'Song of All Ends': il capolavoro fotografico di Lorusso nel campo profughi palestinese - Taxidrivers.it
Connect with us

Festival Cinema Africano, Asia e America Latina

‘Song of All Ends’: il capolavoro fotografico di Lorusso nel campo profughi palestinese

Il film, girato in bianco e nero, cattura la quotidianità e il dolore della famiglia, con momenti di speranza e ricordi di Houda, la figlia perduta

Pubblicato

il

Song of All Ends è un film di Giovanni C. Lorusso. Il regista ne è anche sceneggiatore, direttore della fotografia e montatore (qui assieme a Silvia Arecco). Prodotto da LaboGCL, è andato in prima all’IFFR e ultimamente al FESCAAAL nel concorso EXTR’A. Tra gli interpreti: Galeb Alhaddad, Bouthina Alhaddad, Abdullah Alhaddad, Shrouk Alhaddad, Hassan Alhaddad, Ali Solaiman, Houda Alhaddad.

Questo progetto nasce dalla stretta collaborazione durata due anni con la comunità di residenti libanesi, siriani e palestinesi nel Campo di Shatila, concentrandosi in particolare sulla famiglia Alhaddad. In precedenza, Lorusso ha lavorato con la stessa famiglia per la creazione del libro autoprodotto del 2021 intitolato “I limiti della rottura“, documentando i giorni e le settimane che seguirono l’esplosione di Beirut nell’agosto 2020.

Song of All Ends Sinossi

Il film ci racconta la vita quotidiana del campo profughi palestinese di Shatila dopo la tragica esplosione nel porto di Beirut. Condividendo un fardello di profondo dolore con una famiglia, diventiamo inestricabilmente legati all’esperienza singolare della lotta per tornare a vivere. In cerca di un nuovo inizio, deve abbandonare ciò che gli è rimasto.

Un incipit ieratico

Song of All Ends ci trascina dolcemente nella quotidianità del campo profughi palestinese. L’atmosfera prende subito forma attraverso immagini avvincenti, maestose. Inizia tutto con un’inquadratura in primo piano sull’anziano della famiglia: sta fumando, la sua voce fuori campo riecheggia in parole che sembrano uscite dal Corano. Ogni verso attentamente collegato alle immagini che ci vengono mostrate in questo prologo. Subito la luce è legata alla piccola Houda.

“Occhi miei, non gettate via il vostro sguardo stupito verso i raggi incandescenti della vita. Dormite, copritevi nel buio profondo, occhi miei. Non sopprimete la vostra forza abituale, perché vi mostrerò una luce più luminosa. E attraverso la notte tutto sarà più chiaro.”

Inquadrature da fotoreportage

Il viso di una bambina, un orsacchiotto, stracci che sventolano nella brezza, tetti sommersi dalle macerie, teloni, edifici scheletrici, una stalla. La vita in tutte le sue faccende giornaliere ci passa davanti agli occhi in un drammatico ed emozionale bianco e nero. Non è una scelta meramente d’effetto, come in molti altri film. Lorusso rende perpetuo il gioco tra tenebra e luce, spiragli in cui si vede il cielo e il buio degli spazi interni; tutto sublimato dai pochi ed emblematici dialoghi di cui siamo testimoni.

Numerose sono le inquadrature dall’alto, con una forte componente prospettica con cui la fotografia ‘gioca’. I tagli di luce ora accarezzano, ora gravano sull’ambientazione e i personaggi, mentre li vediamo affaccendati in ciò che la vita gli ha lasciato. Non c’è un legame evidente, se non il quotidiano, tra una scena e l’altra. Eppure nulla sembra superfluo.

“Come stanno i bambini? Hasan, Abdullah, Shrouk? Stanno tutti bene. Ma non c’è scuola, stanno tutto il giorno a casa… a casa senza fare nulla! A non fare nulla per la maggior parte del tempo. Non c’è scuola, quindi stanno a casa e creano problemi”

Queste le parole della madre, che sentiamo parlare con qualcuno. In scene commoventi li vediamo giocare alla guerra tra le macerie, a volte con i gatti, ogni tanto ballano e ascoltano la musica. Tutti, non solo loro, sono ripresi nel forte contrasto tra solitudine e scene di gruppo: le loro ansie, le loro gioie, spesso le loro visioni e anche i sogni.

Ma a un certo punto torna il colore.

“Lo sai che la tua sorellina ci osserva sempre?”

La bambina che vediamo fin da subito e che si muove come un fantasma tra i luoghi del campo profughi è la più giovane della famiglia. Houda è morta vittima della tragedia e non c’è giorno in cui i genitori e il nonno non la ricordino con dolore sempre più penetrante. Loro continuano a vederla e a sistemarle la cameretta, aspettando con speranza il ‘domani’ (unica parola che le sentiamo dire, sussurrando come uno spettro all’orecchio dell’anziano che dorme).

“Perché Dio ha tenuto tutti e ha portato via Houda? Così ho detto a Dio: È finita tra me e te. Io non ti conosco e tu nonconosci me. E questo è ciò che è successo. E a oggi siamo ancora in cattivi rapporti.”

A metà film, improvvisamente, torna l’elemento cromatico: nel sogno la madre e il padre guardano la figlia, con intense inquadrature sui loro occhi. Poi di nuovo svegli rivediamo quello sguardo senza colore. Sarà proprio per una visione del capo famiglia, guidato dalla bambina che sempre li osserva, che il gruppo si sposterà infine, lontano, tra la neve, in cerca di speranza. Nell’ultima scena intorno al fuoco, vediamo tutti, compresa Houda e il suo orsacchiotto di peluche, nella luce della speranza che li accompagna.

In questo momento di lirico, il padre recita A note for a Traveler di Sargon Boulus:

‘When I saw

death performing its ablutions in the fountain

People around me crossing the streets in their sleep

It seemed that my dreams were

pyramids of sand

crumbling before my eyes

I saw my day fleeing

in the opposite direction

far away from that cursed city…

We choose the beginning

But the end chooses us

And there is no road except the road.’

Song of All Ends: Il Trailer

Registrati per ricevere la nostra Newsletter con tutti gli aggiornamenti dall'industria del cinema e dell'audiovisivo.

  • Anno: 2024
  • Durata: 73'
  • Distribuzione: LaboGCL
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia, Francia, Libano
  • Regia: Giovanni C. Lorusso