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il racconto

La Verità di Giorgia. Meloni a Milano tra richiamo della foresta e orizzonti liberali

Carmelo Caruso

La premier torna ad ammiccare alla “destra etica” alla festa del “caro Belpietro”. Avrebbe voluto fare a pugni con Vincenzo De Luca e intanto sulle dimissioni di Toti dice "aspettiamo le carte"

Milano. Dopo “furbi e fessi” abbiamo “dottori e pesciaroli”. Meloni ha introdotto due nuove categorie italiane e si è proclamata santa protettrice del pesciarolo: “Mi hanno dato della pesciarola, borgatara, regina di Coattonia. Con me tutti hanno le stesse opportunità”. Sulle possibili dimissioni di  Giovanni Toti dice, come un cronista di giudiziaria, “aspettiamo le carte”. Ha mostrato la mascella, a Milano, alla festa della Verità, del “caro Belpietro”, amico di collera, luminare dell’e-elettorato “covidopoli”, “sistema”. Avrebbe voluto fare a pugni con Vincenzo De Luca (“ha usato “parole vergognose”) e pure contro chi dice che “in Rai esiste solo Tele Meloni”. Era l’ora dell’infuso, ma Meloni era amara come l’ortica. 

E’ presidente del Consiglio ma Meloni  ancora ricorda, lo ripete, “a te Maurizio”, il direttore della Verità, che in Rai “FdI finiva nei tg di mezzanotte”, che siamo rimasti fuori dal cda”. Non passa, niente. Non c’è nulla da fare. La senatrice a vita Liliana Segre (e si sa che la voce è di Segre, ma i pensieri di Segre nascono dagli scambi con Mattarella)  le ha demolito il premierato che “presenta aspetti allarmanti, non posso tacere”. Il ministro Lollobrigida, anche lui ospite, qui, a Milano, alla Fondazione Catella, un fienile di lusso, roba da architetti con la barbetta impomatata, avrebbe detto che il premierato  è stato demolito “strutturalmente”. Gli hanno infatti chiesto se fosse antifascista e Lollobrigida ha risposto “che FdI è strutturalmente antifascista”. Strutturalmente.

La Verità? Meloni e Lollobrigida sono tornati a casa, da Belpietro, il direttore della destra etica: manette quando serve, famiglia prima di tutto e la lotta contro i vaccini come ammazzacaffè. Sono tutti compagni, e di Fatto, di Peter Gomez, altro ospite, che si sfoga: “Guardate che è stata la Rai a pregarmi di fare il programma. Erano disperati. Smettetela! Io non c’entro nulla con Travaglio. Io sono Gomez”. Prima che Meloni arrivasse, ha dialogato con Belpietro e Del Debbio, come fossero i ragazzi della via Gluck, sulla censura che in Italia  non esiste: “Non c’è deriva orbaniana. Berlusconi ha fatto di peggio”. Si facevano i complimenti, anzi, cucinavano risotto giallo-nero, perché pensa Gomez: “Io e te Maurizio, siamo uguali. Non abbiamo editori”. C’era odore di verbena ma anche di terzo forno FdI-M5s malgrado Meloni, dal palco accusasse Giuseppe Conte, che ha proposto una legge contro di lei.  Meloni: “L’unica truffa è stata mettere un signore che non è stato eletto”. Per seguire questo evento è tornata la vecchia televisione sulla Luna, quella dei complotti, Byoblu, quella del vecchio guru M5s, Claudio Messora. Un altro che il M5s ha amato, e qui presente, era Ermanno Leo, un chirurgo che a Ivrea, da Casaleggio, parlava contro le lobby farmaceutiche e che oggi ce l’ha con l’intelligenza artificiale, “da cretini”.

Meloni si è fatta attendere. E’  andata a fare visita al Niguarda, al poliziotto ferito, accoltellato, ed era il segreto di Pulcinella. Lo staff di Chigi scriveva: “No”, nessuna visita, ma tutti i fotografi erano già al Niguarda ad attenderla. Si è saputo dopo come si è saputo dopo, a liste chiuse, racconta una vedetta milanese, che “Nicola Benedetto azionista della Verità  è candidato numero due di FdI al sud”. La Verità, a Meloni, fa bene, anche solo per quella lotta irriducibile contro i vaccini. Belpietro le chiedeva della commissione d’inchiesta sul Covid, e lei: “Io la devo ringraziare per il coraggio che ha avuto a pubblicare le sue inchieste”. Sul referendum che già annacqua: “Non è su di me, non mi riguarda”.

De Luca, l’unico con cui dovrebbe fare lo scontro tv, è il suo vero nemico: “Ha dato un segnale spaventoso attaccando Don Patriciello e lo ha fatto per coprire le sue manchevolezze”. Il prossimo Commissario Ue? “Mi piacerebbe avere la delega dell’economia, o la competitività, mercato interno o la delega al green deal”. La riforma della giustizia? “La porteremo al prossimo Cdm”. E Toti? “Si merita rispetto, leggeremo le carte”. Erano le carte che Meloni agitava perché la Rai le sanguina: “Ho guardato i grafici del Tg1, segnatevi questo dato. Meloni, 15 minuti. Draghi, 19. Conte, 42. Sono drammaticamente ultima. Non accetto le accuse. C’è solo TelePd”. Per Mediaset, in rappresentanza, ha partecipato Emanuela Fiorentino, la vicedirettrice, che conosce la posta del cuore della politica romana. L’unico no vax era il signor Lauro che non era neppure tanto no vax, ma mezzo. Erano tutti in abito di sartoria, Del Debbio di più, ma se ne era andato, il solo liberale rimasto, nella destra, e la dice lunga. A Gomez, ai compari del  Fatto, diceva: “Non siamo proprio uguali, voi raccontati i Fatti, noi la Verità”. Pesciaroli, chi?

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio