornale e il conflitto si sposta su un piano ancora più ampio…

Il regista ungherese Gabor Reisz con Una spiegazione per tutto, suo quarto lungometraggio, porta lo spettatore nel cuore delle divisioni politiche dell’Ungheria contemporanea. A dispetto del titolo, però, non vuole assolutamente darci “una spiegazione” degli eventi raccontati ma lasciarci liberi di interpretarli. Nel film ci sono quattro punto di vista diversi. Quello di Abel (molto bravo Adonyi-Walsh Gáspár), un ragazzo con poca voglia di studiare storia che il giorno dell’esame si presenta con una spilla tricolore simbolo dei nazionalisti del presidente Orban. Jakab (András Rusznák) è il suo professore, un liberaldemocratico certamente ostile a Orban che, oltre a interrogarlo, chiede conto al ragazzo del perché indossi la spilla nazionalista. Gyorgy (István Znamenák), invece, è il padre di Abel, un fervente sostenitore del presidente e poi c’è Erika (Rebeka Hathazi), una giovane giornalista che fiuta lo scoop scrivendo della bocciatura di Abel e facendo così diventare nazionale un piccolo episodio scolastico.

Le anime divise dell’Ungheria sono rappresentate da Jakab e Gyorgy che si guardano in cagnesco a distanza ma che finiscono poi per scontrarsi duramente, ognuno con le sue ragioni. Lo scontro è tutto politico, con il secondo che rinfaccia al primo di essere un traditore antipatriottico. Vittima di tutto questo è Abel, un ragazzo di 18 anni con altro in testa rispetto alla politica, innamorato di Janka e che vorrebbe vivere con leggerezza i suoi anni come i suoi coetanei; purtroppo si ritrova catapultato in un caso più grande di lui, che lui stesso ha contribuito a far esplodere accusando il professore. Interessante la figura di Erika che dopo lo scoop e l’esposizione mediatica, viene subito assunta da un giornale importante in cui capisce velocemente che non potrà più avere la libertà di movimento che aveva avuto fino ad allora.

Per chi parteggi il regista non è importante; Reisz non vuole imporci il suo punto di vista ma porta lo spettatore a formarsi il suo. Probabilmente è più vicino a Jakab che a Gyorgy e proprio al professore fa dire una delle frasi più importanti: “Vorrei vivere in un Paese in cui sia possibile fare domande”. Cinematograficamente il film è ben riuscito, con un crescendo di tensione perché Abel alla fine dovrà prendere una decisione (no spoiler); affascinano le sue passeggiate solitarie e notturne in bicicletta. Il finale è leggero e aperto e tutto incentrato sul ragazzo e i suoi amici. Una spiegazione per tutto si è aggiudicato il premio come miglior film alla sezione Orizzonti di Venezia 2023 – ma a nostro giudizio poteva stare molto bene anche nel concorso principale con una versione di 150 minuti, ridotta (opportunamente) a 128 per la distribuzione in sala.

Stefano Radice

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