‘Eileen’: la recensione del film con Anne Hathaway | Rolling Stone Italia
Quelle due

Anne Hathaway non è mai stata così ammaliante come in ‘Eileen’

L’attrice, alias una misteriosa psicologa anni ’50, convince in un thriller sospeso tra eros e noir dove, più del finale, conta la lenta e gustosa preparazione

Anne Hathaway non è mai stata così ammaliante come in ‘Eileen’

Anne Hathaway e Thomasin McKenzie in ‘Eileen’ di William Oldroyd

Foto: Lucky Red

È ammaliante. È la prima cosa che si nota del personaggio di Anne Hathaway, la dottoressa Rebecca Saint John, una delle due protagoniste di Eileen, adattamento del romanzo del 2015 di Ottessa Moshfegh nelle sale italiane dal 16 maggio. Lo si nota perché il film lo fa notare. La dottoressa Saint John entra in scena alta, composta, con la sigaretta sulle labbra. È una psicologa di Harvard arrivata per trasformare il carcere minorile degli anni ’60 che fa da sfondo a gran parte della vicenda in un luogo un po’ più moderno. Rebecca Saint John ha quell’aria di mistero tipica di metà ’900. È una donna non sposata, istruita, progressista nel suo stile di vita, civettuola e carismatica in modi che sembrano disarmanti. Ed è pienamente consapevole del suo potere.

Questo potere è una cosa che su Eileen, che invece è insicura e impacciata, ha una presa fortissima. È la chiave della tensione che attraversa il film, che è principalmente un character study su due donne: la magnetica dottoressa Saint John e la più curiosa e impressionabile Eileen del titolo. Eileen, interpretata da Thomasin McKenzie (Jojo Rabbit), è una giovane donna di vent’anni intrappolata nel New England degli anni ’60, attraversata da pulsioni sessuali, incline a sognare ad occhi aperti il suo risveglio carnale e la violenza improvvisa che la circonda. Di giorno lavora nel carcere minorile di Boston con la dottoressa Saint John. Di notte si sforza invece di resistere ai soprusi del padre alcolizzato (un ottimo Shea Whigham), vedovo ed ex poliziotto che si ostina a svilire la figlia. Forse è a causa delle umiliazioni subite tra le mura di casa se Eileen è così desiderosa di fuggire, mentalmente e non solo. È sempre percorsa da un desiderio acceso. Accumula e trangugia caramelle quando nessuno la guarda. Si masturba di nascosto al lavoro e si diverte persino a spiare le coppie che si baciano (è così che facciamo la sua conoscenza nella prima scena). Suo padre non è nessuno, ma come lui stesso le direbbe: chi è lei? È una giovane donna in cerca di identità. L’attrazione per la dottoressa Saint John – qualunque sia la sua vera natura – contribuisce a darle quell’identità.

EILEEN - Official Trailer

Per la maggior parte del tempo, Eileen si concentra sulla curiosa attrazione tra queste donne. L’interesse di Eileen per Rebecca è quasi troppo evidente e scontata. La dottoressa Saint John attira lei e noi con il suo piglio vitalissimo, una modalità che Hathaway, qui molto brava, apprezza molto come attrice. Infrange le piccole regole a favore del quadro generale, facendo arrabbiare alcuni dei colleghi dell’istituto minorile e raccogliendo l’evidente ammirazione di Eileen. Rebecca si interessa da subito a Eileen, che, per come la ritrae Mackenzie, non è certo una che nasconde questo interesse. Una cosa semplice come chiedere all’altra donna di uscire per un drink sembra più importante di quanto probabilmente dovrebbe. La chiave dell’interpretazione di Anne Hathaway è che le sue intenzioni sono quasi immediatamente sospette. C’è forse un desiderio omosessuale? Sta usando Eileen? E, se sì, per cosa? C’è una storia collaterale che riguarda un detenuto della prigione (Sam Nivola) verso il quale la dottoressa si è interessata in modo particolare. È chiaro che alla fine queste sottotrame si intrecceranno. Eileen è sufficientemente breve da lasciare più piacere che impazienza nell’osservare la sua matassa dipanarsi verso un finale più o meno prevedibile.

Quello che Eileen ha da rivelare non è molto. Il vero divertimento sta nell’arrivarci. Per la sua ambientazione d’epoca e l’attenzione al legame (forse) erotico tra due donne, il film è già stato paragonato a Carol di Todd Haynes. Solo che il regista William Oldroyd (Lady Macbeth) non gioca sullo stesso terreno stilistico. Haynes era interessato ai segreti (in)confessabili tra due amanti; sottolineava la dura repressione dell’epoca solo per far sentire quelle due donne ancora più audaci. Il suo approccio, insomma, era più stilizzato. Oldroyd persegue una tensione più diretta, che funziona per un film che vuole essere prima di tutto un thriller. Il film è imperniato sulla domanda: cosa vuole Rebecca Saint John? Ed è mosso dalla crescente sensazione che Eileen soddisferà qualsiasi desiderio abbia in mente quella donna più adulta ed emancipata.

Trovarsi di fronte al pasticcio che alla fine queste donne combineranno non è così eccitante come guardarle mentre lo creano. Anche il film sembra consapevole di tutto ciò. Dopo un’intensa confessione (e anche un errore di valutazione da parte di una delle due), tutto finisce. Ma non è un film che non sa dove andare a parare. L’attrattiva di Eileen sta nella preparazione, più che nell’esito. In queste due donne e nella loro goffa e incerta crescita reciproca. Il risultato non conta, o quasi. La vera gioia è data dalla fame che proviamo lungo il cammino.

Da Rolling Stone US

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