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Daniela Cenciotti: “Vi racconto la mia vita con Carlo Croccolo, ora salviamo il suo archivio”

Daniela Cenciotti

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“Carlo è morto nel 2019 e non ha mai usato il legame con Totò per avere la fama, per rispetto nei confronti di Antonio de Curtis”
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«La faccia da fesso ce l’hai, vediamo il resto». Fu proprio Totò, a modo suo, a scegliere Carlo Croccolo per farsi doppiare negli ultimi anni, da quando perse la vista nel 1957. Croccolo, scomparso a 92 anni nel 2019 a Castel Volturno, paese dove si era trasferito 30 anni prima con la moglie, l’attrice, regista e produttrice Daniela Cenciotti, ha dato la voce al Principe De Curtis, anche in francese. Gli interni erano in presa diretta mentre negli esterni c’erano rumori «quindi andava doppiato», diceva Croccolo.

Con Totò Croccolo ha recitato la prima volta accanto al Principe in “Totò sceicco”, poi in “47 morto che parla”, “Signore si nasce”, mitica la scena del barone che ordina la cena, “Miseria e nobiltà”, “Totò lascia o raddoppia?” e in “Tototarzan”. Totò lo aveva promosso al punto che insieme scrissero una sceneggiatura “Fidanzamento all’italiana”, mai realizzata. Se ne troverà traccia nell’archivio digitale, per ora, e si spera presto in un luogo fisico, che la moglie Daniela Cenciotti sta provando a costruire con l’aiuto dal basso di un crowfunding al quale hanno aderito già un centinaio di persone. Tra questi anche i comici Peppe Iodice e Gigi & Ross.

Daniela Cenciotti, classe 1962, fondatrice del Festival del Cinema di Castel Volturno, che insegna recitazione e dizione anche ai non vedenti, 35 anni più piccola di lui, stesso spirito battagliero e ironico e amore per l’arte, sta sistemando e selezionando migliaia di materiali. Croccolo, fino all’ultimo un po’ un outsider mondo del cinema, nonostante avesse lavorato con tutti, da Eduardo De Filippo a Vittorio De Sica, che doppia nel film con Totò “I due marescialli” quando dice “Padre domenicano! Capurro!”, poi il cineasta lo dirige in “Ieri, oggi, domani”, a Ingrid Bergman, 140 film all’attivo (e due da regista, genere spaghetti western), una liaison con Marilyn Monroe di tre mesi. Un camaleonte della voce, doppiava anche Ollio. E in alcuni scene anche Stanlio.

Daniela Cenciotti, “Salviamo il prezioso archivio di Carlo Croccolo” con la raccolta fondi su Produzionidalbasso.com, sarà solo digitale o anche fisico? Il museo di Totò alla Sanità è atteso da oltre vent’anni...

«È per questo che iniziamo a digitalizzare, non si sa mai... C’è tantissimo materiale: pellicole, cd, videocassette, testi teatrali, manoscritti e sceneggiature originali, locandine, lettere. E scriverò un libro sulla sua vita».

Come si intitolerà?

«Con il titolo che voleva Carlo: “Vita e morte di un cretino”...».

Alla Totò, insomma.

«Il titolo nasce dalle parole di un altro artista, Carmelo Bene, che una volta definì Carlo un cretino di talento. Ma detto da lui, era un gran complimento e Carlo ci giocava su...».

Daniela Cenciotti 

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Carlo come le raccontava i suoi esordi?

«Studiava medicina a Napoli, faceva la radio dell’ateneo, poi va a Roma incontra il papà di Andy Luotto, Eugene, doppiatore e sottotitolatore di film in inglese, che si accorge della sua bella voce e gli fa doppiare i film inglesi in italiano».

Nell’archivio troveremo anche i contratti di lavoro fino ai premi dal David di Donatello al Ciak d’Oro per ’O Re di Luigi Magni, agli amati dischi, come quelli di Chet Baker che un giorno andò a suonare a casa sua. Tanti pezzi inediti....

«Tra le curiosità, la lettera che Carlo scrisse alla mamma Giuseppina, docente di filosofia, dicendo che aveva conosciuto Ingrid Bergman con la quale recitava in “Una Rolls Royce Gialla”, ci sono foto di lui con Bergman e Roberto Rossellini. Poi le sue sculture, lui scolpiva e suonava, anche la batteria. Si costruiva persino i computer da solo».

Nel dopoguerra avere la benedizione di Totò era un po’ tutto, Carlo andava fiero del suo rapporto con il Principe della Risata?

«Certo, ma non ha mai usato il legame con Totò per avere la fama, per il rispetto nei suoi confronti non veniva detto in quegli anni che veniva doppiato e poi in quegli anni Totò veniva ancora visto con spocchia, spesso come protagonista di filmetti. Sarà rivalutato come il genio che è soprattutto dopo la morte. In ogni caso la fama per Carlo è arrivata molto presto e non ne era consapevole così come i suoi amici, Ugo Tognazzi e Walter Chiari, hanno iniziato insieme. Con Chiari quando erano sul set si facevano gli scherzi, erano giovanissimi, il regista si arrabbiava perché sparivano e andavano a fare il bagno a mare».

Carlo non amava molto il mondo dello spettacolo, diceva “non voglio essere un personaggio ma un essere umano”...

«Aveva tanto amore dal pubblico ma avrebbe voluto più riconoscimento dalla critica. Però dopo gli anni della leggerezza del boom, se non ti schieravi lavoravi meno. O comunista o radicalchic impegnato o di destra, e Carlo non era etichettabile, se ne fregava. Non era una persona semplice».

Quali sono stati i momenti più complicati?

«Da giovanissimo è stato arrestato per detenzione di droga anche se poi prosciolto, il fatto non sussisteva, ma è stato in carcere per sei mesi, proprio mentre stava fondando la sua prima compagnia, infatti poi se ne andò in Canada. Quando ci siamo conosciuti negli anni ’80 vivevamo ad Ischia, non riuscivamo a comprare casa a Napoli, così andammo a Castel Volturno costava meno e potevamo tenere la barca, altra sua grande passione».

In quegli anni Carlo comunque ha fatto parte di film come “Mi manda Picone” di Loy e “Il camorrista” di Tornatore, di quale film andava più fiero?

«E ha fatto tanto teatro, da La grande magia di Eduardo diretto da Giorgio Strehler fino al 1992 Liolà di Pirandello con Massimo Ranieri, regia di Maurizio Scaparro, musiche di Nicola Piovani. Non ho mai capito quale film preferisse, so quali film piacciono a me: “Non è vero... ma ci credo”, un Carlo giovanissimo, fantastico, con Peppino e Titina, poi “ ’O Re” e “Tre uomini e una gamba” di Aldo, Giovanni e Giacomo che gli ho consigliato di fare a tutti i costi, nonostante qualche suo dubbio iniziale».

Lei ha appena fatto uno spettacolo “Di mamma ce n’è una sola (e meno male)”, con la sua casa di produzione Titania Teatro con Paola Esposito e Emanuela De Marco realizza da sette anni il Festival del Cinema di Castel Volturno e ha prodotto due corti. Sono tante le serie tv sui personaggi tv, da Carosone a De André, sta pensando a una serie su Carlo?

«Il festival, la settima edizione dal 21 al 26 ottobre, è uno spazio vivo, in dialogo col territorio, con il centro Fernandes che affianca centinaia di migranti. A Castel Volturno abbiamo girato ’A livella de criature con l’ultima interpretazione di Carlo, diretti dai Fratelli Borruto che hanno fatto anche la regia del corto L’invito con Andy Luotto. Una serie tv? Ci pensiamo ma è difficile trovare una voce come la sua, Carlo aveva una voce incredibile, unica, mi sono innamorata con la sua voce, oltre che con la sua ironia. Fisicamente lo ricorda un po’ l’attore Claudio Gioele».

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