Parole Nuove - Commenti al Vangelo - Storie di braccia e di mani (don Angelo Casati) - QUMRAN NET - Materiale pastorale online

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TESTO Storie di braccia e di mani

don Angelo Casati  

VII domenica T. Pasqua (Anno B) (12/05/2024)

Vangelo: Gv 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

12Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. 13Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 14Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

15Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità.

Anche noi, nel giorno che fa memoria dell'ascensione al cielo di Gesù, rimaniamo con gli occhi rapiti in alto. A fissare il cielo? O chissà le sue braccia e le sue mani, sorprese in un gesto di benedizione. Ultimo fotogramma di una vita: volle andarsene così, in un gesto di benedizione: "Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo". Come se questo gesto racchiudesse tutto. Della sua vita. In effetti, dal suo farsi tenero nel grembo di una adolescente di Nazaret a questo essere risucchiato in una luce purissima, la sua vita, tutta, era stata e rimane una benedizione. Uno se ne va e tu gli dici: "Sei stato per me una benedizione". Così per Gesù. Non puoi non ripercorrere in un lampo, o forse meglio in un abbraccio, i suoi trenta e più anni e non cantare la gratitudine per questa visita di Dio sulla terra.

"Verrà" aveva cantato Zaccaria, padre del Battista "a visitarci dall'Alto un sole che sorge". Chissà perché quelle braccia e mani allargate in un cielo limpido mi hanno rimandato a braccia e mani allargate in un cielo livido in un pomeriggio di croce. Quando lui, Gesù, dopo aver gridato la desolazione dell'abbandono, si affidò a mani: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Aveva anche detto: "Nessuno vi strapperà dalle mie mani". Braccia e mani segno di una custodia inviolabile. Anche le braccia sulla croce erano fotogramma ultimo, ultimo a dire un amore, che di più non si può; un abbraccio, che di più non si può. La parola "abbraccio" infatti chiama la parola "braccia". Le braccia benedicenti nel giorno chiaro dell'ascensione erano le braccia inchiodate a legno nell'ora più buia della crocifissione, ne portavano i segni. La lettera agli Efesini oggi scriveva. "Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose".

Vado per sconfinamenti, come sono solito fare. Mi si accende negli occhi - non mi si offuscherà mai - un affresco, che anni fa ebbi la grazia di contemplare in Turchia, nella chiesa di san Salvatore in Chora ad Istanbul: Gesù risorto è raffigurato nel gesto di sollevare con le sue braccia Adamo ed Eva dalle bare degli inferi. E quelle braccia sembrano allungarsi: sempre più lunghe, per arrivare a tutti e a tutto, come fossero pervase da un fremito, la passione di portare con sé in alto - più in alto non si può - tutti e tutto, l'universo intero. Dio, che si è abbassato sino a noi nella storia di Gesù, ci riconduce alla casa dalle molte dimore. Noi diciamo cielo, per dire qualcosa di sconfinato, non certo un luogo come i nostri: la lettera aigli Efesini ci raccontava di un Gesù asceso al di sopra dei cieli per essere pienezza di tutte le cose. Ecco, la "pienezza". Una parola che fa sognare noi che nella vita sorprendiamo bellezze ma anche vuoti. Diciamo di cercare il volto di Dio, ma a volte sfregiamo il volto di donne e uomini, immagine del Dio vivente. Dio, la pienezza. Dell'amore.

A volte mi si chiede come sarà il paradiso: io non so. Sto alla promessa, immagino sarà sorpresa continua, perché credo nell'inimmaginabile fantasia di Dio. A volte mi incuriosiscono teologi, biblisti quando usano immagini a me vicine. Mi è capitato in questi giorni incrociando le parole di un biblista spagnolo José Antonio Pagola, che a sua volta cita un teologo ungherese, allargando così l'immagine della felicità in Dio. Scrive: "Non sarà Dio l'unico mediatore della nostra felicità eterna. Accesi dall'amore di Dio, ciascuno di noi diventerà a modo suo "cielo" per gli altri. Dalla nostra limitatezza e finitudine potremo toccare il Mistero infinito di Dio assaporandolo nelle sue creature. Godremo del suo amore insondabile assaporandolo nell'amore umano.

Il gaudio di Dio ci sarà regalato incarnato nel piacere umano. Il teologo ungherese Ladislaus Boros vorrebbe suggerire questa esperienza inesprimibile scrivendo: "Sentiremo il calore, sperimenteremo lo splendore, la vitalità, la ricchezza immensa della persona che oggi amiamo, per la quale ringraziamo Dio. Tutto il suo essere, la profondità della sua anima, la grandezza del suo cuore, la creatività, l'ampiezza, l'eccitazione della sua reazione amorosa ci verranno regalati"". Guardo in alto, attingo speranza e faccio ritorno alla terra, alle case. Anche i discepoli furono richiamati, da angeli in bianche vesti, a non restare troppo a lungo a guardare il cielo; dissero: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?". Fecero ritorno a Gerusalemme, la città che non era stata, in quei giorni di certo, città della pace, ma della violenza. Negli occhi le braccia e le mani benedicenti di Gesù, profeta dei tempi nuovi, lui che per passione aveva abbracciato donne, uomini, bambini. La passione che diventa braccia.

Diventi braccia anche in noi. Che oggi celebriamo il mistero dell'innalzamento di Gesù.

 

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