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Liutai casalesi per Viotti e Stradivari

A Vercelli, polo Arca appuntamento con Paola Brancato di Casale Monferrato e Marco Pasquino di Trino

Alla mostra «Viotti e Stradivari. La ricerca della perfezione», presso il Polo Espositivo Arca di Vercelli (aperta fino a domenica 2 giugno, dal venerdì a domenica dalle 12.00 alle ore 20.00), informiamo dell’iniziativa “La bottega del liutaio” nella cappella Pettenati annessa alla Chiesa di San Marco. Sabato 18 maggio, dalle 15.00 alle 19.00, si svolgerà l’ultimo appuntamento – a ingresso libero – con i liutai Paola Brancato di Casale Monferrato e Marco Pasquino di Trino.

Per info e prenotazioni: info@viottistradivari.it.

Ospitiamo di Roberto Coaloa, nostro apprezzato collaboratore e storico, il primo di una serie di interventi dedicati ai violinisti, tra gli altri Viotti e Paganini, e alle vicende della liuteria in Piemonte tra Ottocento e Novecento.



Il pubblico numeroso della mostra «Viotti e Stradivari. La ricerca della perfezione» ha gradito molto l’allestimento del laboratorio di liuteria, che ha avuto come protagonisti la casalese Paola Brancato, liutaia e musicista (diploma di contrabbasso presso il Conservatorio Vivaldi di Alessandria e successivo perfezionamento in didattica della musica) e il trinese Marco Pasquino, liutaio e musicista (diploma di violoncello e composizione al Conservatorio Cantelli di Novara). Con loro, mercoledì 1° maggio e sabato 11 maggio, si sono alternati, per presentare il lavoro della “bottega del liutaio”, il giovane Diego Carranza e Ayaka Watanabe, liutaia giapponese, ora a Cremona, con studi alla Civica Scuola di Liuteria di Milano. L’ultimo incontro con Brancato e Pasquino si terrà sabato 18 maggio, nella Cappella Pettenati, dalle ore 15 alle 19.

Brancato e Pasquino, liutai di grande esperienza, sono stati invitati dalla Fondazione Viotti nelle vesti di costruttori di archetti per illustrare e far conoscere al grande pubblico la figura di Giovanni Battista Viotti come “padre” dell’arco moderno.

Nato a Fontanetto Po, il 12 maggio 1755, e morto a Londra, il 3 marzo 1824, Viotti è stato, infatti, l’inventore dell’arco moderno. Viotti, inoltre, è stato il più importante musicista piemontese di ogni tempo e, dispiace ammetterlo, più grande del casalese Carlo Evasio Soliva (chi scrive da anni cerca di valorizzarne la figura del musicista, nato a Casale il 27 novembre 1791, con ricerche d’archivio, saggi e concerti, ma il compito è ancora ben distante dal suo compimento). Soliva morì a Parigi il 20 dicembre 1853, circondato dall’affetto degli esuli polacchi, dei numerosi artisti della capitale, ricco di onori e confortato da una famiglia numerosa, con la sepoltura tra i grandissimi del cimitero “vip” Père-Lachaise. Viotti, invece, fu sfortunato: morì povero e affranto da una vita spesso ingiusta nei confronti del suo grande talento. È noto il nobilissimo testamento del violinista, nel quale dispone che siano venduti il suo Stradivari, dal quale si sarebbe potuta ottenere «una buona piccola somma», il suo orologio e le tabacchiere, per estinguere col ricavato il credito maturato dalla sua creditrice e amica Margaret Chinnery; aggiungendo che non sia fatta alcuna spesa per i funerali: «un po’ di terra basterà per un miserabile come me».

Per quarant’anni, però, Viotti fu davvero un personaggio à la page. Era una personalità singolarissima. Elegante, era un uomo bello e raffinato. In Russia, Viotti incantò la zarina Caterina. Deve aver visto cose magnifiche all’epoca di Luigi XVI e di Maria Antonietta, quando era nell’orchestra privata del Principe di Rohan-Soubise, il grande maresciallo francese, ministro di Stato di due re: Luigi XV e Luigi XVI. Da amateur di musica, il Principe di Rohan-Soubise fece installare nei giardini del suo castello della Muette il primo padiglione d’orchestra, su imitazione di quello inglese di Lord Ranelagh. Viotti visse, con il maresciallo e la sfortunata regina, che gli passava uno stipendio annuo assai consistente, gli ultimi bagliori dell’Antico Regime. Viotti passava il suo tempo alle Tuileries, a Versailles e presso l’abitazione del suo amico Cherubini, componendo e insegnando musica. Suonava e dirigeva Concerts spirituels. Dopo la Rivoluzione visse a Londra, dove trovò una compagnia di anime affini, tra gli altri il violinista Salomon di Bonn, Cramer, Pleyel, Giardini, Lindsley, Dragonetti. Tornato in Francia, la sua influenza sui violinisti francesi fu enorme.

Nel 1802, il ritorno di Viotti a Parigi fu trionfale. Si ricorda la bella immagine di Baillot, che così descrive l’arte del violinista: «un archet de coton dirigé par de bras d’Hercule». Potremmo tradurre in italiano l’elogio di Baillot, che descrive il modo di suonare di Viotti, con queste parole: «Tutto sembrava fluire senza fatica, morbido e tuttavia energico. Col più grande slancio egli si innalzava nelle regioni dell’ispirazione. Il suo suono era superbo, dolce, ma ferreo ad un tempo, come se il fragile arco fosse guidato dalla mano di un Ercole».

Con i suoi allievi Rode, Alday e Labarre, Viotti avviò in Francia il periodo di splendore del violino. Anche Kreutzer e Baillot gli devono molto. Così non stupisce se molti storici della musica chiamano Viotti, l’italiano, il padre della musica violinistica in Francia.

Compositore di grande vitalità, virtuoso violinista, collezionista di violini, innovatore e musicista ammirato da Mozart, Haydn e Brahms, Viotti rappresenta un passaggio fondamentale nel cammino verso la grande musica strumentale dell’Ottocento. Il suo concerto per violino e orchestra numero 22 in la minore resta meritatamente famoso e ha avuto interpreti, nel recente passato, davvero leggendari: Yehudi Menuhin, Isaac Stern, Arthur Grumiaux, Mark Kaplan, David Ojstrach.

A unire stranamente i destini di Viotti e Soliva sono le poche informazioni sui primi anni di formazione musicale e sulle loro peregrinazioni in tutta Europa. Forse, la vita di Soliva è più romantica, e “tranquilla”, svolgendosi nell’Europa della Restaurazione, tra Chopin e il salotto parigino di George Sand. Quella di Viotti è in gran parte vissuta pericolosamente a cavallo della Rivoluzione francese, con soggiorni tra Londra e Parigi. Entrambi, però, furono assai amati alla corte dei Romanov a Pietroburgo. I due musicisti piemontesi meriterebbero approfondimenti costanti. Notiamo, ad esempio, che le opere di Soliva, belle e apprezzate da Stendhal e dai milanesi alla Scala nei primi anni della Restaurazione, come La testa di bronzo (melodramma eroi-comico in due atti di Felice Romani, che inaugurò la stagione milanese nel 1816) o Giulia e Sesto Pompeo (opera in due atti del 1818), sopravvivono e sono conosciute nel mondo grazie a registrazioni effettuate in Svizzera, con la direzione di Angelo Campori, il Coro della Radio Svizzera del Maestro Guido Fasolis e l’Orchestra della Svizzera italiana. Su questo punto, quello musicale, la figura di Viotti ha avuto più fortuna in Italia, grazie al fantastico lavoro della Fondazione Viotti. Oggi, la mostra di Vercelli al Polo Espositivo Arca omaggia il violinista, nel bicentenario della morte, con una mostra da sogno, affiancando alla sua figura quella del liutaio cremonese Stradivari, che Viotti fece conoscere e impose a Parigi e a Londra. Tra gli Stradivari presenti alla mostra di Vercelli, oltre a numerosi archetti storici, e altri strumenti appartenuti a Viotti, come uno Chanot, un Guarneri del Gesù, spicca l’ultimo strumento di Viotti, certamente il suo preferito, lo Stradivari oggi di proprietà della Royal Academy of Music di Londra, l’ex Bruce del 1709, il violino che finora non era mai stato concesso per un evento espositivo.

Su Viotti, tuttavia, ancora oggi, a parte il lavoro pionieristico e straordinario di alcuni musicisti, come Franco Mezzena con la Symphonia Perusina e Guido Rimonda con la Camerata Ducale, gli stimoli per approfondire la biografia del grande violinista piemontese sono assai rari e le pubblicazioni in italiano sono assai datate.

La biografia di Viotti presenta alcuni punti oscuri. Nella Chiesa parrocchiale di Fontanetto Po, dedicata a San Martino, è conservato l’atto di nascita e di battesimo di «Johannes Baptista» Viotti (il documento è ora in restauro a Vercelli). Poco sappiamo della sua famiglia e, a parte i soliti aneddoti ripetuti dai primi biografi, conosciamo ben poco dei suoi primi vent’anni di vita. Sulla sua attività di compositore ci sarebbe poi ancora molto da scoprire. Chi scrive ha individuato alla Biblioteca Reale di Torino una ricca corrispondenza, parte inedita, tra Luigi Provana del Sabbione e Carlo Vidua, dove i giovani amici raccontavano i loro studi di violino e composizione e lodavano gli antichi Maestri della zona compresa tra Casale e Vercelli, con particolare riferimento a Trino. Tutto questo merita un approfondimento. Viotti aveva studiato armonia e composizione, tuttavia, sappiamo ben poco di quel suo noviziato musicale tra la pianura vercellese e le colline del Monferrato. In ogni modo, Viotti deve aver avuto un Maestro assai esperto perché la tecnica di composizione dei suoi duetti, terzetti, quartetti, e delle opere con accompagnamento di piano e orchestra è magistrale.

Sulla biografia di Viotti, in realtà, ci sono molti approfondimenti che vengono dal mondo inglese e tedesco. Purtroppo poco noti in Italia. Nel 2009, ad esempio, è uscita una ampia opera su Viotti di Warwick Lister, Amico. The life of Giovanni Battista Viotti. Opera edita da Oxford University Press, di 544 pagine. In Germania, Ulrike Brenning, nel 2018, ha pubblicato un bel volume di circa quattrocento pagine: Giovanni Battista Viotti (1755-1824). Die europäische Karriere des grossen Geigers und Komponisten. Infine, segnaliamo la corrispondenza di Viotti con i suoi amici londinesi Margaret e William Chinnery pubblicata da Taylor & Francis Ltd, nel 2016. Una fonte preziosa di 320 pagine, che racconta il fondamentale incontro di Viotti, a partire dal 1792, con Margaret e William Chinnery, una ricca coppia inglese con forti legami nel mondo delle arti e delle lettere. Viotti si legò intimamente alla coppia, trasferendosi nella loro casa, costruendo un curiosissimo ménage à trois, diventando il secondo padre dei loro figli. «The Chinnery Family Papers» contengono oltre cento lettere Viotti e altri documenti. Attingendo ampiamente a queste carte, il volume mette una nuova luce sulla vita e sulla carriera di Viotti, nonché sul contesto in cui visse e lavorò. Vengono fornite nuove informazioni sulla ricezione dei concerti di Viotti a Londra e sulle esibizioni solistiche da lui tenute in Inghilterra, insieme a nuove informazioni sul suo ruolo di insegnante di musica in casa Chinnery. Da investigatori di quel brillante passato di Viotti, dovrebbe comparire, finalmente, qualche suo importante metodo per violino. C’è molta curiosità in merito. I suoi duetti per violino, infatti, sono tuttora di grandissimo valore. Sono dei piccoli capolavori, utili alla più alta formazione del musicista. I duetti di Viotti sono ricchi di modulazioni, pieni di idee melodiche e delle più fini armoniche delicatezze, di una eterna freschezza.

Intanto, godiamoci, a Vercelli, la mostra su Viotti e Stradivari, i contributi di ricerca biografica e sulle musiche di Viotti della Fondazione Viotti (nello spazio “Il salotto della musica” si possono ascoltare le registrazioni Decca della Camerata Ducale), che da sempre contribuisce a valorizzare l’eredità del violinista.

L’allestimento del laboratorio di liuteria è un importante momento di approfondimento sulla storia del violino e un modo assai elegante di presentare Viotti come il protagonista dello sviluppo dell’arco a noi contemporaneo. Non a caso Paola Brancato e Marco Pasquino discetteranno con il pubblico dei materiali, come il pernambuco, che proviene dal Brasile, legno ricercatissimo per gli archetti dei violini, e non solo. A seconda degli archi si usano strumenti appositi e materiali diversi. Un lavoro complesso e lungo. Spesso occorrono settimane o mesi per costruire o restaurare un arco. Poi si aggiunge una tecnica, sviluppata in decenni di lavoro con Maestri della liuteria (e nel Monferrato, ad esempio, non mancano le eccellenze nel passato e nella storia del Novecento) che fanno, soprattutto all’estero, di Paola Brancato e di Marco Pasquino l’aristocrazia, il meglio, degli archettai più conosciuti e stimati del nostro territorio.

Paola Brancato, oltre ad essere archettaia, si occupa anche di strumenti e rifletterà sul fatto che i legni tradizionali nell’uso del laboratorio di liuteria iniziano a subire pesanti, sebbene comprensibili, limitazioni legali. Da qui la ricerca e la sperimentazione di legni alternativi. Viotti, gran curioso, avrebbe sicuramente apprezzato e sostenuto, ovviamente, questo lavoro faticoso e pionieristico.

Roberto Coaloa

FOTO. da sin. i liutai Watanabe, Brancato e Pasquino