Il Regno del Pianeta delle Scimmie: la recensione del film di Wes Ball che fa ripartire la saga - Il Cineocchio
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Voto: 5.5/10 Titolo originale: Kingdom of the Planet of the Apes , uscita: 08-05-2024. Regista: Wes Ball.

Il Regno del Pianeta delle Scimmie: la recensione del film di Wes Ball che fa ripartire la saga

08/05/2024 recensione film di William Maga

Freya Allan è tra i protagonisti di un blockbuster visivamente all'avanguardia, ma contenutisticamente lontano dalle idee di Boulle e Schaffner

Il Regno del Pianeta delle Scimmie film 2024

Riprendendo tre secoli dopo gli eventi di The War – Il Pianeta delle Scimmie, la supposta conclusione della trilogia di Matt Reeves del 2017 (la recensione), Il Regno del Pianeta delle Scimmie (Kingdom of the Planet of the Apes) di Wes Ball traghetta finalmente l’ambientazione del reboot del franchise dalle parti dell’originale Il Pianeta della Scimmie di Franklin J. Schaffner.

I discendenti dei primi primati iperintelligenti governano ora il mondo e hanno stabilito più o meno solide civiltà, mentre la specie umana, quasi estinta, è regredita allo stato selvaggio.

Con gli uomini ridotti alla stregua di un branco di animali, il conflitto è evidente soprattutto tra gruppi rivali di scimmie. Uno di questi scontri si verifica all’inizio del film, con un pacifico clan rurale allevatore di aquile assaltato improvvisamente e costretto alla schiavitù da Proximus (Kevin Durand), un despota che ha distorto le parole benevole di Cesare per raggiungere i propri fini fascistoidi. Solo un membro del gruppo rapito, il giovane scimpanzé Noa (Owen Teague), sfugge alla morte o alla cattura, salta in groppa al suo destriero e si mette all’inseguimento dei predatori per salvare la sua gente e rovesciare il regno del bonobo aspirante tiranno, raccattando qualche alleato lungo la strada.

Il Regno del Pianeta delle Scimmie film posterQuesto veloce riassunto evidenzia inavvertitamente la sostanziale superficialità di fondo che ha definito l’operazione di reboot iniziata nel 2011. Sia il romanzo originale del francese Pierre Boulle che il capostipite del 1968 non solo affrontavano le ansie di un conflitto nucleare, ma giocavano sottilmente sulla storia del linguaggio e delle immagini razziste che equiparavano i neri alle scimmie e le scimmie ai subumani.

Mostrando primati neri e marroni come intellettualmente dominanti rispetto a un cast di esseri umani (vistosamente bianchi) ‘muti’, il classico del ’68e illustrava infatti in modo puntuale la facilità con cui una presunta ‘razza dominante’ potrebbe deteriorarsi sotto la sferza della frusta e il divieto di accesso all’istruzione.

A confronto, la prima trilogia reboot diretta da Matt Reeves ha preferito non riprendere apertamente quella delicata spinta socio-politica, lastricando la sua traiettoria di buone intenzioni e optando piuttosto per una blanda critica all’avidità incontrollata del settore tecnologico.

Spingendosi anche oltre, i nuovi film si preoccupavano di sottolineare persino come il degrado dell’umanità derivasse dallo stesso virus che aveva garantito ai primati un’intelligenza superiore, arrivando di fatto a eliminare completamente dall’equazione l’orrore di quanto una piccola spinta sarebbe stata sufficiente per annullare centinaia di migliaia di anni di crescita sociale e intellettuale.

Scritto dall’ossequioso al ‘nuovo corso’ Josh Friedman (Black Dahlia), Il Regno del Pianeta delle Scimmie si apre con poche righe testuali che ricordano al pubblico queste circostanze, smorzando preventivamente l’impatto di Noa che si imbatte in una fanciulla (Freya Allan) che dimostra un’intelligenza superiore alla media, stravolgendo completamente la sua concezione degli esseri umani.

Il film costruisce una serie di colpi di scena intorno al livello di ‘consapevolezza’ della ragazza, ma un virus può colpire ogni ospite in modo diverso, e certe rivelazioni che dovrebbero essere clamorose appaiono – piuttosto – perfettamente logiche e irrilevanti. Anche la trama più ampia sulla ricerca di vendetta da parte di Noa risulta poco sviluppata, spesso affidata a una piega improvvisa (ma mal spiegata …) per suggerire una profondità che si disperde al minimo esame.

Molto più coinvolgenti sono i momenti più tranquilli in cui Noa entra nel ‘resto del mondo’, spingendosi oltre i confini del suo villaggio, ed è esposto ai resti fatiscenti degli ex governanti della Terra.

Al pari di Omero che viveva tra le rovine dell’Età del Bronzo e creava una storia mitica di dei ed eroi per spiegare le reliquie di un’epoca avanzata ma perduta, le scimmie possono solo fissare i resti di grattacieli troppo alti o gli scafi di navi spiaggiate e arrugginite che costellano le spiagge come ossa di leviatani morti, sforzandosi di immaginare come siano arrivati lì.

Kevin Durand si crogiola in questo meraviglioso mistero nel modo in cui interpreta il suo Proximus ‘Cesare’. Sebbene desideri ardentemente ottenere l’intelligenza necessaria per forgiare grandi creazioni, questo ‘signore della guerra’ non riesce a trattenere una nota di riverenza nella voce mentre sogna il mondo che fu.

Il Regno del Pianeta delle Scimmie film 2024 freyaCoi Wētā FX Studios che ancora una volta si occupano degli effetti visivi, la motion capture è un’esibizione prevedibilmente esemplare di tale tecnologia, e Il Regno del Pianeta delle Scimmie è spesso strabiliante nei primi piani che rivelano una sorprendente gamma di espressioni sui volti delle scimmie.

Nelle scene più movimentate, però, questi dettagli si perdono, con le scimmie che tendono a confondersi in goffe montagne di pelo che si scontrano l’uno con l’altro. In effetti, queste schermaglie in widescreen non emanano la grazia e il realismo che caratterizzano invece le riprese di singoli individui o di piccoli gruppi di primati.

A onore di Wess Ball (Maze Runner), questo decimo capitolo della saga beneficia di un’atmosfera generalmente cupa. Il Regno del Pianeta delle Scimmie non sembra tanto interessato ad accumulare il tipico ‘show da blockbuster’ hollywoodiano, quanto a contemplare senza fretta i resti appassiti di una specie e le prime costruzioni e organizzazioni sociali di un’altra.

Gran parte dei 145 minuti del film sono girati in esterni, garantendo forza alla tranquillità e salubrità ritrovata dell’ambiente, ma rende inevitabilmente meno avvincenti i momenti ricostruiti al computer. Quando le esigenze di spettacolarità dettate dai 160 milioni di dollari di budget prendono il sopravvento nell’atto finale, un prodotto che all’inizio si stava distinguendo per l’immaginificità di una prospettiva diversa sul mondo finisce  infatti inevitabilmente per assomigliare in modo troppo banalmente deludente a qualsiasi altro titolo uscito da Hollywood nel recente panorama cinematografico.

Un aspetto che pesa sul giudizio finale almeno quanto l’assoluta prevedibilità di tutto quello che accade. Il cliffhanger conclusivo serve invece solo a suggellare il legame coi prossimi due film, già pianificati.

Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Il Regno del Pianeta delle Scimmie, nei nostri cinema dall’8 maggio: