Inside Out 2: un (altro) giorno alla Pixar
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Inside Out 2: un (altro) giorno alla Pixar

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Prima dell'arrivo al cinema, il 19 giugno prossimo, dell'atteso Inside Out 2, sequel di uno dei maggiori successi di critica e di pubblico della Pixar, il nostro corrispondente negli USA Adriano Ercolani è stato invitato a passare una giornata nei mitici studi di animazione in California. Ecco il suo racconto.

Inside Out 2: un (altro) giorno alla Pixar

Sono passati ben dodici anni dalla prima volta che ho varcato il cancello sovrastato da un nome ormai sedimentato nell’immaginario collettivo: Pixar. In quella prima occasione ero stato invitato alla presentazione alla stampa internazionale di Ribelle - Brave, lungometraggio che ancora oggi rimane uno dei miei film del cuore tra quelli da loro prodotti. Dal 2012 vi sono tornato altre sette volte, in alcuni casi grazie a produzioni memorabili quali Inside Out e Gli incredibili 2. L'ultima visita alla Pixar è avvenuta alla fine di aprile 2024, quando insieme ad altri colleghi provenienti da tutto il mondo sono stato invitato all'anteprima di Inside Out 2, sequel del lungometraggio d’animazione che molti (e non a torto) considerano il migliore realizzato dalla Pixar Animation Studios.

Se il senso di meraviglia, la trepidazione e la sorpresa sono ormai emozioni relegate alle visite passate, a rimanere intatta è la invece sensazione di entrare in un luogo speciale, il quale possiede una sua aura specifica, capace di tenere fuori tutto quello che avviene fuori da quel cancello. La Pixar continua ad essere un luogo in cui ci si sente ben accolti, dove si può trascorrere una giornata di lavoro all’insegna della produttività ma anche del relax nel vero senso del termine. Tornare poi dopo cinque anni, ovvero dopo aver vissuto i numerosi problemi e le incertezze che la pandemia ha creato al ruolo di giornalista/inviato, e ritrovare lo stesso calore umano e la stessa competenza professionale, è stato qualcosa che umanamente può regalarti quel pizzico di fiducia in più di cui ogni tanto si ha bisogno. Fiducia negli altri quanto, in fondo, anche un po’ in te stesso.

Il cosiddetto “Country Day” dedicato a un film di prossima uscita viene organizzato dai publicist della Pixar secondo un programma invariato negli anni: lo shuttle che raccoglie la stampa straniera ospitata solitamente in un hotel a San Francisco arriva algli Studios verso le otto del mattino. Dal parcheggio si percorre un breve viale alberato fino allo spiazzo principale, dove le riproduzioni gigantesche della leggendaria lampada e della palla, simboli della compagnia, accolgono i visitatori. Alla loro destra si trova lo Steve Jobs Building, l’edificio principale del complesso completato nel 2000, dove gli ospiti vengono accomodati in attesa di iniziare la giornata di lavoro. Lo stesso Jobs lo ha personalmente progettato: l’enorme navata centrale è stata concepita come luogo di incontro, spazio comune dove i dipendenti vengono stimolati alla condivisione di idee quanto di esperienze personali. Nei due piani costruiti ai lati invece si trovano i veri e propri uffici, in cui i film prendono vita: da un lato lavorano i cosiddetti “creativi” suddivisi in team dedicati ai vari film in produzione, dall'altro invece i tecnici predisposti ai numerosi aspetti della realizzazione.

Dopo la solita, abbondante colazione che il gruppo di ospiti può gustare nell’ampio ritrovo nella parte destra del palazzo, ci si sposta solitamente nella sala di proiezione situata nell’edificio adiacente, rinominato Brooklyn. Qui si trova infatti la sala di proiezione in cui, nel caso di Inside Out 2, il regista Kelsey Mann e il produttore Mark Nielsen hanno presentato i primi trentacinque minuti del film. A introdurli l’odierno capo creativo della Pixar e regista del primo Inside Out Pete Docter: “Nel corso degli anni abbiamo costruito universi enormi come l’oceano di Nemo e Dory, oppure lo spazio profondo di Wall-E. Ma nessuno di essi è paragonabile alla grandezza della mente di una giovane di dodici anni. Sapevamo dopo il primo film che avevamo lasciato da parte moltissime altre possibilità, che c’era ancora tanto da esplorare riguardo Riley. Inside Out 2 rappresenta in piccolo grande tentativo in questa direzione.” “Quando ho deciso di digitalizzare le mie foto d’infanzia - racconta Mann - ho notato che col passare degli anni quelle relative al giorno del mio compleanno mi vedevano sempre meno sorridente. Le emozioni che subentrano quando cresci ti rendono fin troppo cosciente di te stesso, inizi a vedere soltanto i tuoi difetti. Mentre si tratta di un’età che dovrebbe essere apprezzata, celebrata, e questo abbiamo voluto fare con Inside Out 2. Gli adolescenti dovrebbero guardarsi allo specchio ed amare quello che vedono, sia dentro che fuori.” Il produttore ha invece ricordato il cast di attori che hanno prestato le voci ai vari personaggi, da Amy Poehler (Joy) a Tony Hale (Fear), da Adèle Exarchopoulos (Ennui) a Maya Hawke (Anxiety) ad Ayo Edebiri (Envy). E proprio in una delle sale di doppiaggio dell’edificio abbiamo passato il resto della mattinata: ai giornalisti è stato infatti concesso il "divertissement" di prestare la propria voce a Joy in una delle scene chiave del film, precisamente quella in cui il gruppo di protagonisti scopre l’arrivo in scena di altre e potenti emozioni, prima tra tutte quella dell’ansia.

Come al solito la pausa pranzo viene spesa quasi interamente nel Pixar Store, dove si possono trovare articoli che solitamente non vengono messi in commercio altrove. È in questo piccolo negozio pieno di meraviglie che la mia carta di credito trova il suo momento di gloria, ma almeno questa volta posso dire di non aver speso (soltanto) per il mio piacere personale. La novità principale di quest’ultima visita alla Pixar è infatti il nuovo ruolo con cui sono arrivato, ovvero quello di padre. Mia figlia non ha ancora quattro anni, non le permettiamo di vedere film, la lasciamo sedere davanti alla TV per occasioni sporadiche e per non più di dieci, quindici minuti al massimo. Questo non significa ovviamente che io non stia trepidando all’idea di introdurla ai capolavori della Pixar. Alcuni personaggi le sono già piuttosto familiari, in particolar modo la principessa ribelle Merida e le emozioni di Inside Out. Ogni volta che posso le racconto di figure a me care come il robottino tuttofare di Wall-E, la famiglia di supereroi de Gli incredibili oppure di un vecchietto che può volare all’interno della sua casetta appesa a centinaia di palloncini colorati. Dopo attente valutazioni riguardo taglie, colori preferiti e tutto il resto che riguarda una bambina di quell’età, la scelta è ricaduta su un berretto da baseball con rosa con il logo Pixar, un peluche di Sulley, un puzzle di Brave - Ribelle e soprattutto le magliette di Inside Out 2 per tutta la famiglia, in modo da rivendicare ancora una volta il nostro (mio) orgoglio nerd…

Il pomeriggio viene organizzato interamente per le interviste: i membri della stampa internazionale si alternano nel chiacchierare con alcuni dei responsabili artistici di Inside Out 2. Il primo con cui ho potuto parlare del film è stato il direttore della fotografia Adam Habib, il quale ha già ricoperto tale ruolo per il precedente Onward nel 2020: “Per questo film la sfida maggiore è stata quella di dover creare due mondi diversi, quello reale dove vive Riley e quello ideale dentro la sua testa. Abbiamo scelto di rappresentare il primo costruendo le piccole imperfezioni della vita vera lavorando sia sui movimenti di macchina leggermente più sporchi e veloci, sia su una fotografia dalle luci maggiormente opache, soffuse. Il mondo di Joy e delle altre emozioni è invece nitido, stilizzato, pieno di colori sgargianti e contrasti cromatici. E i movimenti delle inquadrature in qesto caso sono morbidi, come quelli di una commedia classica di Hollywood. Quando ad esempio nella mente della protagonista Anxiety è al comando, nel mondo reale abbiamo adoperato qualcosa che somiglia molto alla macchina a mano. Lo stesso vale per il fuoco: nelle scene in cui Riley è maggiormente sotto stress, tutto intorno a lei diventa sfocato, come per sottolineare quanto il mondo possa spesso sembrare estremo a quell’età. Il nostro concetto è quello che, pur lavorando interamente grazie alla creazione al computer, le nostre camere e le lenti funzionano interamente come quelle dei lungometraggi reali.”

La seconda intervista del pomeriggio è stata quella col production designer Jason Deamer, specializzato nella caratterizzazione dei personaggi: Brave, Luca e Toy Story 4 sono alcuni dei film della Pixar per cui ha ricoperto tale ruolo: “Pete Docter, che ha diretto il primo Inside Out come tutti sanno, ha creato i personaggi partendo dall’idea di dare una forma ai vari colori, un concetto tanto semplice quanto straordinario nella resa dei cinque protagonisti. L’idea era quella di creare figure più vicine alla forma umana quando le emozioni erano maggiormente tangibili e positive, come ovviamente Joy, mentre ci si avvicinava più alla geometria e alla stilizzazione con emozioni come Anger o Fear. Con le nuove emozioni mi sono attenuto allo stesso principio, spingendolo però un po’ più verso gli estremi: Anxiety ad esempio ricorda la forma del fulmine, in quanto l’elettricità si relaziona sempre all’idea di stress o ansia. Un altro aspetto fondamentale per la creazione dei vari personaggi erano i livelli di luminosità che dovevano emanare a seconda delle situazioni. Il lavoro di rendering è costituito fondamentalmente nel produrre vari strati, vari livelli di luce per ogni figura in scena. Joy in particolar modo ne ha svariati nei momenti in cui è al comando della situazione.”

Dopo le interviste la giornata alla Pixar si chiude sempre con un po’ di tempo per il relax, gustando magari l’ennesimo caffè prodotto artigianalmente all’interno dell’edificio, oppure scambiando quattro chiacchiere con i colleghi e i publicist. La visita termina come di consuetudine con il ricevere in regalo una borsa con vari gadget del film per cui si è stati invitati. Infine non resta che salire sull’auto nel mio caso diretta all'aeroporto di San Francisco, dove mi attende il “red eye” diretto a New York. Come scritto, il giorno di lavoro trascorso alla Pixar viene organizzato sempre attraverso lo stesso programma.

E ogni volta regala la stessa, incomparabile gioia.

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