Il regista Rasoulof lascia l'Iran: "Aspetto la fine delle tenebre nel mio Paese e scelgo l'esilio"
Iran a Cannes

Il regista Rasoulof lascia l'Iran: "Aspetto la fine delle tenebre nel mio Paese e scelgo l'esilio"

Il cineasta de "Il male non esiste" in un post su Instagram racconta di aver scelto l'esilio dopo una condanna a otto anni: l'Iran soffre della tirannia religiosa -scrive- ora sono residente nell'Iran culturale come milioni di rifugiati prima di me

La solitudine della montagna dove si trova, la neve che si scioglie, pochi secondi di un video e un lungo messaggio postato dal regista iraniano Mohammad Rasoulof, per annunciare che è fuggito dall'Iran. 

L'abbaiare di un cane e un riparo, immagini di una nuova primavera, un nuovo inizio esistenziale in un post, comunque doloroso, in cui il noto cineasta, Orso d'oro a Berlino nel 2020 per “Il male non esiste”, racconta dell'ultima condanna, avvenuta mercoledì scorso, a otto anni di prigione per “collusione contro la sicurezza nazionale”. “Ho scelto l'esilio” spiega dopo che le autorità gli hanno sequestrato il passaporto ma, dice rivolgendosi col "tu" alla Guida suprema Ali Khamenei “Non sapevi che la mia identità non è nel mio passaporto”.

Il resto del messaggio non lascia spazio ad altre interpretazioni: "Se l'Iran geografico soffre sotto la tua tirannia religiosa, l'Iran culturale è vivo nella mente comune di milioni di iraniani che son stati costretti a lasciare l'Iran a causa della tua oppressione e barbarie e nessun potere può imporgli la sua volontà. Da oggi sono residente nell'Iran culturale. Una terra senza confini che milioni di iraniani hanno costruito con storia e cultura antica in ogni angolo del mondo. E aspettano impazientemente di seppellire te e la tua macchina dell'oppressione nelle tenebre della storia. Poi come la Fenice da quel terreno inizierà una nuova vita".

Il regista 52enne nato a Shiraz nell'Iran centro-meridionale, era già stato privato della sua libertà di movimento e di lavoro dal 2017, in seguito alla proiezione di A Man of Integrity, suo film vincitore del Premio Un Certain Regard alla 70a edizione del Festival di Cannes dove l'anno scorso il regista fu invitato a far parte della giuria, e poi costretto a declinare l'invito a causa del divieto di viaggiare. Nel luglio 2022 fu arrestato dopo aver firmato una petizione in cui, ancor prima della protesta di Donna Vita Libertà, denunciava una nuova stretta sulle regole sociali nella lettura tutta sciita della Sharia (la legge islamica). Rilasciato nella primavera del 2023 per motivi medici, è rimasto ai domiciliari. Ma è riuscito a girare un nuovo film in clandestinità.

 

L'artista, punto di riferimento per intellettuali e cinefili, quest'anno è in concorso al Festival di Cannes col lungometraggio "Il seme del fico sacro" di cui sta completando le ultime fasi in post-produzione. La notizia della sua fuga ha fatto subito il giro del mondo tra attivisti e cinefili che lo aspettano alla kermesse francese, anche se nessuno sa dove si trovi veramente. Il suo avvocato lascia intendere che una possibilità di vederlo resta.

“Sono grato a tutti coloro che mi hanno aiutato ad uscire dal confine e raggiungere un posto sicuro in questo difficile e lungo viaggio, lo hanno fatto con gentilezza, altruismo e a volte rischiando se stessi. Sono vivo per dirtelo". Conclude, lasciando un messaggio di sofferenza ma allo stesso tempo di coraggio.

In una nota rilasciata ieri ha detto di trovarsi già in Europa, denunciando, però, che molti degli attori che appaiono nel suo ultimo film sono sottoposti in Iran a lunghi interrogatori da parte dei servizi segreti che hanno chiesto loro di fare pressioni affinché il film fosse ritirato da Cannes. Ad alcuni di loro è stato vietato di lasciare il Paese. "Pertanto ho dovuto lasciare l'Iran in segreto". 

Rasoulof fa parte di una cerchia molto amata e celebre di cineasti iraniani che con fatica e con grande spirito di sacrificio riescono a completare i propri film in patria, pagando poi un caro prezzo per i messaggi in essi contenuti: denuncia dell'oppressione sociale e violazione dei diritti umani, della violenza delle forze di polizia (Pasdaran) e dell'intransigenza del potere politico-clericale. L'ultima grande protesta antigovernativa nel nome di Mahsa Amini, studentessa curdo-iraniana morta per il velo messo male, ha gettato la Repubblica islamica dell'Iran in una crisi politica senza precedenti dall'insediamento della Rivoluzione khomeinista del 1979.

Insieme a Rasoulof, entrano ed escono dal carcere registi come Mostafa Aleahmad e Jafar Panahi, mentre ad esempio Asghar Farhadi - consierato tra i pochi ancora vicino a Teheran-  l'anno scorso ha scelto anche lui un periodo di esilio negli Usa. Prima di lui Mohsen Makhmalbaf il celebre regista iraniano, allievo di Abbas Kiarostami, che vive da anni a Parigi.

Non sappiamo come la prenderanno gli Ayatollah. Quel che sappiamo è che pur essendo attualmente alle prese con la guerra nella Striscia di Gaza, recentemente hanno ordinato una nuovo giro di vite su quella parte di popolazione che chiede riforme sociali e politiche, soprattutto giovani della generazione Z. L'ultimo artista a rischiare la vita, per una condanna a morte è il celebre rapper Toomaj Salehi, anche lui nelle sue canzoni ha denunciato la mancanza di libertà e di spazi di espressione artistica in Iran.