L’importanza di chiamarsi Jackie | TV Sorrisi e Canzoni

L’importanza di chiamarsi Jackie

A trent’anni dalla scomparsa di Jacqueline Kennedy Onassis, un libro ripercorre la vita della first lady diventata un’icona di stile

19 Maggio 2024 alle 08:04

A 30 anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 19 maggio del 1994, Jacqueline Kennedy Onassis, la first lady americana più amata (e discussa) di sempre, viene raccontata nel libro “Jackie. La vita e lo stile di Jacqueline Kennedy Onassis”, illustrato con oltre 150 fotografie, edito da White Star e scritto da Chiara Pasqualetti Johnson, giornalista e autrice di biografie di grandi donne, diventate bestseller internazionali. La intervistiamo.

Come mai si è interessata a Jackie?
«Dopo aver scritto le biografie di Coco Chanel e Audrey Hepburn, ho voluto approfondire la vita di un’altra icona andando al di là del personaggio, per capire che persona fosse e perché abbia ispirato e continui a ispirare generazioni di donne. Tutt’altro che perfetta, con i suoi difetti e le sue fragilità».

Raffinata, carismatica, sensibile... L’aggettivo che meglio ne riassume la vita?
«Misteriosa: è stata la donna più fotografata della sua epoca, ha rilasciato tante interviste, ma ha mantenuto il riserbo sul suo lato più profondo. La cultura è stata la sua forza: Jackie ha studiato, sapeva parlare di storia, politica ed economia con i grandi della Terra e sapeva parlare ai media».

La prima vera “first lady”?
«Beh, nella storia delle first lady c’è un prima e c’è un dopo. La data spartiacque è il 20 gennaio 1961, quando Jackie entrò alla Casa Bianca al fianco del marito, John Fitzgerald Kennedy. Da quel momento è cambiato tutto: Jackie e JFK sono stati più di una coppia di potere a Washington. Sono stati i sovrani che gli Stati Uniti non hanno mai avuto, amati da tutti e rappresentanti dell’intera popolazione».

I suoi abiti erano sempre “politici”?
«Sì, come il tailleur rosso fuoco in tinta con le uniformi della Guardia Reale canadese, indossato nella sua prima uscita ufficiale, o il tailleur rosa che portava a Dallas il 22 novembre del 1963, il giorno dell’omicidio del marito. E che tenne addosso sporco di sangue fino al mattino dopo (come racconta il film “Jackie” con Natalie Portman, disponibile su Mediaset Infinity+, ndr)».

E gli accessori?
«In pochissime possono vantare una borsa con il proprio nome. Ci sono la “Kelly” e la “Birkin” di Hermès, dedicate a Grace Kelly e a Jane Birkin. E poi c’è quella che portava sempre lei quando sposò Onassis: aveva la forma a mezzaluna e la chiusura con un moschettone dorato. Era di Gucci e in suo onore la maison la ribattezzò “Jackie”».

I grandi amori, i vizi, le passioni e le mode che ha lanciato

Lo scrittore Truman Capote diceva di lei: «Ti seduceva con un sorriso, cambiava la tua vita e non sapevi nemmeno perché». Ma chi era davvero Jacqueline, nata Bouvier, poi Kennedy Onassis?

Jackie nacque il 28 luglio del 1929 a Southampton in una famiglia dell’alta società newyorkese, primogenita di John Vernou Bouvier III (1891-1957), broker di origini francesi, e di Janet Norton Lee (1906-1989), imparentata alla lontana con i Rockefeller e i Vanderbilt. Dall’affascinante papà, dedito alle carte, alle belle donne e all’alcol, Jackie ereditò lo charme. «Quando sorridi, pensa alla Gioconda di Leonardo» le diceva. La mamma sognava per lei un buon partito. E si raccomandava: «Non devi avere l’aria più intelligente degli uomini che incontri, altrimenti li spaventi». Dopo il diploma, nel 1947, frequentò il Vassar College, l’equivalente femminile delle Università di Harvard e Yale.

Finiti gli studi, cominciò a lavorare al quotidiano Washington Times-Herald. Per 25 dollari alla settimana, intervistava cittadini di ogni ceto e li fotografava con la Graflex Speed Graphic, l’ingombrante macchina fotografica della redazione che portava a tracolla. Tra questi, c’era il futuro 35° Presidente degli Stati Uniti: John Fitzgerald Kennedy. Si innamorarono a una cena in casa del premio Pulitzer Charles L. Bartlett e si sposarono il 12 settembre 1953.

La coppia ha avuto quattro figli: Arabella (nata morta nel 1956); Caroline Bouvier Kennedy (classe 1957), John Fitzgerald Kennedy Jr., detto John-John (1960-1999), e Patrick, morto due giorni dopo la nascita, nel 1963.

Jacqueline “francesizzava” la pronuncia del suo nome in “Jack-lìn” e battezzò il suo cavallo Danseuse (“ballerina”, in francese). Alla Casa Bianca aveva assunto il rinomato chef francese René Verdon. A pranzo, la first lady prendeva una tazza di brodo e un mini-sandwich, a cena mangiava del salmone bollito servito freddo, seguito da agnello con patate, fagiolini e gelato. E le piaceva fare colazione a letto.

Adorava i capi di Givenchy e Balenciaga, ma da first lady indossò solo alta moda americana. Scelse Oleg Cassini, stilista che aveva importato negli Stati Uniti il gusto delle maison europee. Le scarpe? “Kitten heels”: décolleté con tacco basso, dai 3,5 ai 4,5 cm. Immancabile il “pillbox hat”, il cappellino a tamburello creato dal sarto newyorkese Roy Halston (come racconta la serie tv “Halston”, su Netflix).

Jackie fumava due pacchetti di sigarette al giorno per non ingrassare, ma non si fece quasi mai cogliere in flagrante dai paparazzi mentre fumava. Il suo profumo del cuore? “Joy”, fragranza creata da Jean Patou nel 1929. Per le acconciature invece si affidava a Kenneth Battelle. Quando lui aprì un salone a Manhattan, anche Marilyn Monroe divenne sua cliente. Tra le cose che Jackie aveva in comune con l’attrice, oltre al parrucchiere, c’erano anche le attenzioni del marito...

Rimasta vedova di John Fitzgerald Kennedy, il 20 ottobre 1968 in abito bianco di Valentino Jackie sposò l’armatore greco Aristotele Onassis (1906-1975), che per lei aveva lasciato la cantante lirica Maria Callas. Lui le regalò un solitario da 40 carati e firmò un contratto prematrimoniale che le avrebbe garantito una rendita annua e una liquidazione principesca in caso di divorzio. Per un po’ i due furono felici a Skorpios, l’isola che lui possedeva nel Mar Ionio. Lei cambiò look, divenne “Jackie O”, un marchio: portava i pantaloni a sigaretta, i trench sobri, i foulard di Hermès, i maxi occhiali da sole del designer francese François Pinton.

Finita la storia con Onassis, Jackie tornò a lavorare nell’editoria. Curò tanti libri tra cui “Moonwalk”, l’autobiografia di Michael Jackson del 1988. Se n’è andata a 64 anni per un linfoma non Hodgkin. Accanto a lei, fino alla fine, è rimasto il suo ultimo amore: il mercante di gioielli belga Maurice Tempelsman, oggi 94enne.