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Giurisprudenza

La consulenza tecnica d’ufficio
non esonera dall’onere della prova

Si tratta di uno strumento a disposizione del giudice, non delle parti, e non può costituire il presupposto per formulare domande, eccezioni o prospettare motivi aggiunti

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La Cgt di II grado della Puglia, con la sentenza n. 875 del 5 marzo 2024, ha ribadito che, nel contenzioso tributario, l’acquisizione d'ufficio di mezzi di prova è norma eccezionale, che preclude al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori in un processo tendenzialmente dispositivo: quindi, è necessario che verta su elementi allegati dalla parte, che solo un tecnico sia in grado di accertare in concreto, per mezzo delle proprie conoscenze.

Al centro della vertenza vi era un avviso di accertamento, emesso da un ufficio dell’Agenzia delle Entrate, il quale, ai sensi dell'articolo 47 Tuir e dell'articolo 41-bis Dpr n. 600/1973, accertava a carico di una contribuente, per un determinato anno di imposta, il maggior reddito di capitale derivante dalla partecipazione di essa in qualità di socia di una srl, imputando un importo imponibile pari al 49,72% della quota sociale posseduta, quale maggior reddito complessivo accertato in capo alla società partecipata, di utili percepiti, rideterminando la maggiore Irpef dovuta con le relative addizionali, oltre interessi e sanzioni.

La contribuente proponeva, anzitutto, ricorso avanti alla Ctp di Brindisi, che lo rigettava; interponeva, successivamente, gravame, che perveniva alla Corte di giustizia di secondo grado della Puglia.

La decisione
Nel respingere l’articolato appello della contribuente, la Corte pugliese affronta plurimi motivi di diritto ma solo su uno di questi intendiamo focalizzare la nostra attenzione.

In particolare, parte appellante lamentava il mancato accoglimento da parte del giudice di primo grado della richiesta di consulenza tecnica d'ufficio per la verifica della correttezza degli addebiti contestati alla Srl e, conseguentemente, alla contribuente, in qualità di socia della stessa.

Al riguardo, i giudici pugliesi rilevano l'inammissibilità del motivo, in quanto volto a mettere in discussione una pretesa tributaria che si era consolidata per effetto della mancata impugnazione dell'avviso di accertamento con cui la stessa era stata determinata.

Tuttavia – aggiunge la Corte, con argomentazioni che appaiono di particolare interesse - la richiesta di consulenza tecnica è, evidentemente, del tutto contraria alle norme che la disciplinano nell'ambito del processo tributario. In questo senso, l'articolo 7, comma 2 Dlgs n. 546/1992 dispone che "le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell'amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovvero disporre consulenza tecnica. I compensi spettanti ai consulenti tecnici non possono eccedere quelli previsti dalla legge 8 luglio 1980, n. 319 e successive modificazioni e integrazioni".

Ebbene, la consulenza tecnica d'ufficio, come ha chiarito la giurisprudenza di legittimità, è “un mezzo ausiliario ed integrativo di conoscenza e valutazione del giudice di merito” al quale spetta “stabilire se - con riguardo alla emersione in corso di causa di particolari profili extra giuridici di natura tecnica o scientifica - essa sia necessaria ovvero opportuna al fine del decidere”, fermo restando l'onere probatorio delle parti (Cassazione n. 25261/2019).

In questo senso, la Ctu è sottratta alla disponibilità delle parti ed ancorata alle allegazioni e produzioni da esse effettuate, quindi “non può costituire il presupposto per formulare nuove domande, introdurre nuove eccezioni o prospettare motivi aggiunti ex art. 24, D.Lgs. 546/1992” (Cassazione n. 11969/2021). Detta facoltà deve essere esercitata, quindi, nel rispetto delle disposizioni sul giusto processo, previsto dall’articolo 111 Costituzione, che non consentono al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti (Cassazione n. 404/2016, n. 16923/2008, n. 5788/2021, n. 1728/2018 e n. 21433/2017).

In sostanza, come ha avuto occasione di spiegare la Corte di cassazione, “la consulenza tecnica e le altre indagini delegabili d'ufficio hanno la finalità di coadiuvare il giudice tributario nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che i suddetti mezzi non possono essere utilizzati al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimo non farvi ricorso se si tenda con essi a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere un'indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati In sintesi nel contenzioso tributario la possibile acquisizione d'ufficio di mezzi di prova è norma eccezionale, la quale preclude al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori in un processo a connotato tendenzialmente dispositivo. Facendo applicazione di tale principio, va negato che costituisca tanto error in procedendo, quanto vizio motivazionale, l'omesso ricorso a consulenze o indagini tecniche d'ufficio ai fini della determinazione estimativa, non essendo tale potere esercitabile in funzione di ricerca di dati che dovevano essere previamente allegati dalla parte interessata (cfr. Cass. 18976/2007). E' vero che è possibile assegnare alla consulenza tecnica d'ufficio e a similari indagini ufficiose una funzione percipiente, ma è necessario essa verta su elementi almeno già allegati dalla parte e che soltanto un tecnico sia in grado di accertare in concreto, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone (cfr. 1190/2015) (Cassazione n. 404/2016).

Nel caso di specie, la Corte osserva che non sussistevano le condizioni richieste dalla norma perché il giudice disponesse una consulenza tecnica d'ufficio, sia con riferimento alla necessità di acquisizione di elementi conoscitivi di particolare complessità sia in considerazione delle evidenti carenze probatorie di parte.

Per vero, la contribuente non aveva allegato alcun elemento minimamente idoneo a comportare una diversa quantificazione della pretesa, in quanto la mera allegazione di dichiarazioni fiscali presentate oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza, quindi da ritenersi omesse, senza alcun ulteriore supporto documentale si rivelava insufficiente ai fini probatori. Tra l’altro – riscontra conclusivamente il Collegio pugliese - l'avviso di accertamento societario era fondato su una verifica fiscale nell'ambito della quale i verificatori, nel pieno rispetto del principio della capacità contributiva espresso dall' articolo 53 della Costituzione, avevano operato un attento esame dei documenti contabili acquisiti e riguardanti sia le vendite che gli acquisti della società, provvedendo poi alla riconciliazione con i dati esposti in bilancio. All'esito del controllo effettuato erano emersi ricavi non contabilizzati, risultanti dal raffronto tra il registro dei corrispettivi e le chiusure giornaliere del misuratore fiscale nonché costi privi dei requisiti di deducibilità previsti dalla legge.

Conclusioni
L’istituto della consulenza tecnica d’ufficio, nell’ambito del processo tributario, convive con la natura dispositiva di quest’ultimo.

Infatti, la Corte di giustizia tributaria, ai sensi dell’articolo 7 del decreto sul processo tributario, ha potere d’indagine, esercitabile, tuttavia, solo entro limiti ben determinati.

Ciò significa – come ha avuto occasione di osservare anche la dottrina – che detto potere non può essere esercitato liberamente per finalità latu sensu esplorative ma può essere esercitato solo nei limiti dei fatti e delle prove introdotte in giudizio dalle parti.

Non solo: il potere di fare ricorso alla Ctu sussiste solo qualora al giudicante manchino competenze conoscitive tecnico-scientifiche adeguate a risolvere il caso di specie.

Ecco che, in definitiva, la Ctu, come ha avuto occasione di chiarire la Corte pugliese, nel deliberato in commento, ha natura del tutto eccezionale.

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