Il regista Martin Provost e lo scenografo Jérémie Duchier firmano il biopic su un mondo, quello degli artisti Nabis e della Francia di fine 800

C’è un mandorlo meraviglioso che in una primavera ancora timida mostra tutta la sua forza dirompente in una fioritura eccezionale. E c’è un signore, piuttosto anziano, non più ben saldo sui suoi passi, con un gilet e un cappello in testa, che lo osserva sul sentiero che lo sta conducendo a casa.

I suoi occhi si illuminano davanti a tanta bellezza, allora accelera il passo per portarla agli occhi di lei, costretta a letto. È lei l’amante della natura, ed è stata lei a credere che quell’albero avrebbe ritrovato la vita una volta superato l’inverno.

Lei è Marthe e lui Pierre, per la precisione loro sono Pierre e Marthe Bonnard.

A raccontare la vita del pittore e della sua musa - moglie è un film delicato quanto intenso nella sua attitudine quasi atomica a scomporre la felicità in elementi sempre più piccoli fino a giungere all’essenza, quindi ribaltarla nel suo opposto, l’infelicità. La tristezza, la malinconia, la frustrazione.

E poi di nuovo, la gioia, la sintonia e quel gioco instancabile che solo due amanti sanno fare, nel tempo.

Un biopic? Il termine è troppo stretto, piuttosto si potrebbe definire un piccolo trattato di anatomia dell’unicità di una relazione amorosa. A firmare il film è Martin Provost che con il titolo Ritratto di un amore (I Wonder Pictures) fa parlare quel mistero che è la coppia.

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L’episodio del mandorlo accade a Le Cannet, piccola località nel sud della Francia, dove la coppia si era trasferita da anziana. Ma tutto comincia molto tempo prima, a Parigi nell’atelier di Bonnard, dove lei posa per lui.

È la prima volta, non sa neppure quale sia il suo nome, l’ha ingaggiata per strada, ma in un attimo la passione li travolge. Il gioco inizia e non si fermerà mai, in un equilibrismo squilibrato che porterà tutti a chiedersi chi stia vampirizzando chi.

Lei è il feticcio, la musa assoluta, per molti colpevole di averlo isolato dal mondo, per altri invece vittima del marito, geniale predatore. Probabilmente sono reali entrambe le cose, sicuramente sono due anime affini, perfette per diventare compagne di vita e di arte.

Vincent Macaigne e Cécile De France, rispettivamente nei panni di Pierre e di Marthe, raccontano la Parigi di fine 800 e quel gruppo di artisti che si definivano Nabis, post impressionisti amici di Degas, Renoir e Monet, e della loro vita mondana.

Marthe detesta le finzioni, anche se vive nella menzogna di un personaggio che si è inventata a nascondere la sua vera identità, quella di Maria Boursin.

E questo mondo fatto di sincerità e mitomania la rende allergica al gioco della socialità, quel teatrino costruito dal quale lei fugge portando con sé Pierre nell’universo dell’amore per la solitudine e la natura.

È così che si trasferiscono a la Roulotte, una casa di campagna sulla Senna, descritta magnificamente dallo scenografo Jérémie Duchier (premio Cesar per il film Chocolat) che ne mette in scena il sapore, lo stile, ma soprattutto la luce, che il direttore della fotografia Guillaume Schiffman (premio Cesar e una candidatura agli Oscar per The Artist) fa dialogare con i dipinti di Bonnard.

La Roulotte diventa emblema di un modo di vivere e nelle mani di Duchier si fa preciso riferimento di stile, più o meno a contrasto con le case eleganti della mondanità cittadina, fino a raggiungere il suo opposto a Roma.

Sarà la capitale italiana ad accogliere Pierre e Renèe (Stacy Martin) sua giovane amante, cui ha promesso il matrimonio e una vita borghese, in una casa ricca e sfarzosa nel pieno centro della città. La mette a punto lei, con mobili sontuosi definiti dalla luce che filtra dagli scuri socchiusi: Roma è nella penombra. Come il cuore di Pierre, che infine deciderà di tornare da Marthe, donna libera e indipendente, che corre nuda nell’erba per tuffarsi nel fiume, senza obbedire ad alcun diktat della società del tempo.

Ritratto di un amore è il ritratto di un’epoca, di due artisti, di un sentimento profondo che li lega e della libertà. Al cinema dal 16 maggio.