Interviste impossibili di Silvano Sbarbati - Poeti del Parco

Interviste impossibili di Silvano Sbarbati

Recensione di Maria Lenti

 

Appaiono possibili le impossibili interviste rilasciate a Silvano Sbarbati da donne e uomini jesini (per nascita, adozione, intro-missione sentimentale, per incarico lavorativo) di tempi e intendimenti diversi. Appaiono possibili, ascoltabili, verosimili, divertenti nei disegni di Alice Saccenti. Esilaranti nel linguaggio che versa al lettore le caratteristiche dei vari intervistati, i loro punti nevralgici, i nervosismi per la storia rimandata in falsi, l’orgoglio di esserci stati, di avere vissuto e fatto ciò che la tradizione attribuisce a loro o, sciaguratamente, ha loro sottratto.  

Silvano Sbarbati, dalle pagine di “Voce della Vallesina” raccolte per l’editrice Affinità Elettive due anni fa,  rivive con i suoi interlocutori momenti, vicende, eventi, pensieri, avvenimenti, un tessuto, in definitiva, talora stravolto dalle dicerie, qui restituito in corpore vivo. Restituito dalle e nelle movenze linguistiche del tempo degli stessi parlanti: il Medioevo, il Rinascimento, la modernità Sette-Ottocentesca, la lontananza millenaria, il dialetto, jesino e veneziano. Restituito con la conoscenza dell’eloquio passato e la verve del giornalista attuale: la mescidatura, la sovrapposizione di una all’altra modalità dà al personaggio la vivacità di un… incontro a Jesi più che convincentemente atteso dalle due parti in dialogo.

Celeste Erard (moglie di Gaspare Spontini), l’imperatore Federico II, Rafael Sabatini (scrittore nato a Jesi nel 1870), Costanza d’Altavilla, Federico de’ Conti  (stampatore a Jesi della Divina Commedia nel 1472), Lucagnolo da Jesi (orefice rinascimentale), Re Esio (fondatore di Jesi), San Settimio (vissuto a Jesi attorno al ’300 d. C.), Angelo Colocci (vissuto tra Jesi, la Roma di Raffaello e ritorno dopo il sacco della città del 1527), il Marchese Pallavicino (“quello del vallato” di Jesi del XVI secolo), Martin Calandra (traduttore nel gennaio del 1959 in vernacolo jesino del primo canto della Divina Commedia), una popolana in piazza alla nascita di Federico II nel 1196.

Pagine, per ogni protagonista, mosse da una qualche sottile ironia,  vibranti tra la domanda e la risposta. Da laureato in materie umanistiche e da opinionista ben formato e informato (il suo Un’altra città, romanzo tarocco – così in copertina – del 2017 per Arti Grafiche Jesine, ne è testimonianza), Silvano Sbarbati, mentre sembra accondiscendere al racconto de visu e sui generis del suo soggetto, pungola nella domanda e “svirgola” sulla narrazione, incalza con qualche dubbio ma anche con orgoglio, perché tutti hanno dato a Jesi fama e la ricca presenza di chi, nella sua città e della sua città, ha cercato pur lontano il meglio da far vivere nella sua odiernità ma per i posteri.   

Il meglio rivela anche, non poteva essere diversamente per chi conosce e vive una data realtà scrivendone, le caratteristiche di una località e dei suoi figli in essa: amore sempre e sdegno (se ignorati), umanità solidale e qualche invidiuzza, esaltazione per un rientro (di notorietà, se non di corpo) che porta lustro alla comunità, talora la costante secolare del “nemo propheta in patria”. 

Con affetto profondo, però, da parte di chi, intervistatore scelto o volutamente fattosi avanti, dall’occasione ha tratto un’occasione di lettura (di un luogo del suo cuore) da consegnare a coloro che desiderino entrare nelle sue dinamiche e pieghe, passate e contemporanee. 

Silvano Sbarbati, Interviste impossibili, illustrate con disegni originali di Alice Saccenti, Ancona, affinità elettive 2022, pp. 88