La prevenzione della crisi d’impresa nel sistema francese: la Procedure de Suavaguarde Acceleree (PSA)*
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Saggio

La prevenzione della crisi d’impresa nel sistema francese: la Procedure de Suavaguarde Acceleree (PSA)*

Monica Heidi Rosano, Avvocato in Torino
Alessandro Turchi, Commercialista in Milano

10 Maggio 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il contributo si propone di analizzare in via comparatistica alcuni importanti strumenti preventivi della crisi d’impresa adottati dalla normativa francese con un particolare focus sul Reglement Amiable, sul Mandat ad hoc e sulla Procedure de Sauvaguarde Accelerée. Attraverso la disamina delle caratteristiche peculiari di tali istituti, i casi pratici e i dati concreti della loro applicazione, emerge l’adozione da parte del sistema francese di una soluzione pragmatica della prevenzione della crisi di impresa basata in primis sul collegamento tra le fasi negoziali delle trattative tra creditore e debitori strategici – rapide e efficaci anche in ragione del principio di riservatezza - e una giudiziaria che trova le sue fondamenta nella fase negoziale antecedente. 
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
La possibilità che ormai hanno tutte le categorie di imprenditori di individuare una soluzione normativa alla crisi o all’insolvenza attraverso diversi percorsi e strumenti di risanamento consente di raccogliere numerosi spunti di approfondimento e di riflessione, anche in chiave comparatistica con altri ordinamenti all’interno dell’Unione Europea. La progressiva attenzione del diritto nazionale per tali strumenti prende le mosse da una innegabile tendenza del legislatore italiano a tentare operazioni di mutuazione e adattamento di istituti già noti e collaudati da tempo in altri ordinamenti. Nel diritto francese, ad esempio, già dal 1985 sono stati introdotti strumenti negoziali a scopo preventivo, volti già noti nel sistema di “civil law” [1].
Il presente scritto si propone di analizzare l’esperienza della Francia per diversi motivi, di seguito introduttivamente esposti. 
In primo luogo, la Direttiva (UE) 2019/1023 (nota come Direttiva Insolvency), che si è posta l’obiettivo di armonizzare le legislazioni e procedure nazionali in materia di ristrutturazione preventiva nell’ambito dell’Unione Europea, ha preso spunto proprio dalla più risalente procedura francese e questa rappresenta la chiave che permette di valutare in maniera completa il tentativo italiano di dare risposta alle direttive comunitarie per il tramite dell’esperienza maturata oltralpe. 
In secondo luogo, perché in Francia, come in Italia, il tessuto imprenditoriale è costituito per la maggior parte da imprese medio-piccole, le quali con difficoltà accedono a soluzioni tempestive della crisi e in maniera frequente cadono nella morsa della liquidazione giudiziale [2]. 
In terzo luogo, perché l’approccio francese alla crisi di impresa smarca con particolare veemenza l’imprenditore - persona fisica - dal marchio infamante del fallimento [3]. 
Il sistema architettonico di prevenzione della crisi in Francia avviene attraverso una procedimentazione rigorosa caratterizzata dalla prévention (l’obiettivo) e dalla détection (lo strumento per conseguire l’obiettivo), da cui emerge la chiave di superamento della crisi in un momento precedente a quello esiziale dell’insolvenza. Nel crocevia (“carrefour”) d’interessi - ove si urtano gli interessi dell’impresa, dei soci, dei creditori, dei dipendenti, sociali, nazionali o regionali, etc [4] - si viene a valorizzare la via dell’autonomia contrattuale, quella che si avvale di negoziazioni, trattative, accordi di transazione, protocolli di accordo singoli o collettivi [5], dove per negoziazione si intende il “processo di discussione” governato da una nuova figura, il Conciliatore. Quest’ultimo (un maestro d’orchestra) coordina il debitore in difficoltà e i suoi creditori (i suoi musicisti), allo scopo di raggiungere un accordo diretto a porre rimedio alle difficoltà dell’impresa interessata. Il successo della conciliazione si fonda sul dialogo, sull’onestà e trasparenza del debitore ossia sui principi di fiducia, lealtà e buona fede che sono al centro del cosiddetto “movimento di contrattualizzazione del diritto” e tracciano la via maestra per il raggiungimento di un accordo contrattuale “su misura” tra un debitore e tutti o parte dei suoi creditori per far fronte alle difficoltà che incontra [6]. I creditori, infatti, ricercano la trasparenza e la veridicità delle informazioni al fine di forgiare la propria opinione sull’impresa e sulle sue sorti future, nonché sulle concrete prospettive di risanamento e sulla conseguente possibilità di vedere soddisfatte le proprie ragioni di credito. 
Il successo si fonda altresì sull’esperienza e conoscenza da parte del Conciliatore del diritto, delle imprese e del mercato, ma anche e soprattutto sulle proprie capacità di costruire la fiducia tra gli interlocutori in modo da tessere congiuntamente la trama dell’accordo: occorre la capacità di mantenere la riservatezza, un grande senso della conciliazione, l’abilità nell’ascoltare e comprendere le soluzioni proposte dalle parti in gioco [7]. 
Il principio di correttezza, buona fede e riservatezza[8] è stato espressamente previsto anche dal legislatore del Codice della crisi[9]. Più specificatamente, il primo comma dell’art. 4 CCII, come modificato dal c.d. decreto Insolvency, prevede che nella composizione negoziata, nel corso delle trattative e dei procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, «debitore e creditori devono comportarsi secondo buona fede e correttezza». Viene così sancito, da uno degli articoli di apertura del nuovo corpus normativo della crisi d’impresa, il dovere delle parti di comportarsi secondo buona fede e correttezza. Come precisato nella Relazione Illustrativa al d. lgs. n. 83/2022 e in risposta alle indicazioni pervenute dal Consiglio di Stato, il legislatore ha precisato che gli obblighi di correttezza e buona fede operano sia nella negoziazione in cui consiste la composizione negoziata sia nelle trattative che preludono all’utilizzo di altri strumenti di gestione della crisi e dell’insolvenza sia, infine, nell’ambito delle procedure e dei procedimenti prescelti. Quanto agli specifici doveri, da un lato, il debitore è tenuto ad assicurare la completezza e veridicità della propria situazione di difficoltà per la quale ritiene necessario ricorrere ad uno strumento di risanamento messo a disposizione dal legislatore, di adottare tempestivamente le iniziative idonee per superare tale situazione, nonché di gestire il patrimonio nell’interesse prioritario dei creditori. Dall’altro lato, il legislatore pone in capo ai creditori interessati dal percorso di risanamento il dovere di collaborazione leale con l’imprenditore in crisi e con gli organi di giustizia, nonché l’obbligo di riservatezza sulla delicata situazione in cui verte il debitore. Dunque, tutte le parti coinvolte, dall’imprenditore, all’esperto, ai creditori, fino alle altre parti interessate, sono tenute a non divulgare le notizie sull’impresa apprese nel corso delle trattative e a collaborare per assicurarne il regolare svolgimento. Si tratta di un dovere che non si traduce in un obbligo di accettare acriticamente ogni proposta di soluzione eventualmente prospettata dall’esperto nella composizione negoziata o dal debitore, ma che impone un dovere di serena valutazione, di motivazione e di tempestiva comunicazione delle scelte assunte[10]. 
Correttezza, buona fede e riservatezza rappresentano quindi i principi cardine nella gestione e risoluzione della crisi d’impresa anche nel contesto nazionale: il legislatore ha inteso offrire alle parti coinvolte nel risanamento la possibilità di individuare liberamente possibili soluzioni alla crisi d’impresa, senza il timore che eventuali aperture siano strumentalizzate dalle controparti e compromettano il buon esito delle trattative. Tra l’altro, nella Relazione Illustrativa al D.Lgs. n. 83/2022, il legislatore precisa che nella composizione negoziata l’osservanza dei doveri di riservatezza e di collaborazione, soprattutto da parte di alcuni creditori o di parti interessate, è particolarmente importante per il buon esito delle trattative e, quindi, per il perseguimento del risanamento aziendale. 
Il legislatore nazionale, coerentemente con quello francese, evidenzia la centralità della partecipazione attiva dei creditori al percorso di risanamento avviato dall’imprenditore[11]. In particolare, il legislatore interno dispone, in via generale, il dovere dei creditori di collaborare lealmente con il debitore, con l’esperto nella composizione negoziata e con gli organi nominati dall’autorità giudiziaria e amministrativa. Inoltre, il legislatore interno, nell’ultimo periodo del quarto sesto comma dell’art. 16 del Codice, dispone espressamente il dovere delle parti interessate alle trattative di dare riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative «con risposta tempestiva e motivata». Tale disposizione, come si evince dalla Relazione Illustrativa al D.L. n. 118/2021, è stata introdotta al fine di evitare situazioni di stallo delle trattative e quindi del percorso di risanamento avviato con la composizione negoziata. 
In considerazione di quanto sopra, è ragionevole ritenere che il legislatore interno si attende un debitore estremamente collaborativo e disponibile, sempre recettivo, reattivo e trasparente alle richieste dell’esperto, dei creditori e degli altri soggetti coinvolti nelle trattative, mentre in relazione alla condotta dei creditori, il legislatore intende contrastare le strategie attendiste sovente poste in essere da alcuni di essi, attribuendo loro specifici doveri di collaborazione leale e di partecipazione attiva. 
Si assiste dunque, tanto nel contesto nazionale quanto in quello francese, a una profonda modifica, quasi ad un ribaltamento, del metodo con cui si affronta la crisi dell’impresa: da un diritto imperativo, segnato dall’unilateralità dell’autorità, a un diritto di ispirazione pragmatica anglo-sassone e nordamericana della “nuova ripartenza”, la quale riconosce maggiore libertà e pieno coinvolgimento al debitore e ai suoi creditori. Questi ultimi, infatti, nelle procedure di sauvaguarde, partecipano attivamente nella redazione del piano di ristrutturazione e, in ogni caso, di verifica dei suoi contenuti - attribuendo loro un potere tanto nell’iniziativa quanto nello svolgimento dell’intera procedura - e di discussione pro-attiva con il debitore sotto la direzione e l’intervento del Conciliatore. 
La partecipazione attiva dei creditori ha anche la funzione successiva di imporre, nel caso delle procedure collettive, i risultati della negoziazione ai creditori refrattari, embricando in questo caso procedura negoziale e giudiziale in una procedura ibrida di cui la negoziazione costituisce una fase imprescindibile. Il debitore è “l’artigiano della propria ristrutturazione” ma anche “il commerciante-negoziatore” con i propri creditori, la cui partecipazione resta volontaria: al tavolo delle trattative possono sedersi anche soltanto i creditori “strategici” o quelli “abituali” e gli accordi vengono presi liberamente tanto nella forma, quanto nei contenuti [12]. Le soluzioni negoziate sono più agevolmente comprese e accettate dalle parti perché sono condivise e non imposte: esse hanno un effetto “responsabilizzante” sul debitore e “mobilizzatore” sui creditori in quanto sono responsabili del loro ruolo attivo oppure del loro disinteressamento [13]. Come all’interno di un alveare, ciascun creditore è mosso da un interesse individuale ma al contempo, indirettamente, anche dal fine di costruire un alveare che costituisce il bene collettivo della comunità di api: una sorta di “armonia naturale di interessi divergenti”. La negoziazione rappresenta il perno di questo processo. 
Un elemento, inoltre, di grande rilevanza adottato con la Legge del 26 luglio 2005 è quello della confidenzialità: si è provveduto ad eliminare la previsione della possibilità del Presidente del Tribunale di pronunziare la sospensione provvisoria delle azioni legali da parte dei creditori al fine di preservare la riservatezza delle trattative in corso. Non solo: la Legge n° 2016-1547 ha espressamente permesso al debitore di non informare dell’apertura della procedura del Mandat ad hoc il comitato aziendale o i delegati del personale. Ancora: l’ordinanza che constata il raggiungimento dell’accordo non segue alcuna formalità, diversamente dall’omologazione degli accordi di ristrutturazione che prevedono la pubblicazione sul Bollettino ufficiale degli annunci civili e commerciali (BODACC), su un giornale di annunci legali, nonché presso la Cancelleria del Tribunale. La riuscita della negoziazione è senz’altro condizionata al rispetto del principio di riservatezza anche al fine di evitare azioni individuali dei creditori che potrebbero ulteriormente aggravare le difficoltà dell’impresa. La riservatezza resta, dunque, alla base della negoziazione e ne rafforza le probabilità di successo. 
Il sistema normativo francese consente, infine, una puntuale e tempestiva individuazione delle difficoltà finanziarie delle imprese attraverso la messa a punto di sistemi di rilevazione di segnali di criticità cosiddette procédures d’alerte, attraverso cui soggetti sia interni che esterni all’impresa in difficoltà vengono investiti del potere di segnalare agli organismi apicali dell’azienda le difficoltà e i pericoli per la sua sopravvivenza [14]. La scelta di individuare due classi di soggetti legittimati è presente tanto in Francia, come anche in Italia. Se l’allerta interna viene genericamente attivata da soggetti coinvolti direttamente nella gestione della procedura, le forme dell’allerta esterna sono in Francia tipizzate in due ipotesi: la prima connessa alla partecipazione dell’impresa a un groupement de prévention agréé, la seconda coincidente con l’attivazione della procedura da parte del Presidente del Tribunal de Commerce, il quale ha il potere di convocare innanzi a sé gli amministratori dell’impresa in crisi: pur essendo “il recinto della crisi” incentrato sulla libertà di scelte dell’imprenditore, esso risulta “piantonato” da un Giudice sin dalla prima fase [15]. Il cambio di mentalità risiede nel considerare gli organi di giustizia, in primis il Giudice, non soggetti repressivi e stigmatizzanti, ma ai quali il debitore può accordare la sua fiducia. 
Anche nel contesto italiano, come noto, il legislatore ha posto massima attenzione alla tempestiva rilevazione della crisi d’impresa, in particolare, con l’introduzione del secondo comma dell’art. 2086 c.c. e dell’art. 3 CCII. Infatti, l'art. 375 CCII, modificando il secondo comma dell'art. 2086 c.c., dispone che "l'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale". A rimarcare l'importanza degli adeguati assetti organizzativi, il decreto legislativo recante modifiche al Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della Direttiva 2019/1023 è intervenuto sull'art. 3, dalla (nuova) rubrica "Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi", fornendo indicazioni utili e necessarie per cogliere tempestivamente i primi segnali di difficoltà, anche prima che diventino vera e propria crisi e di attivarsi per risolvere le difficoltà insorte. Va notato che le disposizioni dettate dall'art. 2086, secondo comma, del Codice civile, già in vigore nell'ordinamento civilistico dal 16 marzo 2019, non sono indirizzate esclusivamente alle imprese in crisi, bensì a tutte, introducendo un principio di corretta e sana conduzione dell’impresa e costituendo un tassello essenziale nello sviluppo di una cultura imprenditoriale di più attenta gestione e di prevenzione delle possibili degenerazioni.
2.1 . Il Règlement amiable
Il primo strumento oggetto di disamina nel presente scritto è il “Réglement amiable”, consistente in una “composizione amichevole” disciplinata agli artt. L611-4 e ss. del Codice di Commercio francese [16]: in caso di difficoltà economiche (perdita di un mercato, etc.), finanziarie (ritardo nei pagamenti dei fornitori, insoluti da parte dei clienti,  difficoltà nel pagamento delle rate di un mutuo/finanziamento, etc.), difficoltà di natura societaria (conflitti tra soci, etc.) - ma prima che vi sia stata una interruzione dei pagamenti - l’impresa può domandare al Tribunal de Commerce l’apertura di tale procedura proponendo il nominativo di un “Conciliateur” (purché non gli sia stato conferito alcun incarico dal debitore o da uno dei creditori nei 24 mesi antecedenti), il quale dovrà cercare un accordo con i creditori. La circostanza per cui la nomina del Conciliateur sia proposta dal debitore fa sorgere il quesito se ciò possa comportare un conflitto di interessi; la risposta pare essere negativa in quanto, da un lato, la scelta rafforza la fiducia del debitore nei suoi confronti – tant’è che è diventata la prassi nel sistema francese – e, dall’altro, la legge prevede comunque la possibilità di ricusarlo nel caso sussista effettivamente un conflitto di interessi. In assenza di proposta o in caso di incompatibilità, sarà il Presidente del Tribunale a nominare il Conciliatore. 
Altro elemento di rilievo consiste nel fatto che gli onorari sono frutto di una contrattazione tra il debitore e il Conciliatore, con la conseguenza che l’impresa è a conoscenza circa i costi cui andrà incontro e sarà, pertanto, incentivata a proseguire sulla strada della negoziazione. Anche in caso di nomina da parte del Giudice, sono stati comunque fissati dei limiti in materia di onorari. 
Da ultimo, ma non meno importanti, sono i due pilastri che rendono efficace le Règlement amiable: la riservatezza e la durata limitata nel tempo. 
Sul piano procedurale, unitamente alla domanda, l’impresa dovrà presentare la seguente documentazione: 
- la situazione economica, sociale e finanziaria; 
- un piano finanziario e un conto economico previsionale; 
- l’indicazione circa necessità di ricorrere a finanziamenti e i mezzi per procurarseli; 
- un piano di risanamento; 
- le modalità di ripianificazione o remissione dei debiti. 
Una volta acquisito e analizzato il fascicolo, il Giudice fissa un incontro per sentire il legale rappresentate, dopodiché emette un provvedimento indicante il nominativo del Conciliatore, la durata dell’incarico e le condizioni di remunerazione. 
Il Conciliatore assiste il legale rappresentante nell’attuazione del piano di risanamento e redige un “Protocollo d’intesa” da negoziare con i creditori, i quali devono essere contattati al fine di ottenere una ristrutturazione dei debiti e/o nuovi finanziamenti. 
Gli obiettivi della conciliazione sono: 
1. ottenere la riduzione o la ripianificazione dei debiti; 
2. predisporre l’eventuale cessione dell’azienda in un contesto in cui viene garantita la confidenzialità; 
3. favorire la conclusione di accordi di transazione liberamente negoziati tra l’impresa e i creditori principali, controparti, soci, dipendenti, con lo scopo di porre fine alla situazione di difficoltà in cui versa. 
In tale contesto i creditori, dall’altra, hanno interesse a: 
- evitare che il debitore entri in uno stato di insolvenza conclamata, che conduce a una procedura di liquidazione giudiziale, comportando il venir meno la continuità aziendale; 
- ottenere un privilegio rispetto agli altri creditori non intervenuti o che rifiutano un accordo: si tratta di un vero e proprio privilegio previsto dall’art. L.611-11 del Codice di Commercio, che consente loro di essere soddisfatti con preferenza rispetto a tutti gli altri crediti ad eccezione delle spese di giustizia e dei crediti dei lavoratori dipendenti, in caso di un “plan de raddressement” o di cessione dell’azienda. 
La durata dell’incarico di conciliazione è di soli 4 mesi, con una proroga massima di un ulteriore mese, inclusiva dell’eventuale procedura di omologazione. L’accordo può essere oggetto di una mera “constatazione” sottoscritta dalle Parti e dal Conciliatore (verifica sulla sua validità e non contrarietà a norme di ordine pubblico) o di una vera e propria “omologazione” (verifica nel merito: “credibilità” dell’accordo, assenza di cessazione di pagamenti, proporzionalità delle garanzie, etc) da parte del Presidente del Tribunale. Il debitore può inoltre sollecitare la designazione del Conciliatore quale soggetto deputato altresì a sorvegliare la corretta e regolare esecuzione dell’accordo. 
I vantaggi del raggiungimento di un accordo sono: 
- in caso di una successiva apertura di una Procedure de Sauvaguarde o Radressement judiciare, i creditori che hanno sottoscritto il protocollo d’intesa e che hanno contribuito con apporti di risorse finanziarie “apports de trésorerie” nell’ottica di sostenere la ristrutturazione aziendale e la sua perennità (“new money”), saranno considerati privilegiati rispetto agli altri creditori [art.  L. 611-11 Code du Commerce] [17]: 
- i creditori sono al riparo da un’eventuale azione revocatoria in caso di apertura di una procedura Procedure de Sauvaguarde, Radressement judiciare o di liquidazione giudiziale; 
- viene automaticamente revocato il divieto di emettere assegni da parte del debitore; 
- si considerano come non scritte le clausole che aggravano le obbligazioni del debitore o ne diminuiscono i diritti (scadenze dei termini, aumento dei tassi di interesse, risoluzione di un contratto, etc); 
- il debitore è protetto da possibili sanzioni, salvo che abbia strumentalizzato la procedura utilizzandola quale paravento e la sua condotta si sia, dunque, rivelata in malafede [18]. 
Nel corso del Règlement amiable non vi è sospensione delle azioni legali ed esecutive dei creditori nei confronti del debitore. Tuttavia, ai sensi dell’art. 611-7, V comma [19], l’impresa in crisi può chiedere l’applicazione dell’art. 1343 del Codice Civile francese che gli consente di rinviare o scadenzare  il proprio debito nell’arco di un biennio attraverso l’intervento coercitivo del Giudice che impone al creditore recalcitrante (incluso l’ente pubblico fiscale) – che non ha partecipato alla procedura - la concessione di un termine di grazia in favore del debitore, anche se l’azione legale o esecutiva è stata introdotta anteriormente all’ordinanza di apertura del Règlement amiable [20]. 
In tale contesto, l’intervento del Giudice non attenta alla natura contrattuale delle trattative, ma è volto unicamente a facilitare il raggiungimento di un accordo. Nella pratica accade spesso che non vi sia necessità neppure dell’intervento del Giudice: il Conciliatore negozia piani di rientro anche con i creditori più ostili.
2.2 . Il Mandat ad hoc
Ulteriore strumento – seppure affine al Règlement amiable - è il “Mandat ad hoc”, che prende avvio dalla presentazione, da parte di chiunque ne abbia interesse, di un’istanza al Tribunale de Commerce competente volta a nominare un soggetto “Mandataire ad hoc” con incarico e durata predefiniti. 
Tale procedura è disciplinata dall’art. L.611-3 del Codice di Commercio francese [21] e prevede, anche in questo caso, che sia lo stesso Amministratore delegato a proporre a tal fine un nominativo. La durata è di 3 mesi, ma diversamente dal Règlement Amiable, può essere prorogata più volte. 
La richiesta di nomina di un Mandataire ad hoc – il cui modello è reperibile sul sito della Cancelleria del Tribunal de Commerce di Parigi [22] - deve essere depositata presso la Cancelleria del Tribunale de Commerce competente e deve contenere: 
1. presentazione dell'azienda; 
2. descrizione delle difficoltà incontrate; 
3. descrizione delle misure da adottare per porre rimedio a tale situazione; 
4. spiegazione di come la nomina di un Mandataire ad hoc possa risolvere le difficoltà; 
5. presentazione di un progetto di risanamento. 
Alla richiesta di nomina di un Mandataire ad hoc dovranno essere allegati i seguenti documenti: 
- un estratto del registro delle imprese con data non inferiore a tre mesi; 
- un piano finanziario e un conto economico previsionale; 
- lo stato dei crediti e dei debiti nonché l'elenco dei creditori principali; 
- lo status attivo e passivo delle garanzie concesse ai creditori, nonché quello degli impegni fuori bilancio; 
- il c.d. “tableau de financement” [23] nonché la situazione delle attività realizzabili e disponibili, esclusi i valori operativi (ovvero scorte e produzione in corso); 
- una situazione di tesoreria aggiornata e un conto economico operativo previsionale; 
- una dichiarazione dei trasferimenti di immobilizzazioni avvenuti negli ultimi 18 mesi; 
- una dichiarazione circa la presenza di privilegi e protesti. 
Dopo aver ricevuto l’istanza, il Presidente del Tribunal de Commerce riceve il debitore per raccogliere le sue dichiarazioni e osservazioni. Al termine del colloquio, se il Giudice ritiene fondata la richiesta, emette un provvedimento in cui nomina il Mandataire ad hoc, fissa l'ambito delle attività e i parametri dei suoi compensi. Tale provvedimento non è soggetto ad alcuna pubblicità e rimane strettamente confidenziale. Esso viene, infatti, notificato esclusivamente al richiedente mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento (talvolta non presso l’indirizzo aziendale ma solo al suo domicilio al fine di mantenere riservato il provvedimento), nonché al Mandataire designato che rende noto il suo assenso o il suo rifiuto. 
Una volta che accetta l’incarico, il Mandataire ad hoc alla stessa stregua del Conciliatore – così come ogni soggetto chiamato ad assumere un mandato ad hoc o che, per le sue funzioni, ne viene a conoscenza - è tenuto ai sensi dell’art. L 611-15 del Codice di Commercio francese all'obbligo di riservatezza [24]. Il debitore non è tenuto a informare della nomina del Mandataire ad hoc il Comité Social et Economique [25], né i rappresentanti del personale. 
L'obbligo di riservatezza ha, da un lato, lo scopo di evitare fughe di notizie pregiudizievoli per l'immagine del debitore: in tal modo si impedisce ai clienti o ad alcuni fornitori informati dell'esistenza di difficoltà, di interrompere i rapporti commerciali con l’azienda, contribuendo ad aggravarne le difficoltà. Dall'altro, la riservatezza tende anche ad impedire la divulgazione delle prassi dei creditori (in ordine a prezzi dei beni/servizi, sconti, termini di pagamento, termini di consegna, etc.), e soprattutto della politica di stralcio dei debiti e di dilazione delle scadenze dei creditori istituzionali, tra i quali figurano in prima linea le banche: pratiche che potrebbero poi essere poste in essere da altri debitori desiderosi di ottenere identici vantaggi. Vietando alle parti di utilizzare informazioni e documenti confidenziali scambiati tra di loro, si impedisce che la prevenzione diventi l'anticamera del contenzioso, qualora la Réglement amiable fallisca e si aprano le procedure liquidatorie. Non deve accadere, infatti, che la fiducia e la buona fede mostrata reciprocamente dalle parti - condizioni necessarie per la ricerca di un accordo globale che necessariamente porta alla comunicazione e scambio di documenti che lasciano traccia di sé - si ritorcano poi proprio contro quelle parti che hanno “giocato il gioco della trasparenza” [26]. 
Nel sistema legislativo francese, dunque, ad eccezione di alcune ipotesi tassativamente previste dalla legge [27], prevale pertanto il principio della riservatezza rispetto a quello della divulgazione delle informazioni. 
La composizione negoziata della crisi d’impresa presenta molteplici affinità con le Mandat ad hoc, ma con due distinzioni che saltano immediatamente all’occhio. 
La prima è la minor “burocratizzazione” del sistema francese rispetto a quello italiano che vede sostanzialmente il 50% circa delle domande di CNC concludersi negativamente anche per ragioni connesse alla farraginosità del sistema nella prima fase di introduzione del nuovo percorso negoziato e alla ancora contenuta sensibilità alle tecniche di negoziazione e mediazione da parte dell’esperto. 
La seconda è che l’Esperto, nel sistema normativo francese, non è un soggetto terzo tratto da un albo in cui confluiscono per lo più “tecnici esperti di procedure di insolvenza”, ma “mediatori-negoziatori” che possono essere proposti dalla stessa impresa in crisi e che si presume già conosca molto bene la situazione finanziaria dell’impresa. In questa fase non sono tanto importanti la terzietà e l’indipendenza dell’esperto, quanto l’efficacia e la tempestività del suo intervento, nonché le sue doti pragmatiche di individuazione, presa di contatto e trattativa concreta con i debitori strategici dell’azienda in difficoltà, nel rispetto del principio di completezza e confidenzialità delle informazioni. La valorizzazione dell’autonomia delle parti e dei profili negoziali/contrattuali richiede, infatti, specifiche competenze in materia di comunicazione, negoziazione e mediazione. 
Infatti, alla base e della composizione negoziata vi è una continua e costante negoziazione tra le parti interessate al risanamento dell’impresa. In questo contesto, si contrappongono due distinte esigenze: la prima, quella dell’imprenditore in crisi, di risanare l’esposizione debitoria e salvaguardare la continuità aziendale e la seconda, quella dei creditori, di non essere pregiudicati dalle iniziative assunte dall’imprenditore in crisi. Partendo dall’analisi circa l’esistenza di concrete prospettive di risanamento e dunque circa l’opportunità dell’impresa di continuare ad operare sul mercato, le tecniche di mediazione e la figura di un esperto terzo e indipendente con specifiche competenze in materia di comunicazione, negoziazione e mediazione, può eliminare la diffidenza iniziale che caratterizza le trattative tra le parti interessate e favorire l’individuazione della soluzione, giungendo al risanamento dell’impresa. Ciò che indubbiamente connota la CNC è il presupposto imprescindibile per assicurarne la concreta attuabilità: l’accordo con le parti interessate al risanamento. Ne consegue che le tecniche di mediazione possono senz’altro trovare utilizzo nell’ambito della gestione della crisi d’impresa con la finalità di facilitare il dialogo tra le parti interessate e giungere ad un punto di incontro. Inoltre, le tecniche di mediazione e la gestione della crisi d’impresa si caratterizzano per un ulteriore elemento in comune: la tempestività. Il fattore tempo nei processi di risanamento assume, senz’altro, un ruolo decisivo. La storia di non poche crisi rivela come il punto di partenza sia il mancato tempestivo riconoscimento dei sintomi rilevatori del distress, ovvero come la presa di consapevolezza del declino avvenga quando le problematiche hanno assunto una gravità tale dal divenire, talvolta, irreversibili. In questo contesto, i tempi ridotti della mediazione possono agevolare il percorso di risanamento. Proprio in questa visione, infatti, segnando un passo determinante a favore dell’utilizzo della mediazione nell’ambito della gestione della crisi d’impresa, è stata introdotta in Italia la composizione negoziata della crisi d’impresa. La figura dell’esperto, infatti, è delineata in buona parte riprendendo attribuzioni e doveri previsti per il mediatore civile introdotto dal D.Lgs. n. 28/2010: indipendenza, terzietà, neutralità e dovere di riservatezza. In questo senso, l’attività di mediazione attuata dall’esperto terzo e indipendente è funzionale a ristabilire il dialogo tra l’imprenditore in crisi e i creditori nella ricerca di soluzioni eque e rispettose delle esigenze delle parti interessate, lasciando alle stesse il potere di decidere l’esito della controversia. Compito dell’esperto, al pari di quello del mediatore, è stimolare attivamente le parti a trovare una soluzione per loro soddisfacente, auspicabilmente portandole a raggiungere un accordo condiviso che eviti il ricorso a procedure concorsuali dove l’intervento dell’autorità giudiziaria è più invasivo. L’esperto, in altre parole, costituisce una figura centrale per superare l’impasse del conflitto tra le parti, che è tanto maggiore quanto più acuta è la crisi in cui versa il debitore, per negoziare una soluzione e, infine, per trovare accordi equi e soddisfacenti per le parti interessate al percorso di risanamento.
3 . La Procedure de Sauvaguarde Accelerée (PSA)
In caso di mancato accordo con i creditori in una delle due ipotesi sopra analizzate, l’imprenditore può presentare un’istanza avente per oggetto la Procedure de Sauvaguarde o Procedure de Sauvaguarde Accelerée (PSA). Essa – come vedremo più approfonditamente qui di seguito – risulta inanellata alla procedura di Réglement amiable, in quanto quest’ultima è condizione di procedibilità per la PSA: un vero e proprio incentivo alla prevenzione attraverso una concreta ed efficace gestione dalla crisi. 
Si tratta di una procedura ibrida e intermedia tra le procedure di Réglement amiable/Mandat ad hoc(non collettive e confidenziali) e la procedura classica di Sauveguarde (collettiva e pubblica) [28], aperta alle aziende che hanno cercato soluzioni nel quadro di una procedura di conciliazione amichevole, senza però riuscire ad ottenere il sostegno di tutti i creditori. Per usare le parole della nota di presentazione del disegno preliminare di legge, la PSA non sostituisce la procedura di Sauvaguarde per così dire classica, ma rappresenta una variante applicabile alle imprese che abbiano aperto una procedura di Conciliazione, la quale non ha potuto concludersi con esito positivo a causa del persistente blocco da parte di una minoranza di creditori. 
Essa è stata importata nel panorama giuridico francese dall’affine istituto statunitense del “prepacked plan” e dal Chapter XI [29]: questa procedura si basa sulla tecnica consistente nel negoziare un piano di ristrutturazione dei debiti con i principali creditori (generalmente finanziari) nell'ambito di una procedura di composizione amichevole e confidenziale volta ad ottenere l'adozione di un piano di ristrutturazione da parte di tutti i creditori finanziari mediante “un sostegno finanziario accelerato”[30]. 
Il Tribunale può ottenere la comunicazione degli atti acquisiti nell'ambito Réglement amiable o ove applicabile, nel mandato ad hoc, Mandat ad hoc e, previa richiesta di apertura della PSA. Questa opzione offerta al Tribunale costituisce un'eccezione alla natura riservata delle procedure preventive. Il Tribunale si pronuncerà quindi “in presenza del Pubblico ministero” (articolo L.628-2, paragrafo 2 della Codice di Commercio francese). 
I due pilastri di questa procedura sono rappresentati dal principio del divieto di pagamenti e dalla sospensione di tutte le azioni legali nei confronti dell’impresa in crisi.
3.1 . Istituto, normativa e caratteristiche
Come anticipato, la PSA [31] si posiziona concettualmente a metà strada tra il Réglement amiable e il Redressement judiciaire ed è disciplinata dagli artt. L628-1 a L628-8 del Code de Commerce
Questa procedura vede un periodo di osservazione e costruzione del piano di ristrutturazione per porre fine alle difficoltà finanziarie dell’azienda da svilupparsi in un arco temporale molto breve: da 1 a 3 mesi. 
Durante tale procedura non possono essere licenziati i lavoratori e l’imprenditore resta comunque a capo della sua azienda, benché affiancato da un “amministratore” nominato dal Tribunale con compiti di sorveglianza e assistenza.
3.2 . Soggetti coinvolti e requisiti
La PSA è rivolta solo a due categorie di imprese: 
1. imprese che hanno redatto bilanci consolidati; 
2. imprese il cui bilancio è certificato da un dottore commercialista o da un revisore dei conti e che superano certe soglie anche non cumulative: 
- il numero dei dipendenti deve essere superiore a 20; 
- il suo fatturato deve essere superiore a 3 milioni di euro; 
- il totale attivo di bilancio deve essere superiore a 1,5 milioni di euro. 
L’art. L628-1, II comma, del Code de Commerce francese prevede che tale procedura venga aperta, per entrambe le categorie, solo qualora siano soddisfatti i seguenti requisiti: 
1. una “procedura di conciliazione” già in corso; 
2. l’elaborazione di un progetto di risanamento volto ad assicurare la continuità aziendale: in tale contesto l’imprenditore mantiene i suoi poteri gestori nella massima estensione; 
3. la “certificazione della contabilità” – analoga alla revisione legale dei conti nel sistema italiano - da parte del Commissaire aux comptes (Revisore dei conti) o di un dottore commercialista. 
Diversamente dalla precedente SFA (Sauvaguarde Financiaire Accelerée), la PSA può essere aperta nei confronti di un'impresa che si trova in stato di cessazione dei pagamenti nei confronti dei creditori, purché esso non si sia protratto per oltre 45 giorni prima dell’apertura della PSA. In questo caso, la società deve presentare una dichiarazione di cessazione dei pagamenti, detta “depot de bilance” presso il Tribunal de Commerce.
3.3 . Procedura: organi, documentazione e durata
Qualora risultino soddisfatti i requisiti sopra indicati, la società in crisi dovrà compilare un modulo di richiesta di apertura [32] che deve essere depositato presso la Cancelleria del Tribunale di Commercio dove ha sede la società, unitamente alla seguente documentazione: 
- conti annuali dell'ultimo esercizio finanziario; 
- numero identificativo univoco dell'azienda [33]; 
- situazione di cassa; 
- conto economico previsionale; 
- numero di dipendenti occupati alla data della richiesta di apertura; 
- dichiarazione dei crediti e dei debiti; 
- dichiarazione patrimoniale e passiva delle garanzie reali e dichiarazione degli impegni fuori bilancio; 
- inventario riepilogativo dei beni aziendali; 
- nome e indirizzo dei rappresentanti della delegazione del personale del comitato economico e sociale (cse) se già designati; 
- copia della decisione di avvio della procedura di conciliazione;  
- rendiconto finanziario e, quando il debitore redige conti consolidati, prospetto dei flussi di cassa; 
- budget di cassa per i successivi 3 mesi; 
- piano di finanziamento previsionale; 
- bozza del piano di risanamento. 
Il Tribunale si pronuncia sull’istanza di PSA solo dopo aver acquisito una relazione del Conciliatore sullo stato di avanzamento della procedura e sulle prospettive di adozione della proposta di risanamento: essa rappresenta un passaggio decisivo nella decisione del Giudice poiché assicura la serietà e l’adeguatezza del piano di ristrutturazione rispetto ai bisogni e ai mezzi dell’impresa. 
Il Conciliatore, infatti, tiene costantemente informato il Presidente del Tribunale circa lo stato di avanzamento delle trattative e formula tutti i rilievi utili in merito alla diligenza del debitore. Sulla base di tali informazioni, il Giudice convoca i creditori minoritari che bloccano le trattative al fine di “ascoltare” le loro ragioni, cercare il dialogo e la loro adesione e di formulare, per conseguenza, orientamenti da seguire nelle negoziazioni. Il Giudice ha una visione più ampia, orientata e “finalizzata” al futuro e, quindi, può essere considerato l’organizzatore dell’intera procedura. È oltretutto il garante dell’imparzialità e della fiducia del Conciliateur e del Mandataire ad hoc
La conciliazione permette, infatti, al Tribunale di ottenere preziose informazioni sin dalle prime battute della procedura e di riuscire, dunque, a rispettarne i tempi molto stretti proprio in ragione di tutto il lavoro antecedentemente svolto per il tramite del Conciliateur. A tal proposito si evidenzia che, nella maggior parte dei casi, sarà proprio il Conciliatore ad essere nominato quale Amministratore giudiziario (a condizione che sia iscritto nell’apposito albo), in quanto ha già potuto familiarizzare con il dossier  e con le parti in gioco in ragione delle precedenti trattative e potrà così contribuire alla loro definizione anche grazie al fatto che, diversamente dal Règlement a l’amiable e dal Mandat ad hoc, non necessiterà del consenso unanime di tutti i creditori. 
Il Tribunal de Commerce nomina poi: 
1. un Mandataire judiciaire che difende l'interesse collettivo dei creditori e relazione periodicamente il Presidente del Tribunale già a decorrere dal primo mese successivo alla loro nomina; 
2. un Administrateur judiciaire incaricato di vigilare sull'imprenditore o manager nella sua gestione; 
3. un Juge-commissaire
La sentenza di apertura stabilisce anche le classi dei creditori interessati dal progetto di risanamento come, ad esempio, i creditori fiscali o i creditori in possesso di garanzie reali. Tali classi sostituiscono i comitati dei creditori. L'impresa redige inoltre l'elenco dei creditori che hanno partecipato alla conciliazione il quale viene certificato dal revisore dei conti o attestato dall’esperto contabile. 
Dopodichè, entro 2 mesi dal provvedimento che dichiara l’apertura della PSA, il Tribunal de Commerce decide sul piano o, meglio, verifica che gli interessi di tutti i creditori siano stati rispettati più mediante il controllo su un accordo fortemente contrattuale che attraverso l’imposizione di un piano ai creditori: il Giudice, in particolare, verifica che non vi siano disparità manifestamente sproporzionate tra i creditori [34]. Il legislatore francese ha voluto, infatti, costruire una passerella legale e formale tra una procedura negoziale e una procedura giudiziale. La PSA è stata definita come “una stanza di registrazione dell’accordo” trovato in fase di conciliazione con la maggior parte dei creditori [35]. La negoziazione provoca l’incontro di interessi contrapposti e tende a riequilibrare i rapporti di forza: permette di ristabilire la fiducia che si è rotta in ragione della situazione in cui versa il debitore. 
Il fulcro su cui poggia la negoziazione è il cosiddetto “protocollo di accordo/accordo principe” [36], il quale viene approvato dalla maggioranza dei creditori su cui si basa l’apertura della PSA. Non è più il debitore congiuntamente all’Administrator Judiciaire che invia le proposte ai creditori per il tramite del Mandataire judiciaire, ma il bilanciamento degli interessi avviene su un piano sistematico e caso per caso, per il tramite di trattative condotte anche con singoli creditori strategici in un’ottica di coinvolgimento paritetico debitore-creditore, in cui i creditori partecipano fattivamente e proattivamente alla ristrutturazione dell’impresa in crisi.  Ciò avviene, ad esempio, anche attraverso la cosiddetta “consultazione ordinaria” prevista dall’art. L. 626-5 e ss del Code du Commerce e altresì attraverso la facoltà che hanno i creditori di proporre un piano di ristrutturazione anziché soltanto di “subirlo”. 
Tale accordo, tuttavia, non è vincolante e, dunque, al fine di evitare ritrattazioni, richiede che vengano assunti degli accorgimenti di natura giuridica. Cosa succede, infatti, se un creditore non adempie al proprio obbligo assunto nel prepack/protocollo di accordo? In dottrina e in giurisprudenza viene chiamato in aiuto il principio adottato per le promesse di vendita degli immobili, per cui si può ottenere un provvedimento dell’autorità che dichiari l’esecuzione dell’obbligo. In via preventiva, tuttavia, è auspicabile prevedere tale obbligo di esecuzione forzata mediante l’inserimento di una clausola che lo preveda espressamente nel prepack oppure la nomina di un Mandataire ad hoc che sostituisca il creditore inadempiente o ancora attraverso l’inserimento di una penale a suo carico. 
Nel caso in cui le trattative richiedano più tempo, su domanda dell'impresa in difficoltà e dell’Amministratore Giudiziario, il Tribunale può prorogare tale termine di ulteriori 4 mesi. L’Amministratore delegato dell’impresa e l'Amministratore Giudiziario presentano alle classi interessate la bozza del piano di risanamento, le quali devono votare il piano: la decisione viene presa da ciascuna classe con la maggioranza dei 2/3 dei votanti. La PSA viene in ogni caso aperta solo se il piano di ristrutturazione elaborato in fase negoziale-conciliativa è suscettibile di raccogliere da parte dei creditori interessati dalla procedura un sostegno sufficientemente largo e tale da rendere verosimile la sua adozione entro un tempo ristretto. 
Per quanto riguarda i creditori pubblici, essi sono sempre più incoraggiati a partecipare al salvataggio dell’azienda accettando di partecipare alle trattative in qualità di creditori privati. 
Il Tribunale può rifiutarsi di omologare il piano di risanamento solo allorquando esso sia manifestamente inadeguato e la situazione patrimoniale dell’impresa irrimediabilmente compromessa oppure nell’ipotesi in cui ritenga che non rispetti norme di diritto o siano lesi i diritti di alcuni creditori: in tal caso il Giudice può anche ascoltare soggetti la cui audizione gli risulti utile a superare l’empasse e ad evitare il rigetto dell’omologazione. Il Giudice può, inoltre, modificare in modo sostanziale il piano di ristrutturazione e sottoporlo nuovamente al voto dei comitati dei creditori.
3.4 . Effetti della procedura
In merito agli effetti di tale procedura, oltre alla sospensione di qualsiasi procedura giudiziale a suo carico, la società in crisi è legittimata a sospendere tutti i pagamenti precedenti al provvedimento che decreta l’apertura della procedura nonché quelli successivi. 
A ciò si aggiungano i seguenti effetti: 
1. il mantenimento delle scadenze per tutti i crediti vantati nei confronti di clienti (art. L. 622-29) [37]; 
2. la sospensione della decorrenza degli interessi, fatta eccezione per i crediti a medio-lungo termine (contratti di durata superiore ad un anno o contratti che prevedano pagamenti differiti a un anno o più (art. L.622-28, Codice del Commercio francese); 
3. il divieto, dopo la sentenza di apertura, di iscrizione delle ipoteche, pegni, e privilegi costituiti precedentemente su beni appartenenti al debitore (art. L.622-30 del Codice del Commercio francese). 
In merito alla possibilità di far valere la riserva di proprietà da parte dei creditori, sembrano possibili due interpretazioni: 
- ai sensi dell'art. L.628-6 del Code de Commerce, la PSA non ha alcun effetto sulla riserva di proprietà e, dunque, il creditore può far valere tale garanzia anche nel corso della procedura;  
- il creditore che vanta la riserva di proprietà deve dichiarare la propria richiesta di avvalersi di tale garanzia, ma essa risulta sottomessa agli effetti della PSA (art. 628-6 del Code de Commerce) e subirà il congelamento del passivo e l’interdizione di agire in rivendica [38]. 
Differenza tra la procedura di “sauvargarde ordinaria” e quella “accelerée” è che quest’ultima: 
a) è rivolta solo alle grandi aziende, mentre la “sauvaguarde ordinaria” coinvolge tutte le tipologie di impresa; 
b) dura 3 mesi, anziché 6 mesi rinnovabili come nella “sauvaguarde ordinaria”; 
c) viene utilizzata per validare il piano messo in atto in fase di conciliazione mentre la “sauvaguarde ordinaria” è utilizzata per sviluppare il piano; 
d) non può essere convertita in una procedura di recupero giudiziale o in una procedura di liquidazione giudiziale: ciò accade invece nella “sauvaguarde ordinaria” quando la situazione della società risulta eccessivamente critica. 
La PSA è, pertanto, lo strumento principe di una contrattualizzazione delle soluzioni aventi per oggetto la difficoltà di liquidità delle imprese perché ricerca la logica del dialogo e del consenso dei creditori in una sede negoziale.
3.5 . Il caso
[39] Recentemente è stato portato alla ribalta dei media francesi e internazionali il caso del Gruppo Casino Guichard-Perrachon, nota catena di supermercati francese che conta circa 200.000 lavoratori dipendenti di cui la stragrande maggioranza in America Latina e 50.000 in Francia. Tale Gruppo ha annunciato, in data 25 ottobre 2023, l'apertura della Procedure de Sauvaguarde Accelerée per attuare il piano di ristrutturazione del Gruppo in conformità ai termini dell'accordo di lock-up concluso il 5 ottobre 2023 nel quadro della procedura di conciliazione. 
La PSA, nel caso di specie, riguarda unicamente i finanziatori del Gruppo Casino, nonché delle sue filiali e non ha alcuna incidenza sulle relazioni del gruppo con i propri fornitori, franchisee o coi propri dipendenti. In questo quadro, il Tribunal de Commerce di Parigi ha aperto la PSA per un periodo iniziale di 2 mesi che potrà essere rinnovato per al massimo altri 2 mesi supplementari, e designato tre Amministratori Giudiziari. Inoltre, le società controllate dal Gruppo Casino Monoprix Holding, Monoprix Exploitation e Cdiscount hanno concluso accordi di conciliazione, attualmente al vaglio del Giudice, con i rispettivi creditori finanziari, al fine di operare la ristrutturazione a livello di tutte le società facenti parte del Gruppo. I soci del Gruppo si sono impegnati ad effettuare aumenti di capitale entro il 30 aprile 2024. Nel frattempo, alcune grandi catene come Lidl Intermarché, Système U, Auchan and Carrefour si sono fatti avanti acquistando - o manifestando il proprio interesse all’acquisto di - alcuni negozi strategici del Gruppo Casino e ciò dovrebbe consentire una ulteriore iniezione di liquidità. 
Nei prossimi mesi si potrà valutare se la PSA ha efficacemente e concretamente svolto la propria funzione preventiva di consentire a questo rilevante gruppo societario il conseguimento di una ristrutturazione ed evitare procedure liquidatorie, con le ben note conseguenze negative sul piano dei dipendenti e dei creditori. 
Tale procedura, che segue le Règlement amiable e il Mandat ad hoc, rivela alcune affinità con il Concordato semplificato attuato dal sistema italiano che segue la composizione negoziata. In particolare, entrambe prevedono il presupposto di una precedente trattativa con i creditori, la quale non ha avuto esiti positivi nonostante il tentativo di conduzione delle trattative, nonché la produzione di una relazione finale da parte del Conciliatore – Esperto. La principale differenza concerne, invece, il fatto che la procedura francese riguarda unicamente i creditori finanziari, mentre la composizione negoziata può interessare ogni creditore identificato dall’imprenditore unitamente all’esperto. Inoltre, il Commissario Giudiziale, nominato ai sensi della normativa francese, affianca l’imprenditore nella sua gestione, pur senza sostituirsi ad esso, mentre nell’ambito della composizione negoziata l’Esperto facilita le trattative, sottopone ai creditori un piano ma non interviene nella gestione dell’impresa, mentre nell’ambito del concordato semplificato viene nominato un liquidatore giudiziale il quale ha sostanzialmente il dovere di attuare il piano di liquidazione proposto dall’imprenditore e omologato dal tribunale.
3.6 . Alcuni dati sul ricorso agli strumenti preventivi della crisi in Francia
I dati relativi all’apertura delle procedure preventivi e negoziali delle imprese in crisi in Francia registrati dal 2018 al 2022 [40] rilevano due numeri significativi: da un lato un incremento del ricorso di tali strumenti di circa il 50% e dall’altra un buon esito delle procedure di circa il 60% con conseguente salvataggio delle imprese in difficoltà, come emerge dalla seguente tabella [41]:

 
Vanno tuttavia rilevate alcune criticità: in molti casi, dalla fase negoziale si dovrà passare alle procedure collettive in quanto risulta difficile ottenere l’accordo unanime dei creditori vuoi per la molteplicità degli attori, vuoi per la complessità del debito o anche per le divergenze nelle politiche interne tra i finanziatori, i quali sono tutti ostacoli ad un accordo unanime.

 
In Francia, nel 2023, sono state depositate 57.729 domande di liquidazioni giudiziali che colpiscono per il 90% le piccole imprese, con un aumento del 37,2% rispetto all’anno precedente: dati emersi soltanto nel periodo di recessione tra il 1992 e il 1993 [42]. Tuttavia, va rilevato un dato fondamentale da queste analisi. Prendendo ad esempio il Tribunal de Commerce di Parigi [43], risulta che nel 2023 sono state svolte 535 procedure di negoziazione (Règlement amiable e Mandat ad hoc) le quali hanno riguardato ben 158.810 lavoratori dipendenti e ben 3973 procedure collettive (Sauvaguarde, Redressement Judiciaire e Liquidation Judiciaire) che hanno invece coinvolto 39512 lavoratori dipendenti.



4 . Conclusioni
L’evoluzione del diritto della crisi d’impresa si fonda su un profondo mutamento dell’architettura degli strumenti di regolamentazione sociale così come su un passaggio dal diritto imposto al diritto negoziato, dalla piramide alla sua base, dalla verticalità all’orizzontalità [44]. 
L’analisi, seppur succinta, del sistema francese di prevenzione della crisi di impresa mette in evidenza che il legislatore ha voluto fornire al debitore in difficoltà un ventaglio maggiore di strumenti che gli consentono di “discutere” con i propri creditori e porre rimedio alla situazione di criticità in cui versa. Ciò è stato possibile attraverso il coniugio tra la conciliazione e la PSA, tra una fase negoziale – caratterizzata dalla rapidità e dalla riservatezza - che mira a ottenere un accordo, anche con soltanto una parte dei creditori strategici, e una giudiziaria che parte dalla base negoziale pre-costituita e, se necessario, la prosegue cercando di ottenere il maggiore consenso possibile dei creditori e che permette di imporre l’accordo ai dissenzienti nella misura in cui sono state raggiunte delle maggioranze di voto a fronte della presentazione di un piano di ristrutturazione sostenibile. 
Si può evidenziare, in particolare, che il sistema francese ha compiuto una scelta volta non tanto a definire il concetto di crisi, ma a collegare i diversi strumenti di concreta soluzione di essa, ad esempio, favorendo l’”ibridazione” delle procedure in una geometria variabile, ponendo fine alla logica binari “sentenza-contratto, giurisdizione-convenzione, fenomeno autoritario-fenomeno negoziale” [45]. Le ristrutturazioni dei debiti si concretizzano, infatti, nella confluenza tra il “negoziale “e il “giudiziale”. La negoziazione non è solo più appannaggio dello stra-giudiziale e il l’impronta giudiziale non si esprime soltanto più nel campo delle procedure collettive-concorsuali. 
Il legislatore ha voluto tenacemente interconnettere la conciliazione e la PSA incaricando i Commissaires aux comptes di segnalare i fatti che possono compromettere la continuità aziendale, vale a dire il “going concern” motivo ispiratore della Direttiva U.E. 2019/1023 e sottoponendo la concatenazione di strumenti all’occhio vigile e proattivo del Giudice sin dalle primissime battute. 
Il Giudice stesso è chiamato ad essere specialista ed esperto della materia delle imprese e della gestione delle crisi, accompagnandole verso la ristrutturazione alla luce di criteri e logiche fortemente economiche e sociali - e non meramente giuridiche - volte a tutelare in un orizzonte più ampio il tessuto economico e sociale del paese. 
Si è andati nella direzione di una svolta culturale che si fonda su nuovi valori ancorati a una ritrovata fiducia tra le parti e alla ricerca di una soluzione appropriata per tutti. Si è ricercata una prospettiva che privilegi la negoziazione senza tuttavia l’estromissione del Giudice il quale detiene un ruolo di “catalizzatore” nel facilitare e garantire la preparazione e la definizione di una soluzione negoziata della crisi d’impresa, promuovendo altresì il dialogo tra debitore e creditori: una funzione di “allenatore di una squadra”, il quale dà impulso alle parti a “giocare la loro partita”, infonde una certa dinamicità ai giocatori,  tiene il timone e rivela le “forze utili” alla trattativa, interviene attivamente per sbloccare determinate situazioni di criticità nelle trattative e, al contempo, garantisce che gli interessi delle parti siano stati “sufficientemente” tutelati. Il Giudice, insomma, interviene attivamente in una veste “pacificatrice” senza ricorrere al suo potere coercitivo: viene introdotto un elemento di apprezzamento del Giudice finalizzato a far sorgere negoziazioni e, al contempo, a supervisionarle evitando eccessivi squilibri sulla base del principio della “proporzionalità” e di un concreto bilanciamento degli interessi in gioco [46]. 
A ciò si aggiungano la tempestività e la rapidità nella “procedimentazione”, l’esperienza e la preparazione del Conciliatore/Mandataire ad hoc, la minor burocratizzazione possibile nel passaggio da uno strumento all’altro. 
Inoltre, le procedure francesi qui analizzate sono sottoposte alla sola vigilanza del Tribunale – e non anche della Camera di Commercio – con possibilità dell’imprenditore e dei creditori di scegliere il proprio negoziatore. Si tratta di un elemento che consente di snellire la procedura e di coinvolgere persone di fiducia.
Altro elemento di rilievo è rappresentato dal fatto che le misure protettive vengono concesse solo nella PSA e non anche in quelle preventive di negoziazione e ciò permette di mantenere la massima riservatezza delle trattative tra l’impresa e i propri creditori, aumentando significativamente le probabilità di preservare la continuità aziendale mediante strumenti preventivi di negoziazione. 
Dai dati sopra analizzati si evince, infine, che il progressivo aumento dei ricorsi agli strumenti preventivi della crisi sopra indicati (seppure risulta esiguo rispetto a quello dei Redressemt Judiciaire e delle Liquidation Judiciaires) in realtà risulta estremamente significativo se lo si analizza dal punto di vista del numero dei lavoratori dipendenti coinvolti e che riescono, per conseguenza, a conservare il proprio posto di lavoro grazie al ricorso da parte dell’imprenditore a queste procedure. 
Vedremo nei prossimi mesi se Règlement a l’amiable, Mandat ad hoc e Procedure de Sauvaguarde Accelerée continueranno a registrare incrementi e sapranno rappresentare un significativo freno all’aumento delle débâcles aziendali e un efficace e tempestivo strumento di prevenzione della crisi d’impresa, nell’auspicio che il legislatore intervenga ancora prevedendo, ad esempio, uno sportello unico sulla circolazione delle informazioni che favorisca un intervento ancora più tempestivo e la previsione dell’obbligatorietà di ricorrere alla negoziazione anche preliminarmente all’avvio del Redressement judiciaire
La promozione della negoziazione non incarna un’adesione ad una visione neo-liberista, ma piuttosto un risveglio del principio solidaristico e di un diritto alla cooperazione economica che auspichiamo vengano assorbiti e applicati al meglio anche nel nostro sistema che certamente può ricavare dal sistema francese qualche suggerimento in materia.

Note:

[1] 
Il ricorso alle procedure negoziali e preventive fondate su un accordo concluso con i creditori e idoneo a consentire una riorganizzazione aziendale si registra in diversi Paesi e sotto diverse forme: “propuesta anticipada de convenio” in Spagna, il “prepacked plan” negli Stati Uniti, il “scheme of arrangement” in Gran Bretagna, gli ’”accord amiable e médiateur d’entreprise” in Belgio, la “Schutzchirmverfahren” in Germania. 
[2] 
T. Ghiotto, Il modello francese di allerta: spunti di riflessione sul modello italiano alla luce della Direttiva Insolvency, in Rivista dei Dottori Commercialisti 1/2023, pag. 117 e ss. 
[3] 
Dal diritto antico - passando da quello romano (nel V secolo la Legge delle XII Tavole prevedeva che il debitore insolvente divenisse prigioniero del proprio creditore, il quale lo incatenava e lo conduceva nel mercato per ricevere la disapprovazione pubblica (“manus injectio”) - sino all’epoca napoleonica, lo scopo primario della normativa in materia fallimentare era rappresentato dall'“eliminazione” dei debitori inadempienti e dall'organizzazione della liquidazione dei beni a beneficio dei creditori. La legge sull’insolvenza si è mantenuta nei secoli “severa ed eliminatoria”: si dovrà attendere la Legge del 28 maggio 1838 - e successivamente quella del 4 marzo 1889 - per segnare una rottura con il passato. Oggi prevale la tutela del debitore al fine di preservare il tessuto economico in cui si inserisce, nell’ottica altresì del mantenimento dell’occupazione dei lavoratori dipendenti: emerge l'idea che il debitore non è necessariamente “disonesto”, ma talvolta solo “sfortunato”. Da qui l'istituzione di procedure preventive rispetto a quelle liquidatorie e destinate al debitore che intenda risollevare le sorti della propria impresa. Lo stesso Balzac distingueva tra “il fallimento del mercante che vuole rimettere le cose in carreggiata, e il fallimento del mercante che, caduto in acqua, si accontenta di finire in fondo al fiume” [H. de Balzac, “La Comédie humaine”]. Con la legge del 13 luglio 1967 si opererà infine una distinzione fondamentale, in questo nuovo approccio al diritto, tra il destino dell'uomo e quello dell'azienda. Questo ha segnato in Francia il primo passo nel passaggio dal diritto fallimentare al diritto delle aziende in difficoltà. 
[4] 
A. Martin-Serf, «Le imprese in difficoltà: terra di conflitti. Sintesi necessaria di interessi contrari», Atti di un colloquio a Deauville il 29 e 30 marzo 2008 dell’Associazione di Diritto e Commercio, Gaz. Pal. 25-26 giugno 2008, n° 177 a 178, pag. 9. 
[5] 
A partire dal 1970 la negoziazione è divenuta in Francia “il modello dominante dei rapporti sociali” [P. Gérard, G. Ost et M. Van De Kerchove, Diritto negoziato, diritto imposto?]. Il crescente ricorso alla negoziazione nel diritto imprese in difficoltà è una manifestazione dello sviluppo più generale della contrattazione in tutti i rami del diritto francese, le cosiddette MARD (modes amiables de réglement des differends-metodi conciliativi di definizione delle controversie [Legge n° 75-617 del 11.07.1975 sul divorzio consensuale; Legge n° 93-2 del 4.01.1993 sulla mediazione penale; La legge n. 95-125 dell'8.02.1995 relativa all'organizzazione dei tribunali e alla procedura civile, penale e amministrativa la quale ha introdotto la mediazione civile nel diritto francese]. Si pensi in particolare alla regolamentazione delle controversie commerciali: compromesso arbitrale (artt. 1442-1449 Codice di Procedura Civile francese); “pacte d’amiable compositeur” in cui le parti attribuiscono al giudice il ruolo di conciliatore (art. 12, 4, Codice di Procedura Civile francese; la “procedure partecipative” (artt. 2062-2068 del Codice di procedura Civile francese), in forza del quale le parti con i loro legali si impegnano in buona fede a trovare un accordo in qualsiasi materia; “deliberée de parties” consistente nell’invito del giudice alle parti a intavolare una trattativa  con lui (artt. 447-449 del Codice di procedura Civile francese); il Med-Arb, procedura in cui le parti nominano un mediatore il quale, nel caso non si addivenga ad un accordo amichevole, si trasforma in arbitro). Per quanto, in particolare, riguarda le procedure inerenti le situazioni di crisi delle imprese, il legislatore francese con la Legge del 1° marzo 1984 ha incoraggiato la partecipazione dei debitori e dei creditori introducendo misure informazioni e rilevazione sulle difficoltà aziendali attraverso le procedure di allerta interna e esterni affidate ai revisori, ai rappresentanti del personale e ai partner nonché al Presidente del Tribunale e ha così permesso di “avviare un dialogo e innescare un processo negoziazione”. Ma, mentre un tempo era marginale, oggi la negoziazione è centrale per il diritto delle imprese in difficoltà e attualmente si assiste nel sistema legislativo francese a una coesistenza, all'interno della materia, di due approcci: si attenua il tenore della norma imperativa e dell'autorità del giudice nel far fronte alle difficoltà della società a vantaggio di un maggiore coinvolgimento del debitore e dei suoi creditori in una progressiva escalation che viene dapprima avviata attraverso strumenti conciliativi e negoziali e solo eventualmente e successivamente sfocia in procedure collettive-concorsuali che comunque integrano in esse le prime. Sotto l’egida del Conciliatore, “la prevenzione diviene la soluzione” e si rafforzano i vantaggi per i creditori che partecipano in maniera propositiva alle negoziazioni [P.Rey, “La prevention est la solution”, Banque Magazine, fev. 2004, n° 655, p.18]. Ciò si riscontra anche in numerosi altri ordinamenti giuridici stranieri: ad esempio, in Libano, dove per evitare una procedura di liquidazione giudiziaria si ricorre alla riorganizzazione dell’impresa attraverso accordi extragiudiziali; negli Emirati Arabi Uniti, dove gli amministratori delle società possono chiedere l'apertura di una procedura concordataria entro venti giorni dalla cessazione dei pagamenti e la composizione amichevole (al souhl) resta la soluzione privilegiata; in Giappone, dove la negoziazione riveste un ruolo centrale e si privilegia l’accordo informale (shiteki seiri); in Russia, dove i creditori hanno un ruolo di primo piano nella ristrutturazione e l’impresa può modificare il progetto di piano proposto dall'amministratore senza che ciò venga imposto unilateralmente dal Giudice. 
[6] 
B. Thullier, JCl. Procédures collectives, fasc. 2030, V° Procédure de conciliation et concordat amiable, 11 avr. 2016, dernière mise à jour, 15 févr. 2017, n° 224 s. 
[7] 
Si tratta di un vero e proprio processo di “pacificazione” finalizzato alla cessazione del conflitto sulla base di un principio consensualistico: la situazione dei creditori, del resto, è inevitabilmente legata alla sorte del debitore. In quest’ottica occorre smettere di considerare la gestione dell’impresa in crisi come una situazione che vede debitore e creditore in antagonismo, in quanto esiste una convergenza degli interessi di tutte le parti coinvolte nel salvataggio dell’impresa in difficoltà. 
[8] 
Il primo riferimento alla buona fede nell’ambito del diritto della crisi d’impresa nazionale si rinviene nella disciplina della convenzione di moratoria di cui all’art. 182 septies come aggiunto alla Legge Fallimentare dall’art. 9 del Decreto-legge n. 83/2015 convertito con modificazioni in Legge n. 132 del 2015. Nel vigente corpus del Codice della crisi è previsto per gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (art. 61, comma 2, lt. a) e per la convenzione di moratoria (artt. 62, comma 2, lt. a) l’obbligo di informare i creditori appartenenti alla categoria dell’avvio delle trattative e di metterli in condizione di parteciparvi in buona fede.  Va, inoltre, evidenziato che la buona fede è espressamente considerata dal legislatore nell’art. 69 del Codice della crisi, relativamente alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore: questi non può accedere alla procedura quando abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. Più in generale, il debitore sovraindebitato non può beneficiare dell’esdebitazione quando abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con malafede, colpa grave o frode. Inoltre, il creditore che abbia colpevolmente determinato la situazione di sovraindebitamento o il suo aggravamento subisce sanzioni di carattere processuale sia in caso di procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 69, comma 2) sia in caso di concordato minore (art. 80, comma 4). 
[9] 
Uno dei tratti maggiormente innovativi del Codice della crisi, già presente nella versione approvata con il D.Lgs. n. 14/2019, riguarda la previsione, tra i principi generali (artt. 3-11) di una norma che regola gli obblighi delle parti negli strumenti di risanamento e soprattutto durante le trattative per addivenire al riequilibrio della situazione economico-finanziaria e patrimoniale. 
[10] 
G. D’Attore, I principi generali del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Studi sull’avvio del Codice della crisi, a cura del Diritto della Crisi, 2022, p. 9. 
[11] 
Il legislatore pone a capo delle banche, degli intermediari finanziari, dei loro mandatari e dei cessionari dei loro crediti uno specifico dovere: essi sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato. Questo dovere è posto a carico di tali soggetti, specificando che l'accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca degli affidamenti bancari concessi all'imprenditore; ciò con la precisazione che, in ogni caso, la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale. La ratio della norma si rinviene nell’evitare che la semplice apertura delle trattative possa innescare reazioni volte a far venir meno la liquidità necessaria per il processo di risanamento, quale variabile determinante per consentire il proseguo delle trattative e il raggiungimento di un accordo con i creditori. 
[12] 
Corte d’Appello di Versailles 09.10.1997.
[13] 
B. Ghandour, La gestione giudiziaria delle imprese in difficoltà, LGDJ, in Librairie générale de droit et de jurisprudence, 2018 n° 512, p. 360. 
[14] 
F. Innocenti, Le procedure di allerta nella legislazione francese e nella prossima riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza: due modelli a confronto, in Rivista di diritto societario, 4/2018. 
[15] 
S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 118 del 2021, in Dirittodellacrisi.it, 28 settembre 2021; Cfr., inoltre, A. JORIO, Legislazione francese, raccomandazione della commissione europea, e alcune riflessioni sul diritto interno, in Fallimento, 2015, 10, 1070. 
[16] 
La normativa in materia di Règlement amiable è reperibile nel Codice del Commercio francese sul sito https://www.legifrance.gouv.fr/codes/article_lc/LEGIARTI000023217170. 
[17] 
In tal caso sarà necessaria l’omologa ai fini dell’opponibilità erga omnes del “privilegio della conciliazione”: i terzi creditori informati di un tale privilegio potranno anch’essi apportare il loro sostegno all’impresa in difficoltà o, viceversa, opporsi nel caso ritengano lesi i loro interessi. 
[18] 
Corte d’Appello di Parigi 29 marzo 2007 n. 06/12891; Corte d’Appello Orléans 29 aprile 2009 n. 08/02103; Corte d’Appello di Toulouse 29 aprile 2009 n. 08/02103; Corte d’Appello di Rennes 9 agosto 2011 n. 10/05370. 
[19] 
L’art. L. 611-7 stabilisce che, nel corso della procedura, il debitore può domandare al Giudice l’applicazione dell’art. 1343-5 del Codice civile francese nei confronti di un creditore che l’ha messo in mora o ha avviato nei suoi confronti un’azione legale di recupero del credito o che non ha accettato, nel termine indicato dal Conciliatore, la richiesta fatta da quest’ultimo di sospendere l’esigibilità del credito. In questo ultimo caso, il giudice può rinviare o scadenzare il pagamento dei crediti non scaduti nel limite di durata dell’incarico del conciliatore. Il giudice decide dopo aver raccolto le osservazioni del conciliatore. Il giudice può subordinare la durata delle misure così adottate alla conclusione dell’accordo di conciliazione. 
[20] 
Corte d’Appello di Versailles 19 ottobre 2006 n° 06/01788. Vi è tuttavia anche giurisprudenza contraria sulla questione, vedasi Corte d’Appello di Pau 17 gennaio 2008 n° 2008- 359902. 
[21] 
La normativa in materia di Mandat ad hoc è reperibile nel Codice del Commercio francese sul sito https://www.legifrance.gouv.fr/codes/article_lc/LEGIARTI000044052542. 
[22] 
 Il modello è reperibile sul sito https://www.greffe-tc-paris.fr/uploads/paris/TDE/modele_designation_mandadhoc.pdf. 
[23] 
Si tratta di un allegato contabile al bilancio e al conto economico: consente di valutare le variazioni patrimoniali di un’impresa in un determinato periodo di tempo. Si compone di due parti: una dedicata alle variazioni de “haute bilance”, vale a dire le voci di bilancio attive e passive a lungo termine (ad esempio finanziamento soci, finanziamenti e mutui, capacità di autofinanziamento, etc) e una dedicata alle variazioni del “bas bilance”, vale a dire le voci a breve termine (ad esempio variazione del flusso di cassa, variazione del fabbisogno complessivo di capitale circolante netto). 
[24] 
La Corte di Cassazione francese, con sentenza del 13 giugno 2019 ha avuto modo di rafforzare la portata dell'obbligo di riservatezza applicabile nelle procedure di conciliazione. Nello specifico, la Corte di Cassazione nella sentenza del 2019 ha condannato un’agenzia di stampa (MERGEMARKET) che aveva diffuso informazioni sulla sussistenza della procedura di conciliazione a risarcire il danno dell’impresa in crisi (Gruppo CONSOLIS) quantificato in circa Euro 350.000,00, così di fatto allargando il numero dei soggetti tenuti al vincolo della riservatezza. La giurisprudenza ha, dunque, inserito i giornalisti nell'elenco delle persone soggette all'obbligo di riservatezza nell'ambito del trattamento delle informazioni riservate concernenti le difficoltà di un'impresa, tra cui figurano gli organi della procedura (Conciliatore, Mandataire ad hoc, Presidente del Tribunale), i consulenti, i creditori chiamati a partecipare alle trattative, nonché i dipendenti e i collaboratori dell’impresa in crisi. La Corte di Cassazione ha rigettato, in particolare, le eccezioni sollevate dall’agenzia di stampa, ritenendo che le informazioni diffuse fossero precise e rivelassero il contenuto stesso delle trattative in corso, sicché non erano idonee a partecipare ad una questione di interesse generale, ma erano solo destinate ad informare un pubblico ristretto direttamente interessato dalla procedura di conciliazione. Con tale sentenza, la Corte di Cassazione conferma la propria giurisprudenza secondo la quale, a fronte della libertà di espressione, deve prevalere la riservatezza che contribuisce al successo delle procedure volte a prevenire la crisi di impresa, a meno che le informazioni divulgate non rientrino nell'ambito di applicazione di un interesse di natura generale (Tribunal de Commerce de Nanterre 29 ottobre 2015). Tale orientamento è stato peraltro recepito ancora di recente dalla Corte d’Appello di Versailles con sentenza n° 21/07444 del 24 maggio 2022. 
[25] 
Le Comité Social et Economique (CSE) è disciplinato dall’Articolo L2315-14 e ss. del Code du travail francese: si tratta di un organismo di cui devono dotarsi le aziende con più di 11 dipendenti e si compone di delegati del personale eletti, rappresentanti sindacali e rappresentanti del datore di lavoro. È l’organo più importante per la gestione delle relazioni con il personale e svolge vari compiti: dalla raccolta delle istanze individuali alla partecipazione alle decisioni cruciali per lo sviluppo economico-finanziario dell’azienda. 
[26] 
Per contro, parte della dottrina sostiene che la regola assoluta della riservatezza delle procedure di conciliazione per prevenire la crisi di impresa può portare a: 1) rafforzare il clima di sfiducia esistente tra l'azienda ed i propri investitori ed è suscettibile di tutelare indebitamente le imprese che nascondono la realtà delle loro difficoltà nel proprio bilancio; 2) rendere più difficoltosa la ricerca dei finanziamenti, visto l'impatto della regola del riservatezza nel mercato del debito secondario; 3) incoraggiare indebiti trasferimenti di ricchezza tra le diverse classi di creditori, a seconda che i creditori siano parti o terzi rispetto alle procedure di Mandat ad hoc o di conciliazione; 4) incoraggiare la società debitrice a vendere i propri beni in modo occulto, anziché organizzare procedure d'asta aperte e trasparenti; 5) rallentare l'attuazione di un piano di ristrutturazione approfondita dell'azienda o a cambiamento nella governance, che può rivelarsi essenziale per la sopravvivenza dell’impresa (S. Vermeille, Les effets pervers de la règle absolue de confidentialité applicable durant les procédures de prévention des difficultés, su https://droitetcroissance.fr/wp-content/uploads/2015/01/VF-12.11-La-confidentialite-des-mesures-amiables-de-pr%C3%A9vention-des-difficult%C3%A9sdef.pdf).
[27] 
La revoca dell'obbligo di riservatezza è riservata al pubblico ministero e al tribunale stesso e soltanto nell'ambito dell'apertura di un successivo procedimento concorsuale. Esiste infatti una sola disposizione, nella parte legislativa del libro VI del Codice di commercio, che riguarda la questione della revoca della riservatezza, vale a dire l’articolo L. 621-1 del Codice di commercio secondo cui “L'apertura di una Procedure di Sauvaguarde nei confronti di un debitore che beneficia o abbia beneficiato di un Mandat ad hoc o di una procedura di conciliazione nei diciotto mesi precedenti deve essere esaminata in presenza del Pubblico Ministero, a meno che si tratta del patrimonio individuale di un imprenditore individuale a responsabilità limitata”. Il comma 6 aggiunge che, “In tal caso, il giudice può, d'ufficio o su richiesta del pubblico ministero, ottenere la comunicazione degli atti e degli atti relativi al mandato ad hoc o alla conciliazione, nonostante quanto disposto dall'articolo L. 611 -15”. Da parte sua, l'articolo R. 611-44 del Codice del Commercio francese prevede la comunicazione dell'accordo all'autorità giudiziaria in applicazione dell'articolo L. 621-1, vale a dire quando il tribunale si pronuncia sull'apertura di una Procedure de Sauvaguarde o di Liquidazione giudiziaria. La revoca della riservatezza del contenuto dell'accordo avviene solo in questo caso specifico e per questo motivo non può più essere decisa una volta aperta la procedura. 
[28] 
Differenza tra Sauvaguarde e Sauvaguarde accelerée è che quest’ultimo è rivolto solo alle grandi aziende, dura 3 mesi mentre la Sauvaguarde riguarda tutte le aziende e dura al massimo 6 mesi, rinnovabili, senza poter superare i 18 mesi. Inoltre la Sauvaguarde accelerée viene utilizzata per validare il piano messo in atto in fase di Conciliazione e non può essere convertita in una procedura di Amministrazione controllata o di Liquidazione giudiziale, mentre la Sauvaguarde serve ad elaborare il e può essere trasformata in un’Amministrazione controllata o in una Liquidazione giudiziale se la situazione patrimoniale della società risulta troppo critica. La Sauvaguarde accelerée può essere richiesta dopo che è stata constatata la cessazione dei pagamenti entro il termine di 45 giorni dall'apertura della procedura di conciliazione mentre la mera Sauvaguarde non può essere richiesta dopo che è stata constatata la cessazione dei pagamenti. 
[29] 
Tali principi sono stati altresì fatti propri da importanti organizzazioni internazionali, in particolare dalla Banca Mondiale e nei lavori della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL) nei quali viene auspicato che la normativa in materia di insolvenza adotti un approccio non direttivo/autoritativo e faciliti accordi idonei a creare più valore per i creditori rispetto alla liquidazione dell’impresa debitrice” [si vedano le Guide legislative UNCITRAL sul diritto dell’insolvenza pubblicate sul sito UNCITRAL: http://www.uncitral.org].  
[30] 
L'obbligo della previa conciliazione si oppone quindi alla normativa americana per la quale il legislatore ha scelto di non sottoporre ad alcuna condizione la fase negoziale per l'elaborazione del piano preconfezionato. La fase pregiudiziale americana, infatti, è puramente contrattuale, perché si tratta di una negoziazione tra il debitore ed i suoi creditori senza alcun intervento della legge o del Giudice. Inoltre, prima dell’apertura del Chapter XI, il debitore non può beneficiare dell’automatic stay che lo tutela nei confronti dei suoi creditori. Nel sistema francese, viceversa, la conciliazione fornisce un quadro sicuro in ragione del ruolo del Giudice e delle informazioni fornite al Pubblico Ministero. All'apertura della procedura accelerata il Tribunale verifica l'adeguatezza del piano di ristrutturazione e garantisce un sostegno sufficiente da parte dei creditori. La relazione del Conciliatore è, quindi, essenziale nel processo decisionale dei Giudici.
[31] 
La normativa in materia di Procedure de Sauvaguarde Accelerée è reperibile nel Codice del Commercio francese sul sito https://www.legifrance.gouv.fr/codes/section_lc/LEGITEXT000005634379/LEGISCTA000022954557/. 
[32] 
Il modulo di richiesta è reperibile sul sito https://entreprendre.service-public.fr/vosdroits/R42712. 
[33] 
Si tratta del “numéro Siren  - Système d'identification du répertoire des entreprises” definito altresì “numero unico di identificazione”. 
[34] 
Corte d’Appello di Parigi, 11 maggio 2016, n° 16/03704. 
[35] 
J. Theron, «La procédure de sauvegarde accélérée», in Ordonnance du 12 mars 2014 : une nouvelle métamorphose…, Dr. et patr. luglio-agosto 2014, n° 238, p. 46 e ss. 
[36] 
Secondo la giurisprudenza prevalente, gli accordi di principio non vincolano i loro aderenti, ma suppongono “psicologicamente” un seguito, una conferma, vale a dire l’obbligo di condurre le trattative in buona fede (Corte di Cassazione francese 18 gennaio 2011 n° 09-75508): non è un semplice pourparlers, ma neppure un contratto definitivo. Da un lato il debitore si impegna a richiedere l’apertura di una PSA e a sottomettere alla votazione dei creditori il piano di ristrutturazione contenente fedelmente il prepack, dall’altra i creditori si impegnano a votarlo. 
[37] 
I creditori non possono esigere crediti non ancora scaduti al momento dell’apertura della PSA. Tutte le clausole contrarie sono considerate come non scritte. 
[38] 
Perochon, Entreprises en difficulté, collection Manuel, Lextenso éditions, 10ème édition, p. 472, § 1095. 
[39] 
A testimonianza dell’importanza della prepack e della negoziazione come strumento di prevenzione della crisi di impresa vi sono molteplici esempi. Si ricorda in particolare il caso Thompson, la cui holding leader dell'omonimo gruppo (composto da 200 aziende in una decina di paesi con oltre 20.000 dipendenti) realizzava nel 2009 un fatturato di oltre 3,5 miliardi di euro. Essendosi accollata la quasi totalità del debito finanziario del gruppo, la Thomson prevedeva negli anni successivi un’insufficienza dei flussi di cassa rispetto al suo debito pari a 2,8 miliardi di euro. Per questo motivo decideva, nell'estate del 2009, di avviare una trattativa con i suoi principali creditori, nel corso dei quali veniva pianificata la riduzione dell'indebitamento finanziario attraverso sia l'aumento del capitale sociale, sia attraverso l'emissione di obbligazioni. Uno dei suoi principali creditori, la Deutsche Bank, tuttavia rifiutava l'accordo e metteva all'asta i titoli che aveva in mano. La trattativa si veniva dunque a complicare considerata la dispersione dei titoli sul mercato e la conseguente impossibilità di identificare chiaramente tutti i creditori. Volendo continuare a trattare, la società chiedeva nel novembre 2009 l'apertura di una Procedure de sauvaguarde financiere: ciò permetteva di conoscere l'identità dei creditori grazie sia al periodo di osservazione che alla dichiarazione dei debiti, ma soprattutto consentiva di riunire i comitati dei creditori affinché potessero decidere sulla bozza di piano così prestabilita. Il 17 febbraio 2010, il Tribunale d Commerce di Nanterre approvava il piano di ristrutturazione conseguito su base contrattuale grazie al consenso e l'assistenza della maggioranza dei creditori della società che avevano accettato di convertire i debiti in azioni o titoli di credito permettendo l’accesso al capitale. 
Ulteriore esempio è rappresentato dall'apertura della prima PSA, il 19 settembre 2014, a favore delle holding del gruppo Alma Consulting, società di consulenza, la quale ricorreva al prepack per trasferire l’impresa in crisi che aveva 1.300 dipendenti e un debito di circa 430 milioni di euro, a seguito di un LBO vale a dire un riacquisto delle azioni di una società finanziata da una quota molto elevata di debito: concretamente, veniva creata una holding che si indebitava per acquistare la maggioranza delle azioni di una società target e i prestiti venivano poi ripagati grazie ai dividendi che la società pagava alla holding. Nel 2007 la società Alma Consulting negoziava la sua cessione nell'ambito di una conciliazione. Il risultato delle trattative è stato alla fine un voto del 98% a favore della detenzione del capitale azionario da parte del Fondo Babson e di altri creditori fino all'80%, dividendo così per quattro il debito. È quindi sulla base di tale accordo prenegoziato, con il solo assenso di alcuni creditori, che la società richiedeva l'apertura della PSA
Questi due esempi illustrano che le soluzioni si basano su un accordo di ristrutturazione ampiamente negoziato, anche prima dell’apertura della procedura collettiva, con un’ampia maggioranza – ma non unanimità – dei principali creditori. 
[40] 
Annuario statistico della giustizia 2023 reperibile sul sito reperibile sul sito https://www.justice.gouv.fr/documentation/etudes-et-statistiques/references-statistiques-justice-2023. 
[41] 
Ministère de la Justice, Justice Civile et Commerciale, Les entreprises en difficulté, reperibile sul sito https://www.justice.gouv.fr/sites/default/files/2024-02/RSJ2023_ouvrage_complet_1.pdf.  
[42] 
Ciò è sicuramente dovuto anche al venir meno degli incentivi e i sostegni massivi riconosciuti alle imprese durante il periodo del Covid unitamente ai tassi di inflazione e di interesse elevati, ai consumi in calo: tutti elementi che rappresentano un cocktail estremamente pericoloso per imprese con flussi di cassa ridottissimi se non addirittura azzerati. 
[43] 
I dati statistici qui riportati sono reperibili sul sito https://www.greffe-tc-paris.fr/uploads/paris/communication/Chiffres%20cles/les%20chiffres%20cl%C3%A9s%202023.pdf.
[44] 
Ost M.Van De Kerchove, « De la pyramide au réseau? Pour une théorie dialectique du droit », Pubblicazioni facoltà universitarie Saint-Louis, 2002. 
[45] 
L. Cadiet, “L’equità nell’ufficio del giudice civile”, in Giustizia 1998, n° 9, pag. 87. 
[46] 
Si tenga presente che il Presidente del Tribunale, al pari dei Commissaires aux Comptes, dei comitati aziendali o dei soci, può attivare la procedura d’allerta: non si tratta di un’immissione nella gestione dell’imprenditore, ma di suscitare una presa di coscienza che spinga quest’ultimo ad avviare un processo di negoziazione con gli stakeholders della società. Si tratta di una funzione “maieutica”, grazie anche ai suoi ampissimi poteri investigativi e alle informazioni di cui dispone sull’impresa (gestite dalla propria Cancelleria del Tribunale e esercitabili presso i Commissaires aux comptes, i revisori contabili, i notai, i rappresentanti dei lavoratori, le amministrazioni pubbliche, gli organismi di previdenza, gli istituti bancari, le società di finanziamento, gli istituti che gestiscono la moneta elettronica, le centrali di rischio, etc.), volta a far uscire l’imprenditore dal suo isolamento: ammettendo le proprie difficoltà, l’imprenditore in crisi compie una svolta indispensabile per intraprendere la via del risanamento aziendale. La convocazione del debitore da parte del Presidente del Tribunale avviene, peraltro, in una forma individuale e confidenziale, mediante una semplice lettera raccomandata, nel quale il Giudice motiva la propria iniziativa e preconizza i documenti contabili di cui necessita. Il Giudice, in questa veste di esperto delle relazioni d’affari e di “giudice-conciliatore”, diviene un “aggregatore di volontà” ed esercita una “funzione giurisdizionale etica” in cui la tecnica della convocazione si allontana dalla logica prettamente giudiziaria (cfr. H.J. Nougein, “Le juge de la prévention”, in “Le juge de l’économie”, RJ.com. 2002 n° 11, pag. 30; F. Ost «”Juge-pacificateur”, juge-arbitre, juge-entraîneur. Trois modèles de justice » Fonction de jouer et pouvoir judiciaire : Transformation et déplacements », Publications des facultés universitaires de Saint Luis, 1983). La verifica da parte del Giudice sulla protezione degli interessi delle parti coinvolte è stata oggetto di diverse pronunzie giurisprudenziali: cfr, Corte di Appello di Parigi 22 settembre 2016 n° 15/25086.Tuttavia la negoziazione, più flessibile, consente di apportare nelle procedure di prevenzione della crisi una “destabilizzazione” di quelli che sono sempre stati i due pilastri imperativi dell’ordinamento in materia: i principi di ordine pubblico e il principio generale di uguaglianza di tutti i creditori. Infatti, paradossalmente, l’esclusione di taluni creditori dal tavolo delle trattative consente di preservare la continuità aziendale a favore, di riflesso, di tutti i creditori, inclusi quelli che non hanno partecipato direttamente alla negoziazione. 
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  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

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